Centomila euro al sicario che avrebbe dovuto uccidere il nipote del capo clan. E’ la somma promessa, e mai del tutto corrisposta, da Maurizio Larizzi a Domenico Monti, entrambi esponenti storici del clan Capriati di Bari Vecchia, ora in carcere per l’omicidio premeditato, avvenuto nel 2018, di Domenico Capriati, nipote del capo clan Tonino (in cella da anni) e fratello di Filippo, attuale reggente del gruppo mafioso. Larizzi, ha ricostruito la Squadra mobile coordinata dalla Dda, non avrebbe accettato il tentativo di Domenico Capriati, da poco scarcerato e definito da molti come “uno con la guerra in testa”, di assumere un ruolo egemone nel clan. Uscito dal carcere gli avrebbe fatto anche una richiesta estorsiva di 5 milioni di euro perche’, mentre lui era detenuto, Larizzi “facendo la malavita” aveva continuato a fare affari con la droga. Un affronto, quello della richiesta di denaro, punito con la morte, il 21 novembre 2018: dodici colpi esplosi da due diverse armi, una mitraglietta e una pistola, impugnate da Domenico Monti, ex braccio destro di Tonino Capriati, anche lui da tempo in contrasto col nipote del boss, e da Christian De Tullio, genero di Monti (finito in cella con gli altri due). I sicari avrebbero aspettato Capriati nel cortile di casa, al quartiere Japigia, feudo dei clan “amici” Parisi e Palermiti, e lo avrebbero colpito a morte mentre era con moglie e figlio con una “raffica di proiettili” fino a dargli “il colpo di grazia” alla testa, quando gia’ era a terra in fin di vita. Una scena che un vicino di casa ha persino immortalato con alcuni disegni, sequestrati durante una perquisizione e finiti nel fascicolo d’inchiesta. Come le intercettazioni, le dichiarazioni dei testimoni, “particolarmente reticenti e omertosi”, e quelle di collaboratori di giustizia. Le indagini hanno rivelato anche il coinvolgimento del figlio di Monti, Davide, ingaggiato da Larizzi, all’insaputa del padre, per fornire supporto all’agguato con la bonifica della zona del delitto e “ragazzi armati a bordo di motori” a fare da vedette. Gli accertamenti sul ruolo di altre persone che potrebbero aver avuto un ruolo nella organizzazione ed esecuzione dell’omicidio sono ancora in corso. Il sospetto degli investigatori e’ che qualcuno da Bari Vecchia, dove si trovava la vittima, abbia avvertito i killer che Capriati stava rientrando a casa. Dalle conversazioni intercettate emerge anche che, dopo l’omicidio, Monti avrebbe cominciato a temere per la sua vita, a temere la vendetta della famiglia Capriati e, per questo, si sarebbe procurato armi e giubbotti antiproiettile. Una reazione del clan e’ tuttora il timore dei magistrati antimafia. “Non possiamo nascondere una preoccupazione – ha detto il procuratore aggiunto Francesco Giannella – che questo evento possa preludere ad altri atti criminosi di vendetta. Difficilmente un omicidio eccellente resta archiviato a lungo senza reazioni”.