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Ambiente

Una giornata della Terra molto triste all’ombra del conflitto russo-ucraino

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Se ne è parlato poco, nel segno di un benaltrismo non dichiarato ma del tutto evidente nella sua morsa cieca e persino irriflessa. La giornata della Terra si è svolta in tono minore. Le evocazioni scientifiche hanno riproposto lo stanco catastrofismo del “se non ci fermiamo in tempo moriremo tutti”, muovendoci nella forbice di un riscaldamento climatico che vola verso 1,5-2°.

La verità è che le retoriche del “vogliamo bene alla terra” non bastano neppure a se stesse, ormai. Gli scienziati dell’ONU che monitorano le caratteristiche del clima e cercano di prevederne l’evoluzione con modelli matematici, fanno un discorso tecnicamente sorvegliato, ma del tutto autoreferenziale. La scienza sembra disconnessa dalla realtà, le sue produzioni discorsive non paiono più in grado di parlare alla gente: neppure quando mostrano il ritiro dei ghiacci sul Kilimangiaro, come nel “doodle” di Google di ieri.

Climate Change. Il cambiamento climatico inesorabile avanza con la desertificazione in molte aree della Terra

E dunque, se “l’amore per la natura” è una parola vuota e il “riscaldamento climatico” è una retorica scientifica, di che parliamo? Eh sì, devo dirvelo: parliamo di ciò di cui non si può parlare. Parliamo di “Laudato si“, la potente enciclica di Papa Francesco, e diciamo quel che non si può dire: è cioè che la transizione ecologica è un fatto politico. Non tecnologico e neppure economico: dico “politico”, esattamente nel senso plurimo, articolato ed impietoso attraverso cui la lingua inglese ci consegna l’intelligenza di questa parola antica, abusata, irrisolta: politica. 

  • 1. E perciò politica come polity, vale a dire quel che siamo in rapporto a quel che vogliamo essere. Le grandi visioni di un futuro istituzionale per una globalizzazione oggi squassata da forze selvagge che deve trovare una sua “sovranità governamentale”, la sua “governamentalità” per usare il linguaggio di M. Foucault.
  • 2. Quindi politica come politics, capacità di pensare programmi a dieci anni, a venti anni, dotandoli di una “governance” che ne garantisca il dinamismo adattativo in un mondo che cambia velocemente, senza che se ne tradiscano i principi ispiratori.
  • 3. Infine politica come policy, cioè cultura di government, decisa a proscrivere la “sub-cultura degli emendamenti” con una ferma attitudine ad eseguire i programmi con competenza, presto e bene. E proteggendoli da maggioranze mutevoli disposte a barattare il bene comune con qualche effimero interesse di parte.

Ho parlato di benaltrismo, prima. Insopportabile. Perché qui non si tratta di “ben altro” a cui dovrebbero piegarsi i motivi di una decente “giornata della Terra”. Ben altro, invece, è esattamente ciò da cui il benaltrismo vorrebbe distoglierci.

Nato. Consiglio di guerra per i Paesi dell’Alleanza Atlantica

E diciamolo senza troppi giri di parole: il nemico primario e assolutamente letale della Terra ieri era e oggi purtroppo resta il conflitto russo-ucraino. E non solo perché mantiene aperta e quanto mai reale l’incombenza di una distruzione del Pianeta per via di una terza guerra mondiale di stampo nucleare: ipotesi di fronte a cui ci appaiono sempre più come puri vaneggiamenti le posizioni del quadrumvirato oltranzisti Presidenza americana-Presidenza ucraina-Premierato britannico-Segreteria generale della NATO. Per questo, ma non solo per questo. Di fatto questa guerra e già mondiale, e nella sua dimensione globalizzata viene combattuta ad oggi, volendo dare un ordine di grandezza, per 9/10 con armi che non sono da fuoco (né ovviamente atomiche). Sono armi eterogenee, sulle quali prevalgono quelle mediali e quelle sanzionatorie. Svolgono ruoli diversi, ma sono strettamente intrecciate. Le seconde non potrebbero sopravvivere senza le prime: e quindi le sanzioni non potrebbero durare, e men che mai trovare le vie di sviluppo che stanno trovando, senza epimedia. Senza cioè l’appoggio di una sorta di mainstream comunicativo che fabbrica ed impone i canoni narrativi del conflitto.

L’Europa. Le istituzioni europee sono impegnate a liberarsi dalla dipendenza energetica russa e a trovare nuove fonti

L’imponente embargo decretato unilateralmente contro la Russia dagli Stati Uniti –seguito a ruota dall’UE ed altri Paesi “Occidentali” che si trovano nel Mari del Sud o in Estremo Oriente- non ha prodotto sinora grandi risultati, come era largamente prevedibile. Il nocciolo della questione è uno e uno solo: l’Europa continuerà ad importare materiali e prodotti energetici russi? La questione è fondamentale per lo sviluppo europeo, particolarmente per Germania e Italia, prima e terza economia dell’Unione. Tra rialzo delle bollette, interi settori in crisi, comparti floridi penalizzati dai costi dell’energia si annunciano cadute del PIL, disoccupazione in crescita, inflazione in ascesa libera. Tutti conticini nostri, tutte ”cartuscelle” in rosso le quali non riguardano gli USA, che pure seguiamo nei loro propositi bellicisti come si trattasse del nostro pifferaio magico.  

Antonio Guterres. Il segretario generale dell’Onu nel giorno della Terra si è occupato della guerra Ucraina/Russia

La questione è altresì cruciale per la Terra, giacché tutte le progettazioni di lungo e medio periodo in termini di transizione ecologica –e quindi di decarbonizzazione- si basano sulle “condizioni date”. Se tu cambi le “condizioni date”, e quindi non importi più il gas russo (che copre il 40% del fabbisogno energetico italiano e oltre la metà di quello tedesco) tutto, ma proprio tutto quel che avevi progettato e immaginavi di poter realizzare va a carte quarantotto. E’ così che, come energia alternativa, fa la sua ricomparsa il nucleare nel discorso pubblico. E’ così che il nostro Presidente del Consiglio, che prima aveva frequentato solo i familiari Palazzi di Bruxelles e di Washington, mette piede ad Algeri per aumentare le forniture di gas di quel Paese in vista di un’eventuale riduzione del gas putiniano. E’ così che si torna a parlare senza imbarazzo di trivellazioni nel Belpaese. E’ così che, presente il Ministro degli esteri, il nostro Ministro della transizione ecologica, raggiungendo vertici da teatro dell’assurdo, va a siglare accordi con l’Angola e il Congo sempre per le forniture di gas sostitutivo. Ed è così, infine, che generosamente Washington ci spinge a chiudere i rubinetti moscoviti, offrendoci approvvigionamenti sostitutivi americani che costano il 50% il più di quelli russi.

Insomma, chi si occupa più della crisi climatica? C’è “ben altro” a cui pensare, si capisce. Solo che, ecco, “ben altro”, la guerra, è proprio il nocciolo di cui parliamo, la distruzione del Pianeta. La logica dell’emergenza riprende il sopravvento su quella della progettazione. La Terra può attendere.                   

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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Procida, la Corricella sulla copertina di Lonely Planet

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Una bellissima foto della Marina Corricella, il suggestivo e policromo borgo dei pescatori dell’isola di Procida, è sulla copertina della guida Lonely Planet nella edizione dedicata al Sud Italia appena pubblicata. L’immagine dall’alto dell’anfiteatro di case dipinte di mille colori che si affaccia sul Tirreno è stata scelta dai curatori della guida tustistica più famosa del mondo per rappresentare esaustivamente “Il sud essenziale e sbiancato dal sole dell’Italia è il paese nella sua forma più antica, piena di sentimento e sensuale. Quaggiù le rovine sono più antiche, i pranzi più lunghi, i paesaggi più selvaggi e intensi”. La copertina di Lonely Planet arriva pochi giorni dopo l’annuncio che, sempre la Corricella, è stata scelta dalla Accademia Europea del Cinema presieduta da Juliette Binoche, tra gli otto nuovi “Tesori della cultura cinematografica europea”, luoghi simbolici per il cinema del nostro continente e da preservare per le generazioni a venire.

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Avvistata in Italia una nuova specie di uccelli

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Piccoli migratori con piumaggio fra il marrone e il grigio, finora mai visti in Italia, sono stati avvistati per la prima volta in Campania. Si allunga così l’elenco delle specie di uccelli presenti nel nostro Paese- Il risultato. annunciato in occasione della Giornata della Terra, è pubblicato sulla rivista Dutch Birding da Marco del Bene, Alessia Addeo e Rosario Balestrieri ,della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. La specie avvistata per la prima volta in Italia si chiama Monachella dal cappuccio (Oenanthe monacha) ed è stata vista durante rilievi ambientali nei pressi di Bacoli (Napoli), il 24 maggio 2023. Per Balestrieri è la “prima testimonianza del passaggio della specie nel Mediterraneo Centrale”. Finora, infatti, la Monachella dal cappuccio era nota in Egitto, Israele, Penisola Arabica e Pakistan.

“L’esemplare osservato a Bacoli – dicono i ricercatori – si trovava su un muro di contenimento degli argini di un canale, vicino al mare. Presentava un piumaggio marrone camoscio/grigio chiaro, con coda marrone, sottocoda camoscio e timoniere scure”. La scoperta, osservano ancora i ricercatori, sottolinea l’importanza di monitorare costantemente la biodiversità e proteggere gli ambienti che l’accolgono, ma anche l’importanza di documentare quel che si vede e di confrontarsi fra specialisti del settore”. Del Bene rileva che si conferma “l’importanza dei monitoraggi ai fini della conservazione e gestione delle specie” e per Addeo questa scoperta permette di “ampliare sempre di più le reti di conoscenze che ci permettono di comprendere al meglio le rotte migratorie”.

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Rifiuti, planet contro plastic: obiettivo è il – 60% entro il 2040

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Ridurre il 60% delle plastiche sul pianeta entro il 2040, sensibilizzando i cittadini del mondo sui danni arrecati dalla plastica alla salute umana, animale e alla biodiversità; eliminare la plastica monouso entro il 2030, investire in tecnologie e materiali innovativi per costruire un mondo senza plastica: questi gli obiettivi della 54esima Giornata mondiale della terra sul tema Planet Vs Plastics. “Una Giornata e insieme una richiesta pressante per agire subito a salvaguardia della salute di ogni essere vivente sul pianeta non solo per limitare il più possibile l’uso della plastica, ma anche per chiedere iniziative e politiche di sensibilizzazione. Prendere consapevolezza è il primo passo”, spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero.

I dati dell’indagine Waste Watcher, realizzata su monitoraggio Ipsos ed elaborazione dell’Università di Bologna-Distal, segnalano che in Italia oltre otto cittadini su 10, l’85%, sono disposti a ridurre l’acquisto di prodotti con packaging plastico, malgrado il consumatore italiano riconosca al packaging un’importante funzione per la conservazione del cibo e quindi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. E quasi un terzo dei consumatori italiani è disposto a rinunciare all’acquisto di un prodotto di cui ha bisogno, qualora fosse contenuto in un packaging non riciclabile. Sempre secondo Waste Watcher, quasi il 75% dei consumatori nella scelta di un prodotto considera la tipologia dell’imballaggio e l’impatto che quest’ultimo ha sull’ambiente grazie alla sua potenziale riciclabilità. “Un piccolo passo avanti nella sensibilità diffusa sul tema delle plastiche, anche se molto resta da fare”, per Segrè.

Planet Vs Plastics ci ricorda che non c’è un’altra Terra: dalla prima edizione della Giornata Mondiale, il 22 aprile 1970, nostro pianeta non ha certo migliorato il suo stato di salute. Fra meno di 30 anni, ai ritmi attuali, negli oceani ci sarà il quadruplo della plastica e uno degli hotspot globali per le microplastiche è il Mediterraneo. Nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino, ben 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato, secondo l’ultimo rapporto Wwf. Ogni anno il Mediterraneo ingurgita 229.000 tonnellate di rifiuti di plastica, come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto.

Di queste, ben il 15% arriva dall’Italia. Se i mari del pianeta sono invasi dalle plastiche, non sta meglio la Superficie Agricola Utilizzata (SAU), quella su cui si producono gli alimenti: la perdita di terreni coltivati determina un deterioramento degli ecosistemi, che porta a dissesti ambientali e sociali. Waste Watcher International ha calcolato quanti terreni coltivabili stanno producendo rifiuti alimentari domestici: in Italia lo spreco medio pro capite pari a 566.3 g secondo le rilevazioni del “Caso Italia” Waste Watcher (febbraio 2024), vanifica e ‘brucia’ il raccolto di una Superficie Agricola Utilizzata (SAU) pari a 1,643 milioni di ettari e quindi quasi come l’estensione agricola di Belgio + Slovenia (1,833 milioni di ettari).

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