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Atti di bullismo su una carabiniera, la denuncia alla procura militare

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Un presunto atto di bullismo in caserma a Modena, ai danni di una giovane carabiniera, è stato segnalato dal sindacato Nsc. “Auspichiamo una ferma indagine della Procura ordinaria e militare”, dice il segretario generale dell’Emilia-Romagna Giovanni Morgese su Facebook. Il sindacato Nsc non fornisce dettagli su quanto avvenuto, parla di “gesto intollerabile” e dice già che valuterà la costituzione di parte civile.

L’episodio oggetto della segnalazione, secondo quanto si è potuto apprendere, sarebbe avvenuto nei giorni scorsi, all’ingresso di una caserma, quando un superiore avrebbe apposto dei tratti di penna con un “visto”, sulla fronte della carabiniera. Un gesto che sarebbe emerso in un contesto ancora da definire, ma sarebbe circolato con foto in chat e che è stato oggetto di una relazione all’Autorità da chi l’ha saputo.

La Procura Militare, informata nell’immediatezza dall’Arma, avrebbe nei giorni scorsi disposto gli indispensabili approfondimenti investigativi per comprendere le esatte circostanze e le motivazioni del riferito gesto mentre l’Arma ha già avviato le procedure interne per la valutazione disciplinare del personale coinvolto nella vicenda e il suo trasferimento in altre sedi. Anche la Procura ordinaria di Modena si sarebbe attivata, aprendo un fascicolo e disponendo indagini.

Anche il sindacato Unarma è intervenuto, con il segretario provinciale Antonio Loparco: “Pensavamo subito ad uno scherzo, oppure ad una scena di un film comico. Pensiamo che la cosa, come riportata, sia davvero molto grave. Da genitori e coniugi, non immaginiamo l’effetto che può provocare ai familiari della carabiniera appena hanno appreso la notizia. Una cosa inaudita senza precedenti. Che provoca un discredito irreparabile all’Arma dei Carabinieri”.

L’avvocato Luca Camaggi, difensore dell’ufficiale in questione, in una nota ha detto che pur non volendo entrare nel merito, il suo assistito “intende precisare che la narrazione che degli stessi è stata data è quanto di più distante dai principi e dai valori che hanno sempre guidato il suo agire. Siamo certi che nelle sedi opportune ci sarà modo di offrire una ricostruzione veritiera dell’episodio, da non potersi certo ricondurre a gesti ridicolizzanti o offensivi della collega del comandante”. Sempre a Modena, è di ieri la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per il tenente colonnello Giampaolo Cati, accusato di stalking ai danni di 11 sottoposti al centro ippico dell’Accademia militare, con condotte sessiste e umilianti. A marzo, ancora nella città emiliana, due ufficiali dell’Arma sono stati trasferiti dopo il caso dei video del brigadiere che picchiava persone fermate.

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Insulti sui social, alcuni alunni chiedono scusa a sindaco

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Alcuni degli alunni che ieri hanno postato insulti e messaggi offensivi nei confronti del sindaco di San Giorgio a Cremano (Napoli) Giorgio Zinno per non aver chiuso le scuole per allerta gialla, oggi li hanno cancellati dai social o hanno chiesto scusa per il gesto. “Devo ammettere che questo gesto merita di essere riconosciuto come un primo passo verso una maggiore consapevolezza” scrive sulla pagina facebook è il primo cittadino “E’ vero anche che non tutti lo hanno fatto. Infatti per quei ragazzi che non si sono resi conto della gravità del loro comportamento, procederò con un esposto alla Polizia Postale, come atto dovuto per tutelare l’Istituzione che rappresento e per lanciare un chiaro segnale che certi comportamenti non possono essere tollerati. Quindi, la diffusione di quanto accaduto ha sortito l’effetto sperato, ovvero ha scosso le coscienze ed avviato una riflessione sul clima che sta emergendo in alcuni contesti della nostra comunità”.

Per Zinno occorre insegnare ai ragazzi “l’uso consapevole dei mezzi di comunicazione e fargli comprendere le responsabilità che hanno nell’uso delle parole” perché spiega “purtroppo stiamo andando nella direzione in cui i rapporti umani sembrano sempre più filtrati e amplificati dai mezzi digitali che possono diventare pericolosi strumenti di offesa, soprattutto se manca il senso di responsabilità. È un problema culturale, ma anche sociale, che ci coinvolge tutti e che richiede un intervento congiunto”. “Insieme possiamo e dobbiamo intervenire, attraverso strumenti come i patti educativi ad esempio, che rappresentano una rete di valori condivisi e di supporto educativo.

Dobbiamo insegnare ai nostri adolescenti e alle future generazioni, che vivere con leggerezza è giusto e necessario, ma ciò non può mai prescindere dal rispetto verso gli altri e verso le istituzioni”. “Rispettare non significa soltanto evitare l’insulto o l’aggressione verbale: significa scegliere di costruire relazioni basate sull’ascolto e sulla comprensione. Significa crescere come persone e come comunità. Mi auguro che questa vicenda possa rappresentare non solo un monito, ma un’opportunità per riflettere insieme su quale tipo di società vogliamo diventare e su quali valori desideriamo trasmettere”. E infine conclude: “Da parte mia, continuerò ad ascoltare, a dialogare e ad impegnarmi per il bene dei nostri ragazzi, perché credo fermamente che solo con un lavoro collettivo possiamo aiutarli ad affrontare le sfide del presente e a costruire un futuro migliore.

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Ucciso a martellate, condannato ex pentito di camorra di Frattamaggiore

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Per mesi il corpo senza vita di Massimo Lodeserto è rimasto negli scantinati di una vecchia palazzina del centro storico di Torino. Per mesi i parenti avevano fatto l’impossibile per cercare questo signore di 58 anni, conosciuto nel quartiere per il carattere affabile e scherzoso, che pareva essersi dissolto nel nulla. Fino a quando, il 4 dicembre 2024, al termine di un’indagine lunga e complicata, i carabinieri non avevano fatto irruzione nel sotterraneo: Massimo era stato preso a martellate alla testa, trafitto due volte alla schiena da un coltello, portato laggiù e ricoperto di masserizie. Oggi il tribunale ha inflitto 20 anni di carcere per omicidio volontario e occultamento di cadavere al presunto killer.

Si tratta di Nino Capaldo, 57 anni, originario di Frattamaggiore (Napoli), ex collaboratore di giustizia. Ma la camorra non c’entra. Il delitto sarebbe il tragico epilogo di una lite per un debito e, forse, una donna. Capaldo stava già scontando in regime di detenzione domiciliare una vecchia condanna a 15 anni per un omicidio risalente al 2014. La vittima, il nigeriano Edokpa Gowin detto ‘Nokia’, era stata uccisa con un colpo di pistola nel Casertano. Si parlò di contrasti fra gang rivali per il controllo dello spaccio. Capaldo, indicato come affiliato al clan Gagliardi-Fragnoli di Mondragone, collaborò con gli inquirenti, fu inserito nel programma di protezione e allontanato dallaCampania. A Torino nessuno, tranne le forze dell’ordine, sapeva del suo passato. A volte diceva di essere un maresciallo dei carabinieri in pensione.

Secondo una delle ricostruzioni della vicenda, Capaldo si era invaghito della ex fidanzata di Lodeserto. Sembra che la donna sostenesse che da Massimo avanzava 100 mila euro dai tempi in cui gestivano una piccola impresa di pulizie. E sembra che Capaldo avesse deciso di riscuotere il credito (di cui peraltro non c’è traccia nelle cartelle esattoriali esaminate). Fra i due uomini ci fu un incontro. Il 30 agosto 2024, giorno in cui doveva cominciare un nuovo lavoro, Massimo scomparve. L’avvocato difensore di Capaldo, Gianluca Orlando, in aula ha parlato di legittima difesa, ma la tesi non è stata accolta. I vent’anni di reclusione sono stati il massimo della pena, visto che il processo si è svolto con il rito abbreviato, che comporta lo sconto automatico di un terzo, e non sono state contestate né la premeditazione né altre aggravanti. Tre familiari di Lodeserto si sono costituiti parte civile con l’avvocato Roberto Saraniti e hanno ottenuto, per ora, una provvisionale di 40 mila euro ciascuno. Quanto a Capaldo, adesso è in un carcere fuori Piemonte.

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Finti matrimonio e lavoro per permessi soggiorno, 5 indagati

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Avrebbero organizzato un matrimonio per far ottenere il permesso di soggiorno a uno straniero e una falsa assunzione in cambio di denaro a un secondo straniero, che così avrebbe ottenuto il rinnovo del suo permesso. E’ quanto la Procura di Marsala contesta a cinque persone, due stranieri e tre italiani, indagate per favoreggiamento della permanenza illegale dello straniero e falsità ideologica nei cui confronti ha emesso un avviso di conclusione indagine. Al centro delle indagini della Digos della Questura di Catania, cominciate nel 2020 e concluse nel 2021, finalizzate al monitoraggio dei cosiddetti ‘sbarchi fantasma’ con l’obiettivo di individuare eventuali cellule terroristiche che sarebbero approdate sulle coste del Catanese.

Dagli accertamenti eseguiti dalla polizia è emersa la posizione di un tunisino di 52 anni, tuttora ricercato anche per l’esecuzione di un provvedimento di pene concorrenti per i delitti di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, che per garantirsi permanenza in Italia avrebbe chiesto a due marsalesi, di 37 e 33 anni, di cercargli una moglie per un matrimonio combinato che gli permettesse di ottenere il permesso di soggiorno. I due avrebbero trovato la sposa, una ragazza di 32 anni in cura per patologie psichiatriche, con la quale l’uomo avrebbe effettivamente contratto matrimonio con il rito civile nel novembre del 2020.

Le indagini hanno accertato che era fittizio perché i coniugi non coabitavano e perché l’uomo aveva una relazione con una connazionale. Indagando sul tunisino, la Digos della Questura di Catania ha scoperto che il 52enne avrebbe anche messo in piedi una sorta di ufficio di collocamento illegale, tramite un imprenditore agricolo 52enne marsalese che dietro il pagamento di denaro avrebbe comunicato l’assunzione fittizia di un guineano di 26 anni, il quale così avrebbe ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno.

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