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Politica

Conte-Renzi, verso la crisi a colpi di minacce: se Italia viva rompe stop alleanza

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“Se Matteo Renzi ritira i ministri e’ impossibile un nuovo governo con Italia Viva”. A meta’ mattinata, in quello che si presentava come il D-Day di questa infinita pre-crisi di governo, Palazzo Chigi apre l’ultimo atto del duello tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Un duello che, nel corso della giornata si infarcisce di “botta e risposta” tra M5S, Pd e Iv, di riunioni politiche, minacce e contro-minacce. Con il leader di Iv che non accenna al passo indietro. “Conte e’ convinto di avere i numeri, se e’ cosi’ saremo all’opposizione”, attacca Renzi tentando di smascherare, una volta ancora, l’operazione “responsabili”. E ribadendo che la via principale per l’ex premier resta il ritiro dei “suoi” ministri. Il Consiglio dei ministri previsto in serata, nel frattempo, e’ chiamato ad approvare il Recovery Plan. Salvo colpi di scena Teresa Bellanova e Elena Bonetti non annunceranno le loro dimissioni al tavolo del Cdm e il Piano di Ripresa e Resilienza passera’, per approdare in Aula entro la fine di gennaio. “Dopo il Cdm convocheremo le parti sociali e verra’ affrontato il tema della governance”, spiega il titolare del Mef Roberto Gualtieri. Il tema e’ che il piano e’ avvolto nella nebbia della crisi. E il fatto che, a Cdm in corso, Renzi scelga ancora una volta di andare in tv non contribuisce a rasserenare gli animi. La posizione fatta filtrare a meta’ mattinata da Palazzo Chigi mostra come il premier, ormai, sia pronto alla conta ed e’ seguita da una serrata dei ranghi di quasi tutto il M5S, con sfumature invero diverse. “La crisi ora e’ inspiegabile”, avverte Luigi Di Maio “aprendo” la giornata. “Il ritiro dei ministri sarebbe un tradimento agli italiani. Se avviene, con Iv non ci potra’ essere un nuovo governo”, sottolinea il capo politico M5S Vito Crimi poco prima della mossa di Palazzo Chigi. Di li’ in poi tutti i ministri pentastellati sostengono la posizione del premier, da Alfonso Bonafede a Vincenzo Spadafora fino a Stefano Patuanelli. “Non si sfidi la pazienza degli italiani”, e’ il loro mantra, al quale si unisce anche Leu. Parallelamente anche il segretario Pd Nicola Zingaretti interviene per scongiurare il baratro di una crisi potenzialmente al buio. “Provocarla sarebbe un grave errore politico”, avverte il governatore del Lazio. Ma per Renzi, ora, fermarsi non e’ facile. Mes, fondi all’agricoltura, riscrittura del programma: Iv non abiura alle sue richieste e annuncia, per domani, una conferenza stampa. Sara’ Renzi a parlare e potrebbe concretizzare la rottura. “Una mediazione in extremis? Va chiesta a Conte”, spiega, sibillino, l’ex premier. Il nervosismo dei partiti, intanto, sale. I parlamentari M5S si vedono in una nuova congiunta mentre al Nazareno si riunisce il “gabinetto di guerra” composto da Zingaretti, il suo vice Andrea Orlando, il capodelegazione Dario Franceschini (che poco dopo pranzo vede anche Conte a Palazzo Chigi) e i due capigruppo. “Confermiamo la nostra contrarieta’ ad una crisi, questa maggioranza puo’ dare risposte per il rilancio del Paese”, sottolinea il Pd che, nei confronti di Renzi, e’ tuttavia meno tranchant sia di Conte sia del M5S. “Se P.Chigi e M5S dicono mai piu’ con Renzi se fa cadere il governo, io dico che in politica non si puo’ mai dire mai…”, sottolinea Orlando, certificando l’idiosincrasia del Nazareno per i Responsabili. Le prossime ore saranno decisive. Solo una trattativa in zona Cesarini potra’ evitare la crisi e la conta in Aula. Ma sulle dimissioni per poi dar vita a un Conte-ter il premier resta scettico. E, nel frattempo, si mostra tranquillo. Concedendosi persino una passeggiata con tanto di selfie e chiacchierata con un’infermiera vaccinata contro il Covid nella via del Corso che ospita i primi saldi. Intanto l’opposizione sembra godersi quasi con discrezione l’ultima battaglia tra Conte e Renzi. Con Giancarlo Giorgetti che rimarca l’azzardo dell’operazione responsabili: “servirebbe un nuovo gruppo costituito in Parlamento a sostegno del governo”, osserva il leghista.

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Politica

Europee, Meloni si candida: scrivete Giorgia sulla scheda, sono una del popolo

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“Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di fratelli d’italia in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo”. Era la notizia che tutti aspettavano e Giorgia Meloni l’ha pronunciata dal palco di Fdi a Pescara.

“Chiedo agli italiani di scrivere il mio nome, ma il mio nome di battesimo” alle europee. “Sono fiera che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me mi chiami Giorgia. Io sono stata derisa per anni per le mie radici popolari, mi hanno chiamata pesciarola, borgatara…perché loro sono colti….Ma io sono fiera di essere una persona del popolo” ha detto la premier e leader di FdI Meloni. “Se volete dirmi che ancora credete in me scrivete sulla scheda Giorgia, perchè io sono e sarò sempre una di voi. Il potere non mi cambierà, il palazzo non mi isolerà. Io ho bisogno di sapere ancora una volta che ne vale la pena”.

“Io sarò sempre una persona a cui dare del tu, senza formalismi, senza distanza”, ha aggiunto. “Faccio quello che faccio solo ed esclusivamente per gli italiani. Non c’è altra ragione sostenibile per fare questa vita, ve lo garantisco”, ha detto la premier. “Mi interessa solo il giudizio dei cittadini, che rispetto e rispetterò sempre”, ha concluso.

“Quando noi diciamo ‘mai con la sinistra’ non stiamo utilizzando uno slogan buono da campagna elettorale ma da buttare il giorno dopo, parliamo di qualcosa che è nel nostro dna. Vale a Roma e vale a Bruxelles, non ci interessa stare con tutti o dove stanno tutti”. Così Giorgia Meloni dal palco di Fdi di Pescara.

“In queste settimane c’è chi sta confondendo i piani tra la maggioranza in parlamento europeo e la commissione” per “insinuare una sorta di nostra presunta disponibilità ad allearci con i socialisti”, ha premesso Meloni. “Non ci interessa stare con tutti, staremo solo dove le nostre idee si possono realizzare”, ha aggiunto.

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Fitto: dal 2020 sprecati 300 miliardi in bonus e superbonus

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“Cosa è stato fatto dal 2020 ad oggi con la sospensione del patto di stabilità?” che ha permesso di aumentare la spesa pubblica. Nel 2019 l’Italia ha speso 810 miliardi, nel 2022, fuori dal Patto di stabilità ne ha spesi 1.084 miliardi. “Sono circa 300 miliardi di euro in più. Dove sono andati? Cosa è stato fatto? Si sono fatti investimenti strutturali? Intelligenti? Che hanno cambiato la prospettiva del nostro Paese?. No sono andati tutti in bonus e superbonus che hanno aumentato il debito e che non hanno inciso in nessun modo sullo sviluppo e la crescita del Paese”. Lo ha detto il Ministro degli Affari Europei, del Sud, della Coesione e del Pnrr Raffaele Fitto alla Conferenza Programmatica di Fdi a Pescara.

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Unirai, anche oggi circo mediatico-politico-sindacale

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”Pochi giorni fa qualcuno si stracciava le vesti rilanciando le fake news sull’imminente addio alla Rai da parte di Ranucci e Sciarelli per essere clamorosamente smentito dopo meno 24 ore. A seguire la “bufera” sulla presunta censura a Scurati, smontata anche quella come emerge oggi su alcuni quotidiani di opposti orientamenti. Poi la democrazia in pericolo e l’allarme fascismo, liquidato ieri con poche parole dal portavoce Ue Christian Wigand”.

Lo afferma in una nota il sindacato Unirai, liberi giornalisti Rai. ”Nel menù di oggi dell’ormai ben noto e sempre meno credibile circo mediatico-politico-sindacale spunta il premio di risultato per i giornalisti Rai cancellato e il martire sindacalista e dirigente reo di aver fatto solo delle ironie via social, il tutto condito da una spruzzata di dichiarazioni nel tentativo ridicolo di delegittimare una nuova voce libera presente dentro la Rai. Avviso ai naviganti: Unirai ha tutte le carte in regola per far sentire la sua voce e il suo peso. È stato riconosciuto dall’azienda – ripetiamo – come sindacato significativamente rappresentativo a livello nazionale dei giornalisti Rai. Leggere, studiare, documentarsi. Fare un respiro profondo.

Accettare la realtà. Si fa anche una figura più dignitosa. Per quanto riguarda il premio di risultato l’azienda ha disdetto un accordo siglato nel 1993 con l’intento di sostituirlo con strumenti più vantaggiosi, come già fatto per tutti gli altri dipendenti, sul piano della tassazione. Come abbiamo già detto – concludono – vigileremo perché nessuno sia penalizzato dal nuovo accordo, ma certamente non ci metteremo su questo a fare terrorismo. Sulla questione relativa all’utilizzo dei social, e al rispetto che bisogna avere tra colleghi, infine invitiamo alla lettura della legge sulla professione, del codice etico e del regolamento di disciplina aziendale”.

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