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Incursioni di jet russi e cinesi durante summit con Biden

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Sei bombardieri strategici cinesi e russi hanno condotto manovre congiunte sulle acque vicino al Giappone in quella che il ministro della Difesa nipponico Nobuo Kishi ha definito “un atto dimostrativo” contro il vertice del Quad tenutosi a Tokyo. Mentre i leader i leader di Giappone, Stati Uniti, Australia e India condannavano qualsiasi cambio di status quo nell’Indo-Pacifico con l’uso della forza (come per Taiwan) e il presidente Joe Biden parlava ai partner asiatici della guerra in Ucraina causata da Mosca come “di un problema globale”, Cina e Russia, i due “partner senza limiti”, hanno fatto volare i loro jet sul mar del Giappone, sul mar Cinese orientale e sul Pacifico in una prova di forza e di capacita’ interoperativa portata avanti dalla mattina al pomeriggio. L’esercitazione militare “vicino alla nostra nazione durante l’incontro dei leader dei quattro Paesi doveva essere una risposta” contro il Giappone, ha aggiunto Kishi, ma “non possiamo ignorare” l’atto perche’ la Cina ha fatto una mossa congiunta con “la Russia, Paese aggressore, in una fase in cui la comunita’ internazionale ha risposto all’attacco russo all’Ucraina”. Nel vertice Quad, i premier nipponico Kishida, indiano Modi e australiano Albanese, e il presidente Usa Biden hanno affermato “il coordinamento per promuovere un Indo-Pacifico libero e aperto”, a favore di una visione di contrasto al crescente peso della Cina che, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, potrebbe essere incoraggiata a mosse assertive su Taiwan, centro cruciale per la produzione mondiale dei microprocessori, e altri punti di crisi nella regione. I leader del quartetto si sono trattenuti, nella dichiarazione finale, dalla condanna unanime della Russia e dalla chiamata in causa di Pechino sull’isola che considera parte del suo territorio da riunificare anche con la forza, se necessario. La Cina ha tuonato contro i commenti del presidente americano che lunedi’ aveva detto che gli Usa sarebbero intervenuti militarmente a difesa di Taiwan se attaccata. Biden, ha precisato oggi che la linea americana non e’ cambiata, ma da Pechino e’ arrivato un altro durissimo monito.

“Vorrei ricordare agli Usa che non c’e’ forza al mondo, compresi gli Usa, che possa fermare il popolo cinese dalla completa riunificazione nazionale. Non c’e’ forza al mondo, compresi gli Usa, che possa salvare il destino delle forze indipendentiste di Taiwan dal fallimento”, ha detto il portavoce del ministero Esteri cinese Wang Wenbin. Che ha lanciato un pesante avvertimento: “Consigliamo agli Usa di ascoltare una famosa vecchia canzone cinese. Canta: quando arriva un amico, c’e’ del buon vino. Se arriva lo sciacallo, c’e’ un fucile per salutarlo”. I leader del Quad hanno citato la denuclearizzazione della penisola coreana, la crisi in Myanmar e il terrorismo tra i grandi temi regionali, insieme alle turbolenze nel mar Cinese meridionale e orientale nella nota finale. Pur non essendo una alleanza formale, il Quad e’ una spina nel fianco per Pechino, che la considera “una piccola cerchia” che punta all’egemonia regionale come una ‘Nato del Pacifico’. I quattro leader si sono impegnati a investire oltre 50 miliardi di dollari in assistenza alle infrastrutture nei prossimi cinque anni, svelando un’iniziativa marittima per aiutare i Paesi della regione a monitorare le attivita’ di pesca illegale (e altro) al largo delle loro coste. Intanto, dal 26 maggio al 4 giugno, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi sara’ in visita in otto Paesi regionali, di cui 7 del Pacifico meridionale, a partire dalle Isole Salomone, con cui Pechino ha stretto ad aprile un accordo sulla sicurezza che ha allarmato Usa e Australia per la possibilita’ che il Dragone costruisca basi militari a soli duemila chilometri dalle coste di Canberra. Biden torna negli Usa dopo il suo primo viaggio in Asia, sapendo di aver rafforzato i legami con gli alleati storici Corea del Sud e Giappone, e che la competizione per il controllo dell’Indo-Pacifico sara’ aspra e lunga.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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Sconosciuti uccidono sette giovani nel sud dell’Ecuador

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Sette giovani, che la polizia sospetta facessero parte di una banda dedita al furto di veicoli, sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco da sconosciuti a Petrillo, località del sud dell’Ecuador. Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto, riferisce il portale di notizie Primicias, sei dei giovani, tutti fra i 15 e i 21 anni, sarebbero caduti in un’imboscata mentre stavano riportando una moto rubata al proprietario per incassare il riscatto. Il cadavere di un settimo giovane è poi stato ritrovato ore dopo poco lontano dal luogo del massacro. Gli inquirenti hanno comunicato che praticamente tutte le vittime avevano precedenti penali per furti di vario genere, ed in particolare di veicoli, formulando l’ipotesi che le persone che hanno sparato da un’auto sarebbero membri di una banda rivale o residenti del luogo stanchi delle ripetute estorsioni.

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