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Cronache

Fifa insiste: Mondiali ogni 2 anni ma nessun ultimatum

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Il presidente della Fifa Gianni Infantino non demorde: secondo lui, un futuro positivo del calcio passa per un Mondiale ogni due anni. Tuttavia, conscio che una Coppa del mondo senza le nazionali europee (ne’ sudamericane, visto che anche la Conmebol minaccia il boicottaggio) non avrebbe alcun senso, non fissa alcun ultimatum ne’ un calendario preciso per l’adozione della riforma. E’ questo il succo del ‘Summit del calcio mondiale’, tenutosi in videoconferenza e che ha riunito rappresentanti di 207 federazioni calcistiche nazionali. Per appoggiare il progetto di riforma del calendario internazionale, la Fifa ha presentato ai partecipanti due studi indipendenti (eseguiti dalle ditte Nielsen e OpenEconomics) secondo i quali un Mondiale biennale potrebbe aumentare di 4,4 miliardi di dollari gli introiti della Fifa per il primo ciclo quadriennale. Con una ridistribuzione di circa 16-17 milioni a ogni federazione. Oltre alla possibilita’ di aumentare in modo sensibile i fondi per progetti di sviluppo per il calcio in generale. “il nostro obiettivo”, ha spiegato Gianni Infantino in conferenza stampa al termine del summit, “e’ di sviluppare il calcio in ogni parte del mondo e di ridurre il fossato che aumenta costantemente fra i paesi piu’ ricchi e gli altri. Offrire a piu’ nazioni l’opportunita’ di partecipare alla Coppa del mondo aiutera’ a diminuire il gap. E sono certo che il prestigio del Mondiale non dipende dalla sua frequenza. ” Il presidente della Fifa si e’ anche basato su un altro studio, un sondaggio fatto su un campione di 77mila persone da ogni parte del mondo, da cui appare che il 63,7% degli appassionati di calcio vorrebbe vedere con piu’ frequenza il Mondiale (13,5 per cento contrari, gli altri sono indecisi). Questo, per Infantino, vuole dire che “e’ in gioco il futuro del nostro sport. Solo le grandi competizioni interessano i giovani e non c’e’ un torneo piu’ importante della Coppa del mondo”. Queste cifre e argomenti non hanno tuttavia ancora convinto l’Uefa. La Confederazione europea ha infatti pubblicato sul proprio sito un altro studio indipendente (della ditta Oliver e Ohlbaum) secondo cui il Mondiale biennale, oltre a produrre gravi rischi per la salute dei giocatori, potrebbe far perdere alle federazioni europee dai 2,5 ai 3 miliardi di euro su un ciclo di quattro anni. Le posizioni sembrano quindi ancora distanti. Ragion per cui Infantino non vuole imporre il cambiamento: “adesso abbiamo circa 700 pagine di documenti su cui possiamo regolarci. Proseguiremo il dialogo con tutte le federazioni fino a trovare un compromesso”. Non e’ stata quindi fissata una scadenza precisa. “Non abbiamo deciso se metteremo al voto il nuovo calendario internazionale al prossimo congresso della Fifa (31 marzo a Doha ndr – ha spiegato il presidente dell’ente mondiale -, se saranno votate solo alcune parti, come quelle riguardanti il calcio femminile, o se organizzeremo un Congresso straordinario sulla questione”. “Se mettessimo ora al voto la riforma, probabilmente sarebbe accettata da una maggioranza di federazioni – ha detto ancor -. Ma non e’ il nostro scopo. Vogliamo convincere che il nuovo calendario sara’ un beneficio per tutti, nessuno escluso”. Capo della commissione sviluppo del calcio della Fifa, l’ex manager dell’Arsenal Arsene Wenger, che da tempo lavora al progetto dei Mondiali biennali e della riforma dei calendari, ha invece ammesso che ci siano “voci contrarie al nuovo calendario internazionale. Mi rammarico pero’ che il 90 per cento delle opposizioni sia fondato sulle emozioni e non sui fatti. Dobbiamo riuscire ad andare oltre”.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

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Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

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Vino nel biberon per errore, bimbo 4 mesi in rianimazione

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Vino bianco al posto dell’acqua per preparare il latte in polvere a suo figlio di quatto mesi. Un errore, è l’ipotesi degli investigatori, commessa da una donna di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che ha fatto finire il piccolo in coma etilico. Ricoverato in rianimazione all’ospedale pediatrico di Bari, le sue condizioni sono in lieve miglioramento. A fare insospettire la donna è stato il rifiuto del piccolo che dopo i primi sorsi avrebbe smesso di bere respingendo il biberon. A quel punto la sua mamma si sarebbe accorta di non aver mescolato il latte in polvere con l’acqua.

A farla sbagliare sarebbe stato il colore scuro della bottiglia in cui era contenuto il vino. Subito dopo aver compreso l’errore, la donna ha portato il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi dove il piccolo è arrivato già in coma etilico. Sottoposto a una lavanda gastrica, è stato intubato e trasferito d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione.

La procura di Brindisi ha avviato un’indagine, ma al momento l’ipotesi prevalente dei carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana è che sia stato un incidente domestico. Dai riscontri dei militari non sono emersi altri elementi. L’affanno dovuto alle incombenze quotidiane, la necessità di preparare in fretta il biberon per il proprio figlio e la bottiglia scura avrebbero portato la donna a sbagliare. E’ stato lo stesso bimbo, rifiutandosi di continuare a bere, a rivelare che quel liquido non era latte. Un segnale subito percepito dalla mamma che si è resa conto in pochi istanti quale fosse il vero contenuto della bottiglia da cui aveva prelevato il liquido credendo fosse acqua.

La corsa in ospedale è stata immediata, dall’abitazione al pronto soccorso del Perrino. Qui il piccolo è stato preso in cura dai medici che con stupore hanno accertato il coma etilico di un bimbo di soli quattro mesi. Un quadro clinico che ha allarmato il personale sanitario e che ha portato al trasferimento del bimbo a Bari dov’è stato sottoposto a specifiche cure. Al momento la prognosi è riservata ma i medici sono fiduciosi perché le condizioni del piccolo migliorano. La notizia ha scatenato tante reazioni anche sui social dove molti manifestano comprensione per “il dispiacere e per quello che sta passando in queste ore la mamma”, auspicando che “il piccolo possa presto riprendersi da questo brutto incidente”.

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