Una due giorni di commemorazione per i 14 anni della strage di Castel Volturno (Caserta), che vide il 18 settembre 2008 la morte innocente di sei ghanesi uccisi dai kalashnikov del gruppo camorristico del Clan dei Casalesi guidato da Giuseppe Setola. Le vittime era Ibrahim Alhaji, Karim Yakubu , Kwame Antwi Julius Francis, Justice Sonny Abu, Eric Affun Yeboa , Kwadwo Owusu Wiafe; c’era anche Joseph Aymbora, che fu l’unico sopravvissuto, il quale ferito alla gamba si finse morto e fu il testimone chiave del processo che condanno’ gli assassini all’ergastolo. Morto per cause naturali nel 2012, gli venne riconosciuta la medaglia al valor civile. La due giorni di commemorazioni e’ organizzata dalla rete “Castel Volturno Solidale” formata da Movimento migranti e rifugiati di Caserta, CentroSociale Ex Canapificio, Centro Fernandes, Caritas Capua, Caritas Caserta, Missionari Comboniani, Emergency, Associazione Black&White. Il programma prevede oggi alla Parrocchia S. Maria dell’Aiuto, al Centro Fernandes di Castel Volturno, l’Eucarestia con i migranti e i rifugiati in memoria delle vittime della strage e per la pace in Ucraina e nel mondo. Domani 19 settembre (dalle 9 alle 11), previsto il “Gioco senza frontiere” con 70 studenti della scuola Garibaldi: un gioco di ruolo attraverso il quale i ragazzi e le ragazze scopriranno chi erano le vittime, i loro nomi, le loro speranze e qual era la loro vita come migranti a Castel Volturno. Alle 12, sul luogo della strage (Ischitella – Domiziana, Km 43), ci sara’ la preghiera interreligiosa e l’omaggio floreale sotto la scultura che ricorda le vittime della strage. Nelle scorse settimane, sacerdoti, pastori protestanti e imam che operano a Castel Volturno si sono incontrati ed hanno scritto insieme una lettera intitolata “quel sangue non muore”, in memoria delle vittime della strage e per la convivialita’ tra i popoli, ed una preghiera che verra’ recitata nelle loro chiese e moschee, che invita tutti ad essere strumenti di giustizia e a fare in modo che “dove c’e’ esclusione fiorisca la fraternita’, e dove c’e’ ingordigia prosperi la condivisione”
La gestione dei parcheggi dello stadio di San Siro si sarebbe trasformata, da oltre un decennio, in un sistema illecito basato su estorsioni, usura e corruzione, con ramificazioni che arrivano fino alla criminalità organizzata. È quanto emerge dal nuovo filone dell’inchiesta “Doppia Curva”, coordinato dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Milano Paolo Storari, Sara Ombra e Leonardo Lesti.
Mauro Russo e i parcheggi “gestiti con modalità estorsive”
Al centro dell’indagine Mauro Russo, ex volto noto della curva Nord interista ed ex socio, in affari di abbigliamento, con Paolo Maldini e Bobo Vieri (entrambi estranei all’inchiesta). Secondo la Procura, Russo avrebbe gestito il business dei parcheggi a San Siro in maniera illecita e con metodi tipicamente mafiosi. Una gestione che andrebbe avanti da oltre dieci anni, si legge nella richiesta di misura cautelare firmata dai magistrati.
Arresti e accuse: estorsione, usura, false fatture
Sette le persone arrestate ieri su ordine del gip Domenico Santoro, tra cui Davide Scarfone, ritenuto vicino ad Antonio Bellocco, appartenente all’omonima cosca di ‘ndrangheta e inserito nel direttivo della curva Nord fino al suo omicidio, avvenuto a settembre per mano del capo ultrà Andrea Beretta, oggi collaboratore di giustizia.
Tra le accuse, anche l’utilizzo di fatture false e minacce per riscuotere interessi usurari, anche dopo la morte di Bellocco. I pm sottolineano come, nonostante gli arresti e le indagini in corso, i sodali del clan abbiano continuato a esercitare pressione su un imprenditore debitore.
Il ruolo di Aldo Russo e i legami con il mondo Milan
Emergono anche i legami tra Aldo Russo (non indagato), fratello di Mauro e cognato di Paolo Maldini, e la capacità di quest’ultimo di introdurre l’imprenditore dei parcheggi Gherardo Zaccagni nel mondo Snai e nei vertici societari del Milan.
Mauro Russo, intanto, è ai domiciliari e sarà interrogato venerdì. Domani toccherà agli indagati detenuti in carcere, tra cui lo stesso Scarfone.
La Dda sottolinea anche che Russo è indagato in un’altra inchiesta, di recente chiusa, per corruzione tra privati, e che la sua attività imprenditoriale sembra poggiare su “episodi estorsivi e corruttivi”.
Sophie Codegoni, 23 anni, influencer da oltre un milione di follower e volto noto del Grande Fratello Vip, racconta per la prima volta con dolore e coraggio il suo calvario. Una storia di violenza psicologica, controllo ossessivo e minacce che l’ha portata a denunciare l’ex compagno Alessandro Basciano, oggi indagato per stalking aggravato.
Un amore nato sotto i riflettori, finito nel terrore
«Tante volte ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare di denunciare? È tostissimo. So di aver fatto la cosa giusta, ma sto vivendo un inferno», dice Sophie tra le lacrime. La relazione con Basciano era nata nel 2021 all’interno della casa del GF Vip. Lei aveva 19 anni, lui 31. Dopo il reality, la convivenza a Roma e la nascita della figlia Celine Blue sembravano coronare una storia d’amore. Ma dietro la facciata, si nascondeva un incubo.
La denuncia e il dispositivo anti-stalker
«A dicembre 2023 ho ricevuto l’orologio anti-stalker dai carabinieri. Basta un tasto e arrivano le pattuglie», racconta. Prima, Sophie aveva persino assunto una guardia del corpo per tutelarsi. Ma il vero spartiacque è arrivato con la decisione di tornare dalla sua famiglia, dopo aver scoperto numerosi tradimenti.
Da lì, minacce continue: «Ovunque andassi, lui lo sapeva. Mi scriveva: “Put***, ti tolgo la bambina”». E quando tentava di allontanarsi, le rispondeva con messaggi in cui minacciava il suicidio. Fino all’episodio culminante: «Ha aggredito i miei amici, ha spaccato la loro macchina, poi mi ha chiamata dicendo che avrebbe ammazzato anche me». È stato allora che Sophie ha sporto una seconda denuncia.
Le misure del giudice: divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico
Il 30 aprile 2025 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto per Basciano di avvicinarsi a meno di 500 metri da Sophie e dalla figlia, e gli ha imposto il braccialetto elettronico. L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma le prove raccolte — comprese tre anni di chat fornite da Sophie — hanno mostrato, secondo la Procura, un quadro «più infernale di quanto sembrava».
La solitudine dopo la denuncia
Nonostante le misure di protezione, Sophie si dice distrutta: «Mi sento svuotata, piango sempre. Devo mostrarmi forte per mia figlia e per il mio lavoro, ma ogni parola è una ferita». Dopo la scarcerazione di Basciano nel novembre scorso, Sophie ha sentito su di sé lo sguardo del sospetto: «È stato durissimo. Ma ora ho trovato la forza di parlare».
Un messaggio alle donne
«Non ero più io, non sono più io», confessa. Il percorso è ancora lungo, ma Sophie Codegoni — con il sostegno dell’avvocata Jessica Bertolina — ha deciso di non rimanere in silenzio. Una testimonianza potente, che contribuisce a rompere il muro dell’indifferenza e dell’incredulità intorno alla violenza domestica.
Il gip ha archiviato l’indagine sull’aggressione al personal trainer Cristiano Iovino, avvenuta nell’aprile 2024, scagionando definitivamente il rapper Fedez. Lo ha reso noto la Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione per assenza di prove a sostegno dell’ipotesi di una rissa.
Nessuna prova, niente rissa
Secondo quanto stabilito dal giudice, non esistono elementi sufficienti a sostenere l’accusa, e la vicenda non può essere qualificata come una rissa, né tantomeno attribuita con certezza a responsabilità personali del cantante.
Il personal trainer Cristiano Iovino non aveva presentato querela e aveva accettato una transazione economica da 10 mila euro, chiudendo così la vicenda in sede civile.
La reazione della difesa
Soddisfatti gli avvocati di Fedez, Gabriele Minniti e Andrea Pietro-lucci, che in una nota dichiarano: «Viene finalmente esclusa ogni responsabilità del nostro assistito. È la miglior risposta al pesante processo mediatico a cui è stato sottoposto da un anno».
Con questa decisione si chiude ufficialmente un capitolo controverso che ha coinvolto il nome dell’artista per mesi, oggetto di speculazioni e attenzione mediatica, senza che vi fosse mai stata una denuncia da parte della persona coinvolta.