Anche se nei giorni scorsi sono arrivate le piogge e la neve che ha imbiancato gli Appennini, la crisi idrica, soprattutto al nord, rimane drammatica. Il rischio è che l’estate del 2023 sia ancora peggiore, da questo punto di vista, di quella già pesante del 2022, con tutte le conseguenze del caso: dall’agricoltura alla produzione di energia idroelettrica, dalla minaccia per gli ecosistemi alla scarsità di acqua per scopi alimentari.
Il riscaldamento globale mostra così i propri effetti, con il rovescio della medaglia dell’aumento del rischio alluvioni al centro-sud. L’allarme viene rilanciato dal report settimanale dell’Associazione dei consorzi di bonifica che parla ormai di una crisi endemica al nord, della quale la situazione del Po è lo specchio: il grande fiume è infatti ben al di sotto della media storica di portata di questo periodo. La situazione, insomma, è peggiore di quella già allarmante del gennaio dell’anno scorso, con le piogge e le nevicate delle ultime settimane che hanno portato un sollievo assolutamente insufficiente. “È necessario – ribadisce Pier Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi – creare infrastrutture per garantire omogenee riserve idriche al Paese, pena l’abbandono di qualsiasi prospettiva di autosufficienza alimentare”. Il rischio, cioè, è che nella prossima estate le aree dove sarà necessario l’intervento delle autobotti siano più estese della scorsa. Il Po a Torino, ad esempio, ha un deficit che si attesta attorno al 50%, ma in altre stazioni di rilevamento supera l’80%, prolungando tale condizione anche in Lombardia ed Emilia Romagna dove, a Piacenza, registra nuovi minimi storici.
“La critica condizione idrica del fiume Po – dice Vincenzi – si trascina da dicembre 2020 e condiziona l’economia agricola, nonché l’agroalimentare della principale food valley italiana e riconosciuta eccellenza mondiale: la Pianura Padana”. A Piacenza il Consorzio di Bonifica ha già raccomandato alle imprese agricole la massima prudenza nella programmazione dei piani colturali, soprattutto se non hanno a disposizione pozzi o vasche. La crisi della siccità del nord si vede anche dagli altri fiumi e dai grandi laghi, tutti abbondantemente sotto media. Al centro-sud, dalle Marche alla Campania, la situazione è invece critica per il verso opposto: nelle ultime settimane ci sono stati exploit pluviometrici e bombe d’acqua che hanno gonfiato la portata dei fiumi facendo salire la preoccupazione per le alluvioni. “A questa crisi – dice il dg dell’Anbi Massimo Gargano – si può dare risposta solo attraverso investimenti multifunzionali. I progetti per invasi, laghetti e bacini di espansione, previsti dai Consorzi di bonifica ed in attesa di finanziamento, rispondono a questa esigenza, contenendo l’acqua in eccesso per utilizzarla nei momenti di bisogno”.