Il tentativo sarà quello di mostrare pubblicamente un centrodestra unito, e non solo a sostegno di Paolo Truzzu. Ma lontano dal palco di Cagliari che vedrà assieme Giorgia Meloni e Matteo Salvini, con Antonio Tajani e Maurizio Lupi, continua a consumarsi una battaglia sul terzo mandato su cui, dicono i parlamentari, a questo punto saranno i leader a volersi esprimere. Intanto la Lega non ha ritirato i suoi emendamenti al Senato, per il ter di governatori e dei sindaci delle grandi città. E nel frattempo non c’è accordo sulle candidature per le altre tornate di amministrative, né sui sindaci, per cui comunque c’è tempo di qui al 9 giugno, né su quella Basilicata che andrà a votare presto, ad aprile, per la quale Forza Italia continua a puntare sul bis di Vito Bardi.
L’esito dell’ennesimo tavolo sulle amministrative – un incontro di routine per aggiornarsi, minimizzano alla Camera – è nei fatti una fumata nera. Non c’è il nome nemmeno per sostituire proprio Truzzu, che se avesse successo e diventasse il nuovo governatore della Sardegna dovrebbe lasciare la fascia da primo cittadino di Cagliari. Un tassello che la Lega reclamerebbe nel caso per sé, dopo il passo indietro sulla ricandidatura di Cristian Solinas. Esito che, al momento, nessuno si sente di dare troppo per scontato.
Con il timore, che aleggia in maggioranza, che ci possa essere un qualche effetto più marcato del voto disgiunto, mixato con la scarsa affluenza. Di tutto si parlerà dopo il test sardo, insomma, anche perché ogni passaggio alle urne, ha sempre detto Meloni, è un test anche per il governo. Motivo per cui, secondo i rumors di Palazzo Madama, la Lega starebbe insistendo per portare al voto l’emendamento che consente un terzo mandato ai presidenti di Regione non prima della prossima settimana. A inizio giornata già si era certificata la “diversità di opinioni”, per dirla con il presidente della commissione Affari costituzionali Alberto Balboni, sugli emendamenti che la Lega ha scelto di non ritirare, nonostante la richiesta esplicita di ritiro da parte di meloniani e azzurri.
“In commissione ognuno sarà libero di votare come crede”, aveva sottolineato l’esponente di Fdi, spiegando però che l’esame poteva slittare alla prossima settimana in attesa dei pareri della commissione Bilancio sulle proposte di modifica. Parere che però nel pomeriggio la commissione, guidata da un altro esponente di Fdi, Nicola Calandrini, ha espresso dando il suo “nulla osta” a proseguire con il voto. Che a questo punto potrebbe avviarsi come da programma iniziale già giovedì. Ma la maggioranza, attacca il capogruppo dem Francesco Boccia, “è spaccata”, così “divisa che la Lega minaccia la maggioranza ma frena e aspetta ordini come sempre da Salvini sul ritiro o meno dell’emendamento e la maggioranza, per non saper né leggere né scrivere, non sa quando e se si voterà l’emendamento della Lega”. Certo il terzo mandato apre una questione anche all’interno del Pd, che ancora non ha convocato il tavolo ad hoc per valutare il da farsi.
La “quadra”, come la definisce Stefano Bonaccini che è tra i diretti interessati essendo al suo secondo mandato in Emilia Romagna, si troverà comunque a ridosso di un eventuale voto in Senato, sempre che la Lega, come in molti continuano a scommettere in maggioranza, non ritiri all’ultimo le proposte. Salvini d’altronde ha ribadito pubblicamente che “non è su questo che il centrodestra litigherà o si dividerà”, pur ribadendo che “se uno è bravo” dovrebbe poter essere rieletto “anche 4 volte”. Ma arrivare davvero al voto sancirebbe la prima, concreta, spaccatura della coalizione.