Collegati con noi

Cronache

Ragazza scomparsa, indagato 5 anni dopo il fratello

Pubblicato

del

Svolta nelle indagini sulla scomparsa di Gessica Lattuca, la giovane di 28 anni, madre di quattro figli, sparita nel nulla il 12 agosto del 2018 a Favara, un paese alla periferia di Agrigento. Con l’accusa di omicidio aggravato e occultamento di cadavere, in concorso con ignoti, è stato iscritto nel registro degli indagati il fratello della donna, Vincenzo Lattuca, di 43 anni. Secondo gli inquirenti Gessica sarebbe stata picchiata e uccisa dopo una lite scoppiata perché era ubriaca. Tutto sarebbe avvenuto nella casa di via Leopardi a Favara di proprietà del padre della ragazza, ma abitata in quel periodo dal fratello. Le indagini su questo cold case, condotte dal procuratore reggente di Agrigento Salvatore Vella insieme al sostituto Paola Vetro e delegate alla squadra mobile e non più ai carabinieri, sembrerebbero dunque scagionare l’ex compagno della donna Filippo Russotto che, in tutti questi anni, è sempre stato l’unico indagato per le ipotesi di reato di maltrattamenti, sfruttamento della prostituzione e occultamento di cadavere.

Già nelle scorse settimane (ma la notizia non è mai trapelata) i Pm avevano chiesto l’archiviazione dell’indagine a carico di Russotto; richiesta che ora sarà sottoposta al vaglio del gip. Nell’abitazione di via Leopardi, dove i Ris di Messina tornarono nel settembre del 2020, due anni dopo la scomparsa della giovane mamma di quattro figli (tre dei quali nati durante la relazione con Russotto), vennero trovate alcune tracce ematiche riconducibili a Gessica che era sparita nel nulla, dissolvendosi in un raggio di circa 500 metri, dopo essere andata via dall’abitazione dove viveva il fratello.

Diversi rilievi erano stati compiuti sempre dal Ris, subito dopo la scomparsa della ragazza, nell’abitazione e nella residenza di campagna di Filippo Russotto che si è sempre dichiarato estraneo alla scomparsa e che aveva lanciato anche un messaggio agli inquirenti: “Perché non fanno in altre parti i controlli che hanno fatto a me?”. Vincenzo Lattuca ha trascorso diversi anni in carcere per furti, rapine, minacce, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. E’ stato anche sottoposto alla sorveglianza speciale, perché ritenuto socialmente pericoloso, e attualmente è indagato nell’inchiesta “Mosaico” che ipotizza un vasto traffico di armi e droga collegato alla faida fra due bande rivali che ha provocato cinque omicidi fra Favara e il Belgio. La Procura di Agrigento, nelle scorse settimane, lo ha convocato per interrogarlo. L’indagato, assistito dal suo difensore Salvatore Cusumano, ha negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda. Nei mesi successivi alla scomparsa Gessica Lattuca era stata cercata ovunque; nel marzo del 2019 erano state addirittura effettuata alcune estumulazioni nel cimitero di Favara, dopo che una insegnante in pensione aveva manifestato dei sospetti sul possibile occultamento del cadavere della ragazza nei loculi.

Advertisement

Cronache

25 milioni di italiani alla cassa per la prima rata Imu

Pubblicato

del

Italiani alla cassa per il pagamento della prima rata dell’Imu: l’acconto, pari a metà dell’imposta complessiva, vale circa 11 miliardi di gettito e va versato entro domani. Con l’esclusione della prima casa (a meno che non sia considerata di lusso), l’imposta municipale unica è dovuta per il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli. A dover effettuare il pagamento sono circa 25 milioni tra proprietari, titolari di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sull’immobile; genitori assegnatari della casa familiare a seguito del provvedimento del giudice; concessionari di aree demaniali o locatari degli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

Il versamento deve essere effettuato in due rate annuali di valore pari al 50% dell’imposta ciascuna. La prima ha la scadenza fissata al 16 giugno (17 per quest’anno) e la seconda al 16 dicembre. Nulla vieta però di effettuare il pagamento anche in un’unica soluzione annuale entro la scadenza della prima rata. L’imposta si può assolvere attraverso il modello F24 o, in alternativa, con il bollettino messo a disposizione da Poste italiane negli uffici postali, con l’accortezza che in questo caso il pagamento deve essere effettuato distintamente per ogni Comune sul cui territorio sono situati gli immobili.

L’Imu si applica in quasi tutti i Comuni italiani. Resta, solo l’autonomia impositiva del Friuli Venezia Giulia e delle due province autonome di Trento e di Bolzano, nelle quali continuano ad applicarsi, rispettivamente, l’Imis e l’Imi, anch’esse pagabili con l’F24. Secondo un’analisi della Uil il tributo quest’anno costerà in media 1.022 euro a proprietario, di cui 511 per l’acconto di domani. Le aliquote sono fissate allo 0,5% per le prime case di lusso, 0,86% per altri immobili, inclusi i terreni fabbricabili, 0,86% per gli immobili ad uso produttivo (categoria D), 0,76% per i terreni agricoli, 0,1% per i fabbricati rurali ad uso strumentale e 0,1% per i fabbricati merce non locati.

Tutte percentuali sulle quali possono intervenire i singoli Comuni, aumentandole o diminuendole, talvolta fino all’azzeramento. Tra le agevolazioni previste rientrano le unità immobiliari concesse in comodato d’uso gratuito dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado e gli immobili di pensionati italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire. Niente imposta anche sugli immobili occupati abusivamente. Resta invece su quelli inagibili e inabitabili, anche se con base imponibile ridotta alla metà, ricorda Confedilizia che sottolinea come eliminarla “costerebbe poco più di 50 milioni di euro”.

In totale dal 2012, anno dell’istituzione dell’Imu con la manovra Monti, il gettito dell’imposta ha raggiunto quasi 300 miliardi di euro, calcola l’associazione dei prorpietari. Sul fronte delle esenzioni fiscali, la deroga al pagamento viene prorogata di un anno per i Comuni colpiti dai terremoti del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto e del 2016 nel Centro Italia.

Continua a leggere

Cronache

Ucciso in casa a Bologna, fermato l’assassino

Pubblicato

del

Si è risolta in ventiquattro ore la vicenda della morte di Roman Matvieiev, il muratore ucraino di 40 anni che venerdì, poco prima delle 21, era stato trovato riverso su una sedia con varie ferite sul corpo ed alla testa nella sua abitazione alla periferia di Bologna e poi deceduto, ieri mattina, all’Ospedale Maggiore. Nella tarda serata di ieri la Polizia ha stretto il cerchio attorno a un altro cittadino ucraino, un 38enne sottoposto a fermo – disposto dalla Procura della Repubblica – con l’accusa di omicidio. L’uomo, già noto alle forze dell’ordine, è stato rintracciato – a seguito di un’attività coordinata dal sostituto procuratore, Michele Martorelli – dagli agenti della Squadra Mobile in zona Pilastro.

Al 38enne i poliziotti sono giunti dopo una perquisizione sul luogo del delitto – un appartamento al primo piano del civico 125 di via Ferrarese – in cui il personale della Scientifica aveva rilevato alcune impronte latenti a lui attribuibili e dopo un minuzioso controllo delle immagini registrate dalle telecamere presenti nella zona. Queste hanno immortalato l’arrivo dell’uomo armato di una chiave inglese di grosse dimensioni, lunga almeno 50 centimetri, presso la palazzina dove viveva la vittima e la sua uscita dallo stabile, dopo due minuti e mezzo, con alcune evidenti tracce di sangue lungo un braccio. In base agli elementi raccolti il Pubblico Ministero ha emesso un provvedimento di fermo con l’accusa di omicidio nei confronti del 38enne cittadino ucraino bloccato nell’area del Pilastro a bordo di un mezzo a lui in uso.

A spingere il 38enne all’aggressione, poi risultata mortale, motivi passionali. Nel corso dell’interrogatorio alla presenza dello stesso Pm, il fermato – poi condotto nel carcere della Dozza – ha ammesso le sue responsabilità e il movente, viene spiegato, è da ricollegare, molto probabilmente, a un rapporto di simpatia, di amicizia, di frequentazione fra la moglie del presunto omicida e la vittima. Una frequentazione mal accettata dall’uomo, che avrebbe riferito di apprezzamenti e provocazioni verbali e che avrebbe portato alla lite rivelatasi fatale per Matvieiev. Deceduto al ‘Maggiore’ – dove era stato operato d’urgenza, a seguito di una ferita alla pancia con conseguente asportazione della milza e di una frattura al cranio – il 40enne era stato trovato ferito in casa da un amico, un connazionale 52enne che viveva nella sua cantina al piano interrato. L’amico aveva poi chiamato la madre della vittima, che lavora come badante in un altro quartiere di Bologna, e lei, a sua volta, aveva allertato il 118 facendo scattare i soccorsi.

Continua a leggere

Cronache

I segreti di Pulcinella, l’ex capo della Cei Ruini: rifiutai la richiesta di Scalfaro di far cadere Berlusconi

Pubblicato

del

La Cei si oppose alla richiesta dell’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, di fare cadere il governo guidato da Silvio Berlusconi, subito dopo l’estate del 1994. Lo conferma il cardinale Camillo Ruini in una intervista al Corriere della Sera firmata da Francesco Verderami. “Effettivamente – racconta Ruini che allora era il capo della Conferenza episcopale italiana – andò così. La nostra decisione di opporci a quella che ci appariva come una manovra, al di là della indubbia buona fede di Scalfaro, fu unanime. E pensare che Scalfaro era stato per me un grande amico. Rammento quando De Mita nel 1987 gli aveva offerto di diventare presidente del Consiglio, in opposizione a Craxi e con la benevolenza del Pci. Scalfaro allora era venuto da me e mi aveva detto che avrebbe rifiutato. ‘Fa bene’, avevo risposto. E infatti a palazzo Chigi sarebbe poi andato Amintore Fanfani”.

“Per questo – prosegue il cardinale – rimasi colpito dal modo in cui aveva cambiato posizione, così nettamente. Penso che Berlusconi abbia mostrato i suoi pregi e i suoi limiti, come tutti gli altri politici, ma che non abbia avuto in alcun modo fini eversivi. I pericoli per la Repubblica semmai erano altri”, commenta Ruini. Nella lunga intervista Ruini racconta gli ultimi decenni della storia dei rapporti tra Chiesa italiana e politica, dal rapporto con la Dc al crollo della Prima Repubblica, quindi l’avvento di Silvio Berlusconi che “non consideravamo un pericolo per la Repubblica”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto