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Cronache

Insulti razzisti sul campo, “torna nella giungla”

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Per 90 minuti e’ stato costretto a sopportare appellativi come “Negro di m… “, “Scimmia, gorilla torna nella foresta”. Sono gli insulti a sfondo razziale diretti ad Abdoulaye Fofana, un ragazzo di 21 anni della Guinea che da tre anni gioca in prima categoria nella squadra di calcio dilettantistico “Heraclea” che unisce tre paesi dei Monti Dauni: Rocchetta Sant’Antonio, Candela e Sant’Agata di Puglia, nel foggiano. Non era la prima volta che succedeva, ma domenica scorsa c’e’ stato l’ennesimo episodio, nel campo sportivo “Amedeo Magnotta” di Rocchetta Sant’Antonio (Foggia) durante la partita di ritorno con l’Altavilla Irpina. “Un giocatore della squadra avversaria mi ha detto ‘negro di m…. torna nel tuo paese’ – racconta il giovane calciatore. Mi hanno chiamato gorilla, scimmia, mi hanno detto di tutto. Mi faceva male sentire quelle parole ma io continuavo a giocare senza dir nulla”. Fofana ha avuto al suo fianco i compagni di squadra. “Loro cercavano di calmarmi – racconta – Mi incoraggiavano a giocare ancora”, ma ad un certo punto, mentre gli insulti proseguivano, il giovane ha reagito alle offese inveendo a sua volta contro l’avversario. In campo allora si e’ scatenata una piccola rissa e l’arbitro ha deciso di sospendere la partita. Stando al racconto del 21enne gli insulti erano gia’ cominciati nella partita di andata con la stessa squadra: “Sono stato insultato e fischiato da calciatori e dagli spettatori per 90 minuti”, racconta. Il giorno dopo, pero’, gli era arrivato un messaggio di scuse da parte del presidente dell’Altavilla. “Sono un ragazzo come te – gli ha scritto – che prova vergogna per le persone stupide ed ignoranti che credono che il colore della pelle possa essere importante nella vita”. “Lo sport – dice Fofana – deve unire e mai dividere. In campo devono vincere il rispetto, e il fair play”. Secondo il guineano infatti, “non bisogna usare lo sport come strumento per far del male agli altri”. In difesa di Abdoulaye Fofana e’ intervento anche il sindaco di Rocchetta Sant’Antonio, Pompeo Circiello che non riesce a credere come “nel 2022 siamo ancora costretti ad assistere ad episodi di razzismo” come questo. Il giovane calciatore guineano, che lavora per una impresa edile a Calitri (Avellino), comunque non si scoraggia e si dice orgoglioso del colore della sua pelle. Tutto questo, conclude, “non mi impedisce di andare a lavorare, di giocare a calcio e di condurre una vita normale”.

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Cronache

Carceri, la protesta dei penalisti: 35 suicidi e politica immobile, al via maratona oratoria

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Una “maratona oratoria” a partire dal 29 maggio “e fino a data da destinarsi” che coinvolge tutte le Camere penali territoriali per rappresentare “alla società civile la condizione inumana dei detenuti, il degrado della realtà carceraria nella quale si vedono costretti a svolgere la propria attività lavorativa gli agenti di polizia penitenziaria e gli operatori tutti, le inefficienze del sistema, le mancate riforme, l’irresponsabile indifferenza della politica e ogni altro aspetto che possa offrire l’immagine del fallimento di un sistema che rappresenta la negazione stessa della democrazia ed organizzare ogni opportuna iniziativa di informazione e protesta”. È la proposta dell’Unione delle camere penali italiane che sottolinea come dall’inizio dell’anno in carcere vi sono stati 35 suicidi. Ucpi ricorda che “il costante aumento del sovraffollamento carcerario (oramai prossimo a quello della sentenza Torreggiani) ed il conseguente peggioramento delle condizioni di vita a cui sono costretti i detenuti, li priva del più elementare e al contempo fondamentale dei diritti, ovvero quello alla dignità umana”.

L’Ucpi “è intervenuta più volte con forza stigmatizzando l’ingravescente condizione di degrado in cui versa il nostro sistema carcerario, richiedendo interventi immediati al Governo per fronteggiare l’emergenza determinata dal sovraffollamento, e quindi un complessivo ripensamento del sistema dell’esecuzione penale” ma “ad oggi i decisori politici, pur inevitabilmente consapevoli della eccezionale gravità della situazione, hanno offerto un’indecorosa immagine di totale immobilismo, bloccati da interessi meramente opportunistici, determinati dal timore della perdita di consenso elettorale derivante dall’assunzione di doverosi provvedimenti di clemenza come l’indulto, o anche semplicemente restitutori delle sofferenze indebitamente inflitte ai detenuti, come la liberazione speciale anticipata”. Appare dunque “necessario sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla condizione di degrado in cui sono costretti i detenuti, ma anche i detenenti, presenti in numero del tutto inadeguato e chiamati a sopperire a ogni mancanza di un sistema al collasso, incapace di ogni funzione trattamentale e rieducativa e dunque, produttivo di recidiva e insicurezza sociale”.

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Bimbo di 8 anni investito da un autocarro vicino a scuola

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Un bimbo di 8 anni è rimasto ferito in un incidente stradale avvenuto nel pomeriggio a Ca’ de Fabbri, frazione di Minerbio, nel Bolognese. E’ stato investito da un autocarro in via Ronchi Inferiore, poco lontano da una scuola elementare. Da una prima ricostruzione, il bambino sarebbe sfuggito per un attimo alla mamma, che era con lui e con altri genitori, finendo in strada dove è stato travolto. A quanto si apprende da alcuni testimoni, il conducente dell’autocarro si sarebbe trovato davanti il bimbo all’improvviso, non riuscendo a evitare l’impatto che lo ha sbalzato in avanti di alcuni metri. Il piccolo è stato soccorso dal 118 e portato in ambulanza, insieme alla madre che lo ha accompagnato, all’ospedale Maggiore di Bologna, con ferite giudicate di media gravità. Per i rilievi è intervenuta la Polizia Locale.

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Omicidio Falcone, quel 23 maggio del 1992 raccontato dai testimoni

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Falcone che fuma il suo sigaro cubano in auto e che viene “rimproverato” dall’agente di scorta, Falcone che segue lavorando con la coda dell’occhio dalle telecamere del suo bunker al Palazzo di Giustizia gli agenti in servizio mentre giocano a carte. Queste testimonianze di protagonisti diretti e indiretti della strage di Capaci e i ricordi degli ascoltatori di quel terribile giorno del 1992 animeranno l’intero palinsesto di giovedì 23 maggio dell’emittente radiofonica Primaradio, che trasmette nella Sicilia Occidentale, e che vuole ricordare così il trentaduesimo anniversario della strage. Nel corso dello speciale parlano i poliziotti della scorta di Falcone, l’ex autista Giuseppe Costanza, che si salvò perché seduto nel sedile posteriore dell’auto blindata avendo lasciato la guida al magistrato, i soccorritori, giornalisti e fotografi arrivati sul luogo della strage ma anche semplici cittadini che ricordano cosa stavano facendo quel giorno in concomitanza con la strage. Giuseppe Costanza, autista del giudice Giovanni Falcone, racconta gli ultimi minuti prima dell’esplosione: “si disse che se io fossi stato alla guida il giudice Falcone, stando seduto dietro, si sarebbe salvato.

Ne sarei stato più che felice perché se Falcone fosse rimasto in vita l’Italia oggi sarebbe ben diversa. Lo dico perché la settimana prima dell’attentato, arrivando a Palermo, salendo in macchina mi disse ‘è fatta, sarò il Procuratore nazionale Antimafia, ci organizzeremo come ufficio a Palermo e ci muoveremo con un piccolo elicottero'”. Diego Bonsignore, poliziotto in pensione, ex autista di Giovanni Falcone per 4 anni, ricorda quando il giudice stava fumando un grosso sigaro cubano, lui aprì il vetro e fece notare al magistrato che stavano soffocando: “pensavo che mi avrebbe sollevato dalla scorta invece ha saputo incassare…”.

A Bonsignore viene in mente anche quando giocava con i colleghi a carte nel bunker del Palazzo di Giustizia di Palermo: “lui ci guardava dalle telecamere e quando vedeva che un collega sbagliava tutto usciva e gli diceva in dialetto non sai giocare, levaci mano”. Antonio Vassallo, allora giovane fotografo di Capaci, arrivò sul posto pochi minuti dopo l’esplosione e vide estrarre dall’auto blindata Giovanni Falcone “a cui dondolava ancora la testa” e la moglie Francesca Morvillo. A Vassallo sequestrarono il rullino della sua macchina fotografica che non è mai finito agli atti dell’inchiesta.

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