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Fermati 15 scafisti, prima applicazione decreto Cutro

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Trova la sua prima applicazione la stretta imposta dal Governo contro i trafficanti di esseri umani dopo il naufragio del 26 febbraio scorso a Steccato di Cutro che ha provocato una strage di migranti con 91 morti accertati. E la trova proprio in Calabria, dove la Procura di Locri ha sottoposto a fermo 15 presunti scafisti, accusati per 4 sbarchi avvenuti il 23, 24 e 26 marzo scorsi e che hanno condotto nei porti di Roccella Ionica e Reggio Calabria oltre un migliaio di migranti. Nei confronti di alcuni presunti scafisti, infatti, la Procura ha ipotizzato il nuovo reato di “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina” – introdotto appunto dal cosiddetto “decreto Cutro” – punito con la reclusione da venti a trent’anni. A bordo di due delle imbarcazioni, infatti, c’erano anche due cadaveri. Intanto, il comandante generale della Guardia costiera, ammiraglio Nicola Carlone, ha detto di avere la coscienza a posto: “abbiamo fatto quello che si doveva fare. Quando c’è una tragedia uno si sente vicino a chi ha sofferto e Cutro è stata una grande tragedia. Dovremo sicuramente rifletterci e siamo sicuri che la magistratura farà chiarezza”.

Le indagini sugli scafisti sono state condotte dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e dal Commissariato di Siderno con la collaborazione, per alcuni sbarchi, della Guardia di finanza e della Guardia costiera. Quattro egiziani sono indagati per lo sbarco del 23 marzo a Roccella Ionica con l’arrivo di 210 migranti soccorsi in mare dalla Guardia costiera. Nella nottata del giorno successivo sono sbarcati 185 migranti a Roccella, condotti dalla Guardia costiera, e altri 110 nel porto di Reggio Calabria, giunti a bordo di un pattugliatore della Guardia di finanza. Del trasporto sono stati ritenuti responsabili 4 egiziani e 3 siriani. Ed è a loro che viene contestato il nuovo reato perché dalle loro condotte sarebbe derivata la morte di un giovane pakistano. Lo stesso reato viene contestato anche a 4 egiziani che sarebbero responsabili dello sbarco del 26 marzo, ancora a Roccella Ionica – 312 i migranti – dove è giunto cadavere un cittadino siriano. Il migrante, che i suoi compagni di viaggio hanno detto fosse in condizioni di salute precarie a causa del diabete, secondo l’accusa avrebbe comunque potuto essere assistito e giungere indenne. Hanno invece lasciato Cutro, con un volo charter dall’aeroporto di Crotone organizzato dall’Oim, 32 superstiti del naufragio: sono diretti in Germania dopo avere ottenuto il ricollocamento chiedendo la protezione internazionale. Prima della partenza, non sono mancati i selfie fatti dai sopravvissuti con i volontari che li hanno aiutati a superare il momento drammatico, i funzionari della Prefettura e i poliziotti della Questura per l’assistenza che hanno dato loro, in un clima che la stessa Prefettura ha definito di forte “coinvolgimento emotivo”.

Le ricerche dei dispersi, intanto, non si arrestano. Secondo le stime dei soccorritori sono ancora una decina le persone che mancano all’appello e l’obiettivo è fare di tutto per dare a ognuno di loro una degna sepoltura. L’ammiraglio Carlone ha addebitato il naufragio allo “spiaggiamento. Quella nave ha navigato regolarmente per quattro giorni attraverso le isole greche, era quindi in grado di navigare”. E con le ong non c’è nessuna guerra, ha sottolineato: le navi umanitarie “fanno soccorso, svolgono il loro lavoro in mare. Di queste unità, in dieci sono ripartite: solo un paio sono state fermate, anche per salvaguardare la nave stessa”. E, comunque, ha aggiunto, non decide la politica se intervenire su un’imbarcazione in difficoltà: le “operazioni di soccorso sono valutate ai più bassi livelli, tenuto conto della necessità di intervenire in tempi rapidissimi”. E mentre a Lampedusa, dopo 4 giorni di stop a causa delle condizioni meteo e del mare mosso nel canale di Sicilia, sono ripresi gli sbarchi con l’arrivo nella notte di 40 migranti, originari di Guinea e Costa d’Avorio, soccorsi da una motovedetta della Capitaneria di porto, un attacco al governo per la gestione del fenomeno è venuto dal leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte che ha parlato di un “fallimento clamoroso” dell’esecutivo.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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