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Economia

La guerra complica la Nadef, sentiero si fa più stretto

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Il nuovo scenario di guerra in Medio Oriente rischia di complicare il quadro macro-economico su cui il governo ha improntato la prossima manovra di bilancio. Creando ulteriore “incertezza” e rendendo ancora più impervio un sentiero considerato già stretto. A dirlo sono autorevoli istituzioni, dalla Banca d’Italia alla Corte dei Conti, che non nascondono la preoccupazione di fronte ad uno scenario inaspettato che potrebbe portare a rivedere i numeri fissati poco meno di due settimane fa nella Nadef. A sollevare il tema, aprendo la due giorni di audizioni davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, è il presidente del Cnel Renato Brunetta. Ora i saldi “saranno quelli indicati correttamente dalla Nadef pre-guerra o saranno ridotti?”, chiede Brunetta che invita a fare un ragionamento anche in vista dell’appuntamento del 16 ottobre quando il governo manderà a Bruxelles la tabella con i saldi. Il conflitto israelo-palestinese, infatti, rischia di produrre effetti “ancor più squilibranti” della guerra in Ucraina, soprattutto sul piano energetico.

E la “serietà” di questa Nadef, che fa i conti con l’inflazione e il superbonus ed esclude manovre espansive per i prossimi anni, “potrebbe non essere sufficiente”, osserva l’economista, che cita anche le mosse tardive della Bce: servirà un “sovrappiù di responsabilità”. I rischi che gravano sull’attività economica sono già di per sé “elevati e orientati al ribasso” e “le tensioni geopolitiche – legate sia al conflitto in Ucraina sia ai feroci attentati dei giorni scorsi in Israele – generano forte incertezza sulle prospettive di crescita”, rileva la Banca d’Italia. Un contesto “fragile”, che richiede una politica di bilancio condotta con “estrema prudenza”, dice il capo del Dipartimento di Economia e statistica Sergio Nicoletti Altimari, evidenziando come il quadro macroeconomico prefigurato nella Nadef sia “plausibile” ma “leggermente ottimistico”.

A preoccupare è soprattutto l’elevato rapporto tra il debito pubblico e il Pil: “un serio elemento di vulnerabilità”, che “riduce gli spazi di bilancio per fare fronte a possibili futuri shock avversi”. Il debito allarma anche la Corte dei Conti. “Il perdurante stato di incertezza del quadro generale colloca ora la posizione debitoria del nostro Paese su un sentiero molto stretto”, dice il presidente Guido Carlino, sottolineando la necessità di un “attento monitoraggio” affinché la “pur modesta” riduzione del debito/Pil programmata per il triennio “sia effettivamente conseguita”. Nel complesso, il quadro economico, “pur confermandosi in territorio positivo, registra un peggioramento” per incertezze che vanno dal contesto geopolitico all’inflazione, osserva la Corte dei Conti. E in vista della manovra, su cui la Magistratura contabile fa notare la mancanza nella Nadef della definizione e quantificazione degli interventi e delle relative coperture, avverte sulle privatizzazioni (l’1% di Pil richiederebbe uno “sforzo notevole”) e lancia un monito sulla sanità: il quadro sulla spesa risulta “stringente”, ma servono interventi urgenti e questo “richiederà scelte non facili”. Il quadro è comunque fosco anche al netto della guerra. “Gli indicatori più recenti suggeriscono per i prossimi mesi il permanere della fase di debolezza dell’economia”, dice il presidente facente dell’Istat Francesco Maria Chelli.

Tra gli elementi di freno, le condizioni di accesso al credito più rigide per famiglie e imprese (ma la Banca d’Italia esclude un credit crunch) e il lento recupero del potere d’acquisto delle famiglie. A preoccupare è l’inflazione: a settembre “oltre il 58%” degli aggregati usati per l’indice “evidenzia un incremento dei prezzi uguale o superiore al 10% rispetto al 2019”. C’è poi la perdita di valore dei salari: il loro livello reale è sceso sotto quello del 2009 e da allora il divario di crescita tra prezzi e retribuzioni contrattuali è stato di 12 punti. Le rassicurazioni sono attese domani dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che parlerà dopo l’Upb, da cui si attende ancora l’esito della validazione sul quadro programmatico. Poi mercoledì ci sarà la prova del voto in Parlamento. Serve la maggioranza assoluta e nel governo si lavora per limitare al massimo le assenze. Non si può ripetere l’errore di aprile, quando la maggioranza andò sotto sul Def.

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Economia

Nozze Ita-Lufthansa, rischio veto Ue senza modifiche

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Parte una settimana decisiva sul futuro di Ita-Lufthansa. Le due compagnie dovranno presentare all’Antitrust Ue un nuovo pacchetto di impegni con i dovuti miglioramenti per arrivare alle tanto agognate nozze. Le proposte messe sul piatto finora sullo scalo di Milano-Linate, sulle rotte a corto raggio dall’Italia all’Europa centrale e sui collegamenti a lungo raggio da Fiumicino verso Stati Uniti e Canada sono state ritenute insufficienti da Bruxelles. In caso di modifiche, la Commissione europea, impegnata al momento nel market test che si concluderà lunedì, valuterà i nuovi rimedi e la sua decisione potrebbe “consolidarsi” già a inizio giugno. Senza miglioramenti, a quanto si apprende da fonti comunitarie, l’operazione è destinata ad essere bocciata. L’annuncio ufficiale è atteso entro il 4 luglio.

Tra le sue richieste, la Commissione chiede di cedere molti più slot a Milano Linate: il 30%, 60 voli giornalieri, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, e in questo modo la quota di mercato combinata sullo scalo passerebbe dal 66 al 46%. Ita e Lufthansa propongono invece di rilasciare l’11-12% degli slot. La compagnia tedesca dovrebbe, poi, rinunciare ai ricavi che realizza sui voli tra l’Italia e il Nord America. L’idea avanzata dai tedeschi, ossia congelare per due anni l’alleanza con Ita sui lunghi collegamenti da Fiumicino con Usa e Canada non ha convinto la Commissione in quanto Lufthansa detiene già un’ampia quota di mercato attraverso le joint venture formate con United Airlines e Air Canada. Qualche giorno fa il presidente di Ita Airways, Antonino Turicchi, ha sottolineato che “questa è un’operazione a favore del mercato, non compromette la concorrenza”.

E in difesa dell’operazione Italo-Tedesca si è espresso anche l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone. La fusione “significa molto per il Paese e per l’Europa, nonostante i dubbi che la Commissione solleva”, ha detto il numero uno di Adr, evidenziando come “i profili di concentrazione di questa operazione siano oggettivamente marginali nel contesto del mercato rilevante”. Una eventuale bocciatura dell’operazione Ita-Lufthansa da parte della Commissione europea aprirebbe scenari molto foschi per il futuro della newco, nata dalle ceneri di Alitalia. L’amministratore delegato del gruppo Ryanair, Michael O’Leary, non ha dubbi: senza Lufthansa la compagnia italiana “andrà in bancarotta e scomparirà “.

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Economia

Banche, utili record: in tre mesi a 6,3 miliardi

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Il sistema bancario “continua a macinare record”. Numeri in crescita anche nel primo trimestre dell’anno con i primi sette gruppi bancari del Paese (IntesaSanpaolo, Unicredit, Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem) che hanno fatto registrare utili pari a 6,3 miliardi, per un +25,6% sui primi tre mesi del 2023. Lo rileva un report condotto dall’Ufficio studi & ricerche della Fisac-Cgil sui risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari nazionali nel primo trimestre del 2024.

“Dopo i risultati da record per i grandi gruppi bancari nel biennio passato – commenta la segretaria generale della Fisac-Cgil, Susy Esposito – molti si attendevano un rallentamento, complice l’attesa discesa dei tassi di interesse. Il ritardo della Bce a diminuire i tassi di riferimento, e di conseguenza la trasmissione di questo ai tassi attivi praticati dalle banche, insieme alla perdurante politica di scarsa remunerazione dei depositi, ha mantenuto elevato il livello dei ricavi dalla gestione del danaro”. Risultati che, aggiunge, “a fronte di un contenimento sul versante della spesa del personale, nonostante il rinnovo del contratto, così come delle spese amministrative, deve indurre il sistema bancario per intero a investire sull’occupazione e sul radicamento nel territorio”.

Il margine di interesse, si rileva nel report della Fisac-Cgil, sale ancora, per il campione, di quasi il 7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2023. La dinamica delle commissioni, per quasi tutti i gruppi, ha accelerato (+5,3%) e spesso deriva dalla spinta alla vendita di prodotti assicurativi ma anche da quelle relative all’amministrazione dei titoli. Il prodotto delle due componenti più significative dell’attività caratteristica bancaria ha spinto ulteriormente verso l’alto i ricavi totali (17,8 miliardi di euro per un +9,8%). Sul versante dei costi del personale, che hanno registrato un aumento del +2,5% derivato anche dal rinnovo del contratto Abi, si mantengono mediamente più elevati rispetto allo stesso periodo del 2023 seppur in maniera contenuta, così come le spese amministrative, sottolinea il rapporto della Fisac.

Questa dinamica dimostra, dal lato dei costi per il personale, “la capacità delle banche di agire gestionalmente per mantenere sotto controllo questi ultimi, anche e purtroppo attuando politiche di riduzione degli organici come di mancato turn over”, prosegue il report. Dal lato delle spese amministrative (-0,5%), la previsione di investimenti in nuova tecnologia, spiega inoltre la Fisac-Cgil, come previsto da quasi tutti i piani di impresa, “farebbe pensare ad un incremento di queste ultime anche a scapito della erosione dei margini, fenomeno che non si è ancora verificato. Viceversa il contenimento delle spese, anche attraverso la politica della chiusure delle filiali, a beneficio della redditività a disposizione della distribuzione di utili, può rallentare il processo di innovazione tecnologica, così come confermare la dinamica di riduzione di dipendenti e sportelli”.

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Abi, tasso medio dei conti corrente sale allo 0,59%

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In aprile il tasso medio praticato dalle banche italiane sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,63%. A marzo 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,67%, area dell’euro 3,50%). Rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 334 punti base.

Lo afferma il rapporto mensile dell’Abi. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad aprile 2024 è stato il 3,81%, con un incremento di 250 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%. In aprile il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,05% (1,04% nel mese precedente, 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è salito allo 0,59% (0,57% nel mese precedente), tenendo presente che il conto corrente “permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento”, conclude l’Abi.

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