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Draghi apre sui salari ma avverte, ora basta ultimatum o andiamo tutti a casa

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Mario Draghi apre ai 5 stelle sul salario minimo, rilancia il patto sociale con i sindacati e annuncia un nuovo decreto corposo entro fine mese per far fronte alle “urgenze” sociali ed economiche del Paese. Ma avverte: il governo esiste per poter lavorare, “con gli ultimatum perde il suo senso”. L’occasione per fare il punto sulla tensioni nella maggioranza e sulla tenuta dell’esecutivo e’ una conferenza convocata dopo l’attesissimo incontro con i sindacati. L’ipotesi che i pentastellati giovedi’ escano dall’Aula del Senato quando sara’ votata la fiducia sul dl aiuti, agita lo spettro della crisi. E il presidente del Consiglio, alla domanda se sia pronto a ripresentarsi alla Camere, nel caso dell’uscita del Movimento, per verificare se sussista ancora una maggioranza, risponde: “Chiedete al presidente Mattarella, io ho gia’ detto che per me non c’e’ un governo senza 5s e non c’e’ un governo Draghi altro che l’attuale”. L’estrema sintesi del ragionamento del premier e’ questa: “Se il governo riesce a lavorare si va avanti, altrimenti no”. Per ora, chiarisce, l’esecutivo “ha affrontato abbastanza bene questa situazione di fibrillazione” perche’ “continua a lavorare”. Poi lancia un messaggio chiarissimo, che sembra rivolto anche alla Lega: “Parlo a tanti altri che dicono che a settembre faranno sfracelli, che minacciano cose terribili. Il governo non lavora con gli ultimatum. Se si ha la sensazione che sia una sofferenza stare in questo governo, bisogna essere chiari”. La risposta di Matteo Salvini non tarda ad arrivare: “Da un anno e mezzo siamo responsabili e leali. Io lascio agli altri gli strappi. Noi non mandiamo le letterine di Babbo Natale come qualcuno aspettando che succeda qualcosa”. L’ipotesi che giovedi’ i 5 stelle optino per il non voto sulla fiducia a Palazzo Madama non e’ affatto sfumata, anzi. Draghi sceglie di non sbilanciarsi su cosa fara’ in questo caso. Ma e’ possibile che l’argomento sia stato affrontato con Enrico Letta, che il capo del governo vede nel pomeriggio a Palazzo Chigi. Il segretario del Pd riunira’ la congiunta dei parlamentari dem. E sempre nella stessa giornata, ma alle 8.30 del mattino, e’ convocato anche un Consiglio nazionale del M5s in cui Giuseppe Conte illustrera’ la sua posizione sulle misure annunciate da Draghi. Il ruolo che ‘l’avvocato del popolo’ giochera’ all’interno del Movimento, a forte rischio spaccatura, sara’ fondamentale. Intanto, dalle parole del ministro pentastellato Stefano Patuanelli trapela ottimismo: “Penso che saro’ ministro stasera, ma anche domani e dopodomani”. Le parole di Draghi sul documento in nove punti presentato da Conte aprono al M5s: “Molti i punti di convergenza” con l’agenda di governo. Sul salario minimo, uno dei cavalli di battaglia del Movimento, il premier spiega che intende muoversi sulla scia della direttiva approvata oggi a livello europeo. Un annuncio che non passa inosservato in ambienti pentastellati. Il governo, nella riunione mattutina a cui prendono parte anche quattro ministri (Orlando del PD, Giorgetti della Lega, Brunetta di FI e Patuanelli del M5s) propone ai sindacati di aprire tavoli sul cuneo fiscale, lotta alla precarieta’ e salario minimo. La Cisl parla di una svolta “forse decisiva” nei rapporti con le parti sociali, la Cgil apprezza il cambio di metodo ma aspetta risposte concrete anche sulle pensioni. Sulla richiesta di scostamento arrivata tanto dal M5s quanto dalla Lega, il capo del governo resta fermo: “Al momento non e’ necessario”. “Ci sara’ un intervento prima della fine di luglio che riguardera’ mezzi e strumenti per mitigare gli effetti dell’aumento del prezzo dell’energia – dice Draghi -. Le aree sono simili a quelle gia’ trattate in passate: bollette, accise, ma anche interventi proporzionati alla ricchezza e al reddito dell’individuo. La determinazione del governo ad aiutare le famiglie in questo momento difficile c’e'”. La situazione delle imprese sara’ affrontata in un nuovo incontro del premier anche con il mondo imprenditoriale, a partire da Confindustria.

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Meloni contro Report, per l’Usigrai è “editto albanese”

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“Aiutatemi a mandare a Edi Rama la nostra solidarietà per venire linciati solo per avere tentato di aiutare la nostra nazione”, dice Giorgia Meloni attaccando Report, il programma su Rai3 di Sigfrido Ranucci che è dal giorni al centro di una polemica con il premier albanese. La presidente del consiglio parla dal palco di Fdi di Pescara, spiegando che “addirittura Telemeloni, ce l’avete presente no, Telemeloni? Ha confezionato un servizio sull’Albania in cui si dipingeva come un narcostato”.

Se Ranucci posta subito il suo intervento e replica, Usigrai parla di ”editto albanese”, il presidente Fnsi Vittorio Di Trapani lo difende in nome della libertà di stampa, solidarietà a Report anche dai componenti della Commissione di vigilanza del Pd che scrivono: ”per Meloni ogni voce fuori dalla propaganda di palazzo Chigi è un attacco alla sua leadership. Invece di spiegare agli italiani lo spreco immane di risorse per l’accordo Italia-Albania se la prende con il servizio pubblico”. ”Il presidente Giorgia Meloni dal palco di Fratelli d’Italia a Pescara ha commentato il servizio “(HOT)SPOT albanese di Giorgio Mottola”, scrive Sigfrido Ranucci su Facebook .

”La Meloni – aggiunge – ha invitato a dare solidarietà a Rama. Ma ci sono i sondaggi in Albania che mostrano che il popolo albanese, in percentuali tra il 60% e l’80% crede più a quanto riportato da Report, che alla versione di Rama. Torneremo sul tema questa sera con un servizio che indagherà gli scarsi risultati del decreto Cutro fino ad ora. Con documenti esclusivi racconteremo invece come alcuni esponenti di primo piano del governo abbiano sfruttato a proprio vantaggio i depistaggi sulle ong alla base di alcune inchieste giudiziarie”. ”Altro che difesa dell’informazione di Servizio Pubblico, del giornalismo di inchiesta! Dalle parole che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dedicato oggi da Pescara al programma di approfondimento giornalistico della Rai è chiaro che questo va fermato. Dopo l’editto Bulgaro siamo ora a quello Albanese”.

Lo scrive l’Usigrai in una nota. ”Il governo della sovranità alimentare, del made in italy e del sovranismo, improvvisamente diventa esterofilo quando si tratta di unirsi al linciaggio del giornalismo d’inchiesta e della libertà di stampa. Io invece sto con la libertà di @reportrai3”,scrive il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani su X. Mentre per il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli ”La premier vuole manipolare la realtà attaccando anche il giornalismo d’inchiesta, come nel caso di Report, e dà solidarietà al premier Rama senza rispondere nel merito. Povera democrazia e povera Italia, governata da chi vede il mondo con i paraocchi”.

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Europee, Meloni si candida: scrivete Giorgia sulla scheda, sono una del popolo

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Il colpo di teatro arriva solo alla fine: perché la candidatura in tutte le circoscrizioni era oramai più che scontata ma lei chiede anche di scrivere sulla scheda “solo Giorgia, il mio nome di battesimo” perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo”. Lo dice Giorgia Meloni dopo quasi un’ora di comizio, tra una battuta e l’altra pure sulle sue condizioni, “sull’ottovolante” per gli otoliti. Lanciando non solo la campagna elettorale di Fratelli d’Italia per le europee ma anche la sfida a pesare il suo consenso personale, dopo un anno e mezzo alla guida del governo.

La premier dal palco vista mare di Pescara chiama il suo popolo al plebiscito su di sé (‘Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la dicitura sulla lista che consentirà di indicare come preferenza solo il nome) mentre in platea la ascoltano “l’alleato fedele” Antonio Tajani, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi. Matteo Salvini, come annunciato all’ultimo, non c’è e fa solo una comparsata, collegato per strada, da Milano. “Ci ha preferito il ponte”, dice lei a metà tra lo scherzo e la punzecchiatura. Per poi infilarsi in 73 minuti di discorso in cui ripercorre la storia di Fratelli d’Italia, ricordando che alle scorse europee “mancammo di pochissimo il quorum del 4%” mentre ora il partito punta almeno a confermare quel 26% conquistato il 22 settembre scorso, che ha portato la destra al governo.

Ora, è l’Europa a essere “a un bivio” e tutti “devono essere pronti a fare la loro parte” sprona parlamentari e militanti la premier, che è anche presidente di Fdi e di Ecr, quei conservatori europei che, è convinta, saranno “strategici e fondamentali” nella prossima legislatura Ue. L’impresa, “difficile ma non impossibile”, per Meloni, è quella di replicare a Bruxelles “il modello italiano” di una “maggioranza che metta insieme le forze del centrodestra” per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue”. “Mai con la sinistra” è il mantra, che serve a spazzare via, almeno per ora, le ipotesi di cedimenti dopo il voto, quando ci sarà da sedersi al tavolo delle trattative per i nuovi vertici europei.

Anche perché – è il concetto che ripete da inizio anno la Meloni – un conto sono gli accordi per la Commissione, altro è una maggioranza stabile al Parlamento europeo. Intanto, archiviata la conferenza programmatica (quello che ironicamente anche nel ‘fantacongresso’ che circola tra i Fratelli d’Italia viene definito il ‘Giorgia beach party”, che dava parecchi punti in classifica a chi lo pronunciava) ora “c’è la campagna elettorale”. E i dirigenti del partito già hanno iniziato a organizzare i prossimi appuntamenti. Non essendo “la leader del Pd so che il partito mi aiuterà”, ha detto Meloni lanciando una delle tante stilettate a Elly Schlein, cui tuttavia dà il ruolo di avversaria.

E se “Giorgia”, come ha detto lei stessa dal palco, in giro andrà poco perché vuole restare concentrata sull’attività di governo, toccherà alla sorella, Arianna Meloni, uscire di più dalle retrovie di qui al voto dell’8 e 9 giugno (un appuntamento per la responsabile della segreteria e delle tessere sarà quasi sicuramente al Sud, in Salento). Per il resto la premier sfodera il classico armamentario da comizio, attacca Schlein chiamandola direttamente per nome ma anche il Movimento 5 Stelle quando parla del Superbonus come della “più grande patrimoniale al contrario” fatta in Italia. E poi la natalità che deve diventare centrale, la difesa delle origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, il cambio di passo già impresso a Bruxelles sulle politiche green, sull’auto, sui migranti. E l’ennesima difesa di Edi Rama (e un attacco a Report) “linciato da quella che poi chiamano Telemeloni, solo perché ha aiutato l’Italia”.

Alla fine il saluto con Ignazio La Russa (che si è perso l’Inter per sentire la premier ma ha la partita “registrata” e poi corre a vedersi il secondo tempo) e niente pranzo sul lungomare, dove pure la aspettavano. Non sta bene, sempre gli otoliti, dicono i suoi. “Se mi vedete sbandare – scherza lei dal palco – non vi preoccupate, cerco di stare ferma e ce la faccio”. Prima della frase più attesa: “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fdi in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo….”.

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Politica

Fitto: dal 2020 sprecati 300 miliardi in bonus e superbonus

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“Cosa è stato fatto dal 2020 ad oggi con la sospensione del patto di stabilità?” che ha permesso di aumentare la spesa pubblica. Nel 2019 l’Italia ha speso 810 miliardi, nel 2022, fuori dal Patto di stabilità ne ha spesi 1.084 miliardi. “Sono circa 300 miliardi di euro in più. Dove sono andati? Cosa è stato fatto? Si sono fatti investimenti strutturali? Intelligenti? Che hanno cambiato la prospettiva del nostro Paese?. No sono andati tutti in bonus e superbonus che hanno aumentato il debito e che non hanno inciso in nessun modo sullo sviluppo e la crescita del Paese”. Lo ha detto il Ministro degli Affari Europei, del Sud, della Coesione e del Pnrr Raffaele Fitto alla Conferenza Programmatica di Fdi a Pescara.

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