Collegati con noi

In Evidenza

Cingolani: 3 mesi per calo bollette se ok a price cap

Pubblicato

del

Se l’Unione europea dara’ l’ok alle misure di contenimento del prezzo del metano alle quali lavora l’Italia, le bollette di luce e gas potrebbero scendere, ma serviranno almeno due o tre mesi. E’ la previsione del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani che sta lavorando a un “indice a forchetta” per il gas europeo, da proporre agli altri stati membri. In pratica, una nuova borsa del gas, piu’ stabile dell’attuale Ttf di Amsterdam, dove il prezzo della materia prima in un anno e’ schizzato da 5 a 340 euro al chilowattora, trascinando in alto le bollette di luce e gas di imprese e cittadini europei. La proposta italiana potrebbe essere portata gia’ venerdi’ prossimo al Consiglio europeo di Praga dal premier Mario Draghi e certamente il ministro ne ha parlato anche con la leader del Fdi, Giorgia Meloni Per Cingolani, se l’Europa approvera’ le proposte italiane, “genericamente chiamate price cap”, per vedere scendere le bollette di luce e gas “credo che nella migliore delle ipotesi ci vorranno due o tre mesi”. La nuova piattaforma dovrebbe avere una “forchetta” massima di variazione del prezzo del gas, fissata sulla base delle quotazioni delle maggiori borse mondiali dell’energia: l’Henry Hub statunitense e il Jkm dell’Estremo oriente per il metano, la Borsa del Brent londinese per il petrolio. Piazze molto piu’ grandi del Ttf di Amsterdam (che movimenta gas per appena 1-2 miliardi di euro al giorno), quindi molto meno sensibili a paure e speculazione. Il tempo stringe. Per l’ad di Eni, Claudio Descalzi, “e’ difficile essere fiduciosi per il prossimo inverno”, visto che “se i prezzi sono altissimi e lo mettiamo in un hub, il nostro gas ci sfugge”. Non solo: “Ci possono essere delle interruzioni dalla Libia o dall’Algeria. Ora stanno dando moltissimo, ma puo’ succedere”. Assoutenti calcola una stangata annua sul gas per le famiglie italiane di quasi 2.942 euro annui a partire da questo mese, se verranno confermate le previsioni di un aumento del 70% delle tariffe del metano. Cingolani ha affrontato alcuni dei temi sul tappeto del confronto. L’Italia – ha spiegato – non potrebbe mai mettere un tetto nazionale al prezzo del gas, come ha fatto la Spagna. Diversamente dal paese iberico, che non ha gasdotti verso il resto d’Europa, il nostro e’ strettamente interconnesso. Se mettessimo un tetto, il gas andrebbe in altri paesi che pagano di piu’ e l’Italia pagherebbe invece la differenza agli operatori: “Sarebbe un suicidio energetico”. Sulla Germania, che ha stanziato 200 miliardi per garantire metano a buon mercato alle imprese sul quale erano arrivate le critiche di Palazzo Chigi, il ministro ha mostrato un approccio buonista: ha fatto – ha spiegato – “esattamente quello che abbiamo fatto noi, con 66 miliardi in 12 mesi”. Tra gli impegni del ministro Cingolani c’e’ quello di favorire il passaggio di consegne al futuro governo. Il dialogo con Giorgia Meloni e’ gia’ in corso da giorni. Oggi si sono anche visti a Montecitorio. “Ci deve essere una continuita’ dell’Italia a livello internazionale, nella speranza di non perdere nemmeno un giorno nel passaggio. E devo dire che ho trovato molta recettivita’ dall’altra parte”, ha affermato. A Bruxelles, la Commissione Ue e’ concorde nel porre una qualche forma di regolazione al mercato europeo del gas. Anzi, l’intenzione comune e’ quella di avere entro l’inverno una riforma dell’indice del prezzo del metano. Questa riforma pero’ deve andare di pari passo con quella del mercato elettrico. Anche qui, nella Commissione c’e’ l’accordo sul cosiddetto “decoupling”, cioe’ sul disaccoppiamento del prezzo dell’elettricita’ prodotta con le fonti rinnovabili dal prezzo dell’elettricita’ prodotta col gas. Dove la Commissione e’ spaccata in due invece e’ sul price cap: meta’ paesi sono d’accordo, meta’ contrari. Pesa soprattutto la contrarieta’ della Germania. Berlino preferisce sussidiare il gas (grazie al suo enorme avanzo di bilancio) piuttosto che mettere limiti che potrebbero farlo fuggire verso altri mercati.

Advertisement

In Evidenza

Ayrton Senna, trent’anni dopo: un mito e una bella persona

Pubblicato

del

Scusate il ritardo ma dopo trent’anni parlare di Ayrton che non c’è più a me fa ancora male. Soprattutto non mi piace celebrare una scomparsa. Per questo arrivo solo il giorno dopo.
L’ho conosciuto che correva in Formula Ford, si chiamava Ayrton Senna da Silva ma poi ha scelto di portare solo il cognome di sua madre, di origini napoletane e l’ho seguito durante la sua carriera, mi ha regalato molti scoop emozionanti ma il giorno che è morto non ero a Imola perché avevo l’esame di subacquea. E chi se la dimentica quella giornata: ero appena uscita dall’acqua per la prova per il brevetto open, ero a Sant’Angelo, nella mia Ischia. I miei colleghi sub mi dissero: vedi che Senna ha avuto un brutto incidente. Tornai di corsa a casa di mio fratello dove stavo in quei giorni ed accesi la tv giusto quando annunciarono che Ayrton era morto. E da allora io non me la sento di vedere la Formula 1.

Senna

Ogni volta ci provo ma troppi ricordi affollano la mia mente: Ayrton che pulisce il casco mentre siamo seduti sulle gomme nella prima intervista. Che mi fa entrare mentre sta girando uno spot pubblicitario a dispetto dello sponsor. Che si concede alle mie domande per l’Europeo mentre non parla con gli altri. Che telefona con me al mio direttore di allora, Marcello Sabbatini. E quando mi offre un suo pass per entrare al GP di Francia… E l’ultima intervista quando tutti dicevano che si sarebbe ritirato… E poi ai box suo fratello, mamma Joanna, l’impegno nel sociale per aiutare i bimbi sfortunati, la pastasciutta e quel messaggio registrato per un ragazzino ricoverato in coma all’ospedale di Imola . “Ana, non lo scrivere”, mi disse allora: pudico sempre quando faceva qualcosa per aiutare gli altri. Faceva tanto bene ma non lo diceva a nessuno. Una perdita vera, non solo per l’ automobilismo (un mondo al quale stava diventando scomodo quale paladino della sicurezza) e per la sua famiglia, ma per tutti, perché era un esempio positivo. Addio, Ayrton. Trent’anni dopo, un ricordo immutato.

Continua a leggere

In Evidenza

Tennis, infortunio all’anca: Sinner si ritira dal Madrid Open

Pubblicato

del

Il mondo del tennis è stato colpito da una notizia improvvisa durante il Masters 1000 di Madrid, con il numero due delle classifiche mondiali, Jannik Sinner, costretto al ritiro a causa di un infortunio all’anca destra. Questo ha dato il via libera per la semifinale al suo avversario, il talentuoso canadese Felix Auger-Aliassime, con cui avrebbe dovuto competere domani.

Il comunicato ufficiale del torneo, pubblicato su X, ha confermato il ritiro di Sinner e ha sottolineato che il giovane talento non sarà in grado di scendere in campo per l’incontro di quarti di finale contro Auger-Aliassime. Questo evento è avvenuto pochi minuti dopo che il numero tre del mondo e due volte campione a Madrid, Carlos Alcaraz, è stato eliminato nei quarti di finale da Andrey Rublev con il punteggio di 4-6 6-3 6-2.

“È molto triste dovermi ritirare dalla mia prossima partita qui a Madrid, scrive Sinner. La mia anca mi ha dato fastidio questa settimana e sta lentamente diventando più dolorosa. Seguendo il consiglio dei medici abbiamo deciso che era meglio non giocare oltre e peggiorare la situazione”.

L’infortunio di Sinner ha gettato un’ombra sulle prossime fasi del torneo, lasciando spazio a domande sulla sua pronta guarigione e sulla sua partecipazione futura agli eventi. Nel frattempo, gli appassionati del tennis aspettano con trepidazione gli incontri che seguiranno, con Fritz e Cerundolo pronti a scendere in campo, mentre domani si svolgerà la sfida attesa tra Medvedev e Lehecka.

Questo infortunio rappresenta una delusione per i fan di Sinner, che avevano sperato di vederlo competere al massimo delle sue capacità in questo torneo di prestigio. Tuttavia, l’attenzione ora si sposta sulla sua salute e sul suo recupero, con l’auspicio che possa tornare più forte che mai sulle scene del tennis mondiale.

Continua a leggere

In Evidenza

Fini condannato a 2 anni e 8 mesi per casa a Montecarlo

Pubblicato

del

featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Una operazione immobiliare dai contorni opachi e dietro la quale, secondo il tribunale di Roma, si nascondeva una attività di riciclaggio di denaro. Dopo sette anni dalla richiesta di rinvio a giudizio arriva la sentenza di primo grado per la vicenda legata all’acquisto di un appartamento a Montecarlo, al numero 14 di Boulevard Princesse Charlotte. I giudici della quarta sezione collegiale, dopo circa due ore di camera di consiglio, hanno condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, a 5 anni la sua compagna Elisabetta Tulliani. Il tribunale ha inoltre inflitto 6 anni a Giancarlo Tulliani, 5 anni al padre Sergio e 8 anni a Rudolf Theodor Baetsen. Il tribunale ha sostanzialmente recepito l’impianto accusatorio della Procura di Roma che ai cinque muove l’accusa riciclaggio.

A Fini, che era presente in aula, i magistrati contestano “la condotta relativa all’autorizzazione alla vendita dell’appartamento” escludendo l’aggravante e riconoscendogli le attenuanti generiche. “Non ho autorizzato la vendita dell’abitazione di Montecarlo ad una società riconducibile a Giancarlo Tulliani. Quando ho dato l’ok non sapevo chi fosse l’acquirente” ha commentando l’ex presidente della Camera lasciando la cittadella giudiziaria della Capitale che ha poi aggiunto: “me ne vado più sereno di quello che si può pensare dopo 7 anni di processo. Ricordo a me stesso che per analoga vicenda una denuncia a mio carico fu archiviata dalla procura di Roma. Dopo tanto parlare, dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione da un punto di vista politico sono responsabile di cosa? Di aver autorizzato la vendita. Non mi è ben chiaro in cosa consista il reato”. La difesa dell’ex parlamentare annuncia il ricorso in appello sostenendo che il tribunale ha riconosciuto nei suoi confronti una sorta di “concorso morale” nell’attività illecita.

L’accusa prevista dall’articolo 648 bis del codice penale era l’unica fattispecie contestata nel processo dopo che nell’udienza del 29 febbraio scorso i giudici avevano dichiarato prescritta l’associazione a delinquere, reato che coinvolgeva altri imputati ma non Fini. La prescrizione era legata alla esclusione dell’aggravante della transnazionalità. Nel corso del procedimento è intervenuta anche la compagna di Fini che nel corso di brevi dichiarazioni spontanee aveva di fatto scaricato le colpe sul fratello Giancarlo.

“Ho nascosto a Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello – ha affermato visibilmente commossa la donna nel corso dell’udienza del 18 marzo scorso-. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita”. Inizialmente il processo vedeva imputate, come detto, anche altre ‘posizioni’, tra cui il ‘re delle Slot’ Francesco Corallo e il parlamentare Amedeo Laboccetta, per le quali è stata riconosciuta la prescrizione. Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda capitolina gli appartenenti all’associazione a delinquere hanno messo in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.

Gli accertamenti della Procura hanno riguardato, quindi, anche l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, finito poi nella disponibilità di Giancarlo Tulliani che attualmente vive a Dubai da latitante. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due societa’ (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani. Quest’ultimi per gli inquirenti avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, Olanda, Antille Olandesi e Principato di Monaco.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto