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Cronache

La denuncia,’chiamano 118, strada è murata e paziente muore’

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“La famiglia sporgerà denuncia. Da mesi i residenti segnalano che la chiusura di via Morisani, inaccessibile da tre anni, rende molte abitazioni irraggiungibili. Anche le ambulanze che arrivano dall’Ospedale San Gennaro sono costrette a fermarsi davanti al muro di via Morisani.

Ha perso la vita un 67enne colto da malore in casa, l’ambulanza bloccata dal muro ha ritardato l’arrivo dei sanitari che, hanno fatto più di quanto toccasse loro. Con l’aiuto dei parenti del paziente e dei residenti, scesi dall’ambulanza, hanno raggiunto a piedi il soggetto colpito da malore che purtroppo non ce l’ha fatta. Temiamo che via Morisani, a Capodimonte, rischi la stessa sorte toccata a Salita Scudillo, mai più riaperta dopo anni e anni di attese e promesse”. E’ la denuncia di Carlo Restaino, consigliere di Europa Verde alla III Municipalità che ha incontrato la famiglia del paziente deceduto.

“Inevitabile chiedersi ‘Se si fosse arrivati in tempo il paziente sarebbe stato salvato? Non lo sapremo mai. Inconvenienti del genere sconcertano e non dovrebbero verificarsi. La strada è chiusa da tre anni, come è possibile che i mezzi di soccorso come le ambulanze non abbiano le mappe aggiornate? E’ un’operazione necessaria quella di rendere attuali gli itinerari e i percorsi. Abbiamo deciso di inviare una nota al Comune per verificare se la chiusura è stata comunicata all’Asl, visto che le ambulanze continuano a passare di lì. E’ inaccettabile, peraltro, che per ripristinare la percorribilità delle strade debbano passare anni, si intervenga al più presto”, ha commentato Francesco Emilio Borrelli, deputato di Alleanza Verdi – Sinistra.

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Rapina in banca con sequestro di dipendenti e clienti: Bonnie & Clyde napoletani arrestati

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Siamo a Napoli, in via Emilio Scaglione, strada trafficata nel quartiere Chiaiano. Una coppia si presenta all’ingresso di una banca. La donna rimane fuori, in strada: è il palo. L’altro sfila una pistola e un coltello dai pantaloni e grida. Il silenzio di clienti e dipendenti è la dimensione del terrore di quei momenti. E’ in corso una rapina. L’uomo fa sul serio, sequestra tutti i presenti e attende con loro 40 minuti.

E’ il tempo necessario a sbloccare la cassaforte temporizzata dell’ATM. Nessuno muove un muscolo, nessuno può chiedere aiuto.
Il rapinatore costringe uno degli impiegati a svuotare il bancomat e racimola poco più di 12mila euro. Col sacco carico di contanti fa cenno alla complice che il loro lavoro è finito e insieme si allontanano. Il sospiro di sollievo è l’unica pausa a cui si dedica il personale dell’istituto perché Il 112 squillerà pochi istanti dopo. Sul posto arrivano i carabinieri del nucleo operativo Vomero e della stazione Marianella. Gli basteranno pochi frame delle immagini di video-sorveglianza per riconoscere Giuseppe Merolla, 38enne di Scampia. E’ ai domiciliari e il suo volto, i militari, lo conoscono bene. Riconoscono anche Giuseppina Aceto, la sua compagna 40enne.

Sanno dove vivono e quando bussano alla loro porta non c’è modo di sfuggire alle manette.
In casa cappellino e passamontagna utilizzati durante la rapina, una revolver a salve con 25 cartucce e 1520 euro in contante ritenuto provento illecito.

Frank Hamer e la sua squadra fermarono Bonnie & Clyde dopo una caccia di 120 giorni.
I carabinieri partenopei, a poco meno di 90 anni da quel 23 maggio 1934, rintracceranno e arresteranno Merolla & Aceto in poco meno di un’ora dalla rapina.

Sono entrambi in carcere, in attesa di giudizio. Dovranno rispondere di concorso in rapina aggravata e sequestro di persona.

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Non era lombalgia, ma un tumore: denunciati tre medici

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È morta a 61 anni per un tumore ai polmoni ormai in metastasi ma che è stato scoperto troppo tardi perché inizialmente scambiato per una lombalgia. Ora i figli di Stella Alaimo Franco, scomparsa a Treviglio (Bergamo) lo scorso 30 marzo, hanno presentato denuncia, assistiti dall’avvocato Massimo Trabattoni, nei confronti di tre medici dell’ospedale di Treviglio e anche dell’intera Asst Bergamo Ovest. Ipotizzano il reato di omicidio colposo, ma ora dovrà essere la Procura a stabilire se avviare delle indagini. Quello che i due figli della donna, Monica e Andrea, contestano ai medici bergamaschi è di non aver fatto luce fin da subito sul reale – e grave – male che aveva colpito la madre, “che era sempre stata bene e non aveva mai avuto neppure un colpo di tosse”, hanno raccontato. Il primo accesso della loro mamma in ospedale a Treviglio risale al 17 dicembre scorso, quando Stella si presenta al pronto soccorso lamentando un forte dolore alla gamba.

La donna viene dimessa con una diagnosi di lombalgia dopo essere stata sottoposta ai raggi nella zona lombosacrale. Ma i dolori alla gamba non passano, anzi aumentano, e il 4 gennaio viene riportata dal figlio allo stesso pronto soccorso. Stando alla denuncia dei familiari, la donna viene rimandata a casa senza ulteriori indagini. In entrambi i casi la prognosi è di zero giorni e nel secondo accesso un infermiere le avrebbe suggerito di prendere in autonomia un antidolorifico. Nei giorni successivi, grazie a un conoscente personale della famiglia, Stella Alaimo viene sottoposta a una risonanza magnetica, che rivela delle metastasi. La situazione precipita rapidamente. Il 23 gennaio una Tac evidenzia un tumore di 5 centimetri per 4 al torace, con dei noduli diffusi. Il 29 gennaio la prima visita oncologica all’Istituto dei Tumori di Milano. La diagnosi stavolta parla di ‘adeno carcinoma polmonare al quarto stadio plurimetastatico con carcinosi peritoneale’.

A febbraio la donna già non riesce più ad alzarsi dal letto. Il 30 marzo muore, cento giorni dopo il primo accesso al pronto soccorso. Una morte di fronte alla quale i due figli non si rassegnano: “Ci era stato detto dall’équipe che l’aveva in cura a Milano che se quel tipo di tumore fosse stato diagnosticato per tempo, avrebbe potuto essere curato, e che il ritardo della diagnosi errata dei medici di Treviglio ha causato gravi conseguenze, dal momento che la malattia era avanzata in modo irreversibile”. L’Asst Bergamo Ovest non ha voluto rilasciare dichiarazioni sull’episodio.

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Impagnatiello in video: questo veleno è per i topi di Milano

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“Quello è veleno per topi, sa perché? Perché quando ci fumiamo le canne post lavoro sui gradoni di piazza Croce Rossa, arrivano ‘panteganoni’ così grossi. A Milano girano ‘panteganoni’ e abbiamo buttato un po’ di…”. Con queste parole, Alessandro Impagnatiello lo scorso 28 maggio spiegava ai carabinieri di Senago perché nel suo zaino ci fosse una bustina di topicida. La giustificazione dell’ex barman è stata immortalata in un video che era stato girato mentre svuotava la borsa davanti ai militari ad appena un giorno di distanza dall’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, di cui aveva denunciato la scomparsa.

Secondo l’accusa, Impagnatiello avrebbe tentato di avvelenare per mesi la donna, incinta del loro bimbo Thiago, somministrandole la sostanza a sua insaputa. Il 27 maggio del 2023 l’ha poi uccisa con 37 coltellate nella loro abitazione a Senago, nel Milanese, dopo che la ragazza aveva scoperto i dettagli della sua relazione parallela con una collega. Il processo a carico dell’uomo per omicidio volontario aggravato anche dalla premeditazione è in corso davanti alla Corte d’Assise di Milano.

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