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Corona Virus

Covid, sulle origini del virus si brancola ancora nel buio

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Per l’Oms tutte le piste sono ancora aperte, la Cina continua ad escludere l’ipotesi della fuga dal laboratorio e gli Stati Uniti non hanno ancora trovato una posizione comune. L’emergenza Covid è ufficialmente finita ma a tre anni dall’esplosione della pandemia più devastante degli ultimi cento anni ancora non c’è una risposta alla domanda più importante: qual è stata l’origine del virus? La prima inchiesta sul tema si è svolta a gennaio del 2021 con una missione di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità inviata sul campo a Wuhan, la città dove tutto ha avuto inizio, che ha lavorato fianco a fianco ai loro colleghi cinesi. Una squadra di super ricercatori, o ‘virus hunters’ come furono ribattezzati, che nella loro carriera avevano affrontato le peggiori epidemie, dall’Aids all’Ebola.

Eppure, dopo cinque mesi di analisi meticolose, la conclusione dei dieci virologi è stata che “con tutta probabilità” la fuga dal laboratorio era esclusa ma che non era stata individuata quale fosse l’origine del Covid. La Cina ha esultato definendo la ricerca “autorevole”, l’Oms è stata travolta dalle critiche di parte della comunità scientifica che l’ha accusata di essere “al servizio di Pechino” o quantomeno di non essere stata in grado di imporsi per avere maggiori informazioni. Lo scorso febbraio, a seguito di un articolo su Nature secondo cui l’agenzia dell’Onu aveva rinunciato a proseguire la seconda fase dell’indagine sulle origini a causa della mancanza di collaborazione da parte delle autorità cinesi, il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha assicurato che il lavoro proseguirà fino a quando non troverà una risposta su come è iniziata la pandemia.

Nel frattempo anche gli Stati Uniti, che con la Cina hanno diversi fronti aperti da Taiwan all’Ucraina, hanno portato avanti le loro indagini sull’origine del virus ma le tante agenzie americane impegnate nelle ricerche non sono arrivate ad una conclusione unanime. In un rapporto del dipartimento dell’Energia Usa, rivelato dal Wall Street Journal a fine febbraio, si sostiene che la pandemia sia nata da una fuga in laboratorio. Una tesi formulata soltanto ora grazie a “nuove informazioni di intelligence, studi di ricercatori e consultazioni con esperti non governativi”.

Alla stessa conclusione era arrivata tempo fa l’Fbi che, per bocca del suo direttore Christopher Wray, ha ribadito di recente che “la pandemia ha avuto origine molto probabilmente da un incidente nel laboratorio di Wuhan”. Resta il fatto che per una parte dell’intelligence Usa il virus ha avuto invece un’origine naturale, un salto di specie dall’animale all’uomo che potrebbe essersi verificato proprio nel mercato di Wuhan, a 40 chilometri dal laboratorio. Persino la Casa Bianca non si è voluta sbilanciare e, dopo l’uscita del rapporto del dipartimento dell’Energia, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby è stato costretto a precisare che nell’amministrazione americana non c’è consenso sul tema. In effetti “potremmo non sapere mai” da dove è venuto il virus, ha dichiarato di recente l’ex zar della pandemia Anthony Fauci, invitando a mantenere “una mente aperta” sulle varie possibilità.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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