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Un ex agente afroamericano sogna di prendersi New York

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Un ex poliziotto (ed ex repubblicano) afroamericano, un imprenditore di origini asiatiche gia’ candidato presidenziale e due ex collaboratrici del sindaco uscente Bill de Blasio: sono i quattro candidati in testa ai sondaggi delle primarie dem di martedi’ per diventare il primo cittadino di New York, la piu’ grande e iconica citta’ americana, assumendo un incarico che secondo molti e’ “il secondo piu’ difficile” negli Stati Uniti dopo quello del presidente. Ed ora lo sara’ ancora di piu’ per la sfida, tra moderati e progressisti, di archiviare l’impopolare leadership del democratico De Blasio e guidare la rinascita post pandemica di una metropoli afflitta da crescenti violenze e disuguaglianze. Il problema della sicurezza risulta quello piu’ sentito dagli elettori, in una citta’ dove quest’anno sono cresciuti omicidi, sparatorie, attacchi d’odio contro ebrei e asiatici, mentre la crisi sanitaria aumentava disoccupati e senzatetto. Non e’ quindi forse un caso che a guidare i sondaggi (con quasi un quarto dei voti) sia il 61enne Eric Adams, primo presidente afroamericano del distretto di Brooklyn, ex senatore nello Stato di New York ed ex capitano di polizia che ha combattuto gli abusi dei colleghi come leader dei ‘100 Blacks in Law Enforcement Who Care’ e che si e’ detto lui stesso vittima una volta della brutalita’ degli agenti. Da questa posizione si presenta come il candidato meglio attrezzato sia per riformare la polizia (senza toglierle fondi come propongono i progressisti) sia per contrastare l’escalation di violenza. Insomma, un nuovo sindaco-sceriffo dopo Rudy Giuliani, ma di sinistra. Nel caso fosse eletto, diventerebbe il secondo sindaco black della Grande Mela, dopo il democratico David Dinkins, che nel 1990 uso’ anche lui come trampolino di lancio la presidenza di un distretto (Manhattan). Ad insidiarlo c’e’ un outsider senza esperienza amministrativa, con posizioni moderate: Andrew Yang, 46 anni, imprenditore tech con genitori taiwanesi che aveva promesso di dare 1.000 dollari a tutti gli americani quando ha corso per la Casa Bianca. Potrebbe diventare il primo sindaco di origini asiatiche ma nelle ultime settimane da frontrunner e’ scivolato al quarto posto nei sondaggi (tra il 10% e il 15%). In ascesa le due ex collaboratrici di De Blasio, testa a testa (intorno al 16%) per diventare il primo sindaco donna di New York. La prima e’ Kathryn Garcia, 51 anni, ex assessora ai servizi sanitari della giunta, nominata ‘Food Czar’ (responsabile dell’emergenza cibo) durante la pandemia. Si presenta come una tecnocrate esperta, pragmatica e moderata, con l’endorsement del New York Times e del Daily News. L’altra e’ l’avvocatessa progressista Maya D. Wiley, 57 anni, attivista dei diritti civili, ex consulente (e delfina) di De Blasio. Fa campagna per ridimensionare i fondi alla polizia e investirli nel welfare, puntando sulla lotta alle disuguaglianze. Ha incassato il sostegno di due stelle della sinistra come Alexandria Ocasio-Cortez ed Elizabeth Warren. Se eletta, sara’ la prima donna afroamericana a guidare la Grande Mela. L’altra decina di concorrenti sono comparse ma potrebbero giocare un ruolo nel nuovo e complicato sistema delle primarie, che chiede agli elettori di indicare sino a cinque candidati in ordine di preferenza: a meno che uno non raggiunga la soglia del 50% (scenario improbabile), il candidato che arriva ultimo viene eliminato e i voti dei suoi sostenitori vengono redistribuiti alla loro seconda scelta, e cosi’ via, finche’ non si arriva al quorum. Un metodo che ha spinto ad alleanze tra rivali per scambiarsi le preferenze in cima alla lista e che richiedera’ giorni per proclamare un chiaro vincitore.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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