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Catello Maresca e i sacerdoti della morale pubblica che si sono auto-attribuiti l’appalto per separare bene e male

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Ad ogni cambio di Governo della Repubblica italiana 200 magistrati (avete letto bene, 200 magistrati o poco meno) lasciano i loro uffici inquirenti e requirenti e si mettono a disposizione di ministri (politici) o commissioni parlamentari d’inchiesta (nomine politiche) oppure vanno ad affollare gli uffici del Ministero della Giustizia -Ufficio Legislativo, Ispettorato Generale e Dipartimento Amministrazione penitenziaria. Insomma, mettono a disposizione del ministro politico di turno che si occupa della giustizia (e altri dicasteri) la loro scienza in materia di diritto-diritti. Si potrebbero scegliere 200 avvocati, ma i politici preferiscono i magistrati come loro collaboratori nelle istituzioni che governano. Maggiori competenze? Abbiamo qualche idea ma ce la teniamo per noi perché è inutile ai fini di questo ragionamento. I politici si avvalgono di persone di loro stretta fiducia. Il fatto che scelgano magistrati ha un qualche significato? Immaginiamo, in buona fede, che un ministro (come quella della Giustizia) faccia scelte di natura professionale.

Ministero della Giustizia. Solo qui lavorano 100 magistrati

In ogni caso può un magistrato servire un politico in una istituzione? O è una cosa immorale? O lede l’onorabilità dell’ordine giudiziario? Si può fare? La legge non lo impedisce. Dunque si può fare. Eppure ci sono una marea di ipocriti, anche tra i magistrati, che fanno la morale a quei loro colleghi che si mettono a disposizione della politica ad ogni cambio di Governo e abbaiano contro le commistioni tra politica e magistratura. Ora, di questi tempi, parliamo dei tempi del processo a Luca Palamara e di tutti i racconti sui rapporti tra magistratura di ogni ordine e grado e politica, la cosa fa un tantino ridere. Ma non è questo il problema. Peraltro ridere fa anche bene alla salute.  Talvolta, però, quelli che abbaiano, ma non mordono, contro le presunte commistioni tra magistratura e politica sono gli stessi magistrati che per qualche tempo, qualche anno, si sono messi a disposizione totale della politica (dei Governi politici, di ogni colore politico) e oggi stanno alla finestra a giudicare e sputare sentenze oppure ad occuparsi di separare il bene dal male in vista di elezioni, senza che nessuno gli abbia mai assegnato con un “appalto” questo compito.

Catello Maresca. Sostituto procuratore generale al Tribunale di Napoli

In questi giorni, ad esempio, davanti alla possibilità che il magistrato Catello Maresca possa candidarsi a sindaco di Napoli ci sono alcuni integerrimi magistrati che richiesti di un parere su questa probabile candidatura si affrettano a segnalare codici etici, comportamenti etici e altre robe tipiche da Stato Etico. Uno Stato in cui alcuni magistrati più che servitori dello istituzioni assomigliano a sacerdoti della morale. Se non c’è una legge che vieta ai magistrati di candidarsi, se non ci sono norme che impediscono ai magistrati di candidarsi eventualmente nello stesso distretto giudiziario in cui fanno i magistrati, certi esercizi di correttezza e moralità sono fuori tempo e fuori luogo. Assomigliano a quelle sentenze che alcuni togati ancora scrivono prima del dibattimento. Non si fa. Le sentenze si scrivono dopo il dibattimento. La legge dispone. I magistrati applicano. I magistrati non fanno le leggi, le rispettano e le fanno rispettare. Quanto al magistrato Catello Maresca, che è editorialista di questo giornale, immaginiamo che nel rispetto della legge, quando e se deciderà mai di candidarsi a sindaco di Napoli o a qualunque carica elettiva, avviserà prima il suo capo, in questo caso il procuratore generale di Napoli, di questa sua volontà. E poi avvierà la procedura per mettersi in aspettativa. Tutto il resto lo prevede la legge. Dunque tutto il bla bla bla e le richieste di moralità sono francamente poco corrette verso Maresca, che era ed è un magistrato. Non è “l’ex magistrato anticamorra” come pure qualche giornalista distratto scrive. Che sia un magistrato anticamorra non lo testimonia la scorta che lo protegge perché i vertici del clan dei Casalesi lo vogliono scannare, non uccidere. No, lo dimostra il fatto che ancora oggi rappresenta l’accusa in processi contro questo clan (i Casalesi) che fino a ieri facevano un po’ cagare sotto molti antimafiosi di professione d’oggi. E lo testimoniano le tante misure di prevenzione con sequestri e confisca di beni per centinaia di milioni di euro ai mafiosi negli ultimi dieci anni. Ve lo ricordate Michele Zagaria? Ecco, quello. Oggi è al 41 bis.

Catello Maresca. Il magistrato anticamorra arrestati i due capi indiscussi del clan dei casalesi, Antonio Iovine e Michele Zagaria

La cosa che più fa rabbia in questo specifico contesto non è la polemicuccia più o meno personale dentro la corporazione dei magistrati ma il fatto che nel dibattito pubblico di questa città, di questo Paese non fa scandalo un mafioso che scende in politica ma un magistrato che avverte il dovere eventualmente di salire in politica senza nascondersi dietro ministeri, commissioni o altre istituzioni che scelgono sulla base di motivazioni discrezionali e/o di partito. Sarebbe bello se smettessimo (tutti, nessuno escluso, magistrati compresi) di predicare e cominciassimo a praticare tutte quelle belle regole che vorremmo applicare per gli altri e interpretare per noi stessi, per i nostri amici e per gli amici degli amici.

Ecco, se Maresca dovesse decidere di salire (non scendere) in politica io ne sarei felice per due motivi: perchè è una persona perbene e perché immagino voglia farlo per dare un contributo a Napoli. Perchè solo uno che è innamorato di Napoli lascia la confortevole zona dello stipendio mensile fisso del Ministero della Giustizia, toglie tempo all’affetto dei suoi cari per frequentare posti (la politica di Napoli) dove c’è poco amore e tanto sangue e merda. Scusatemi per l’espressione. Napoli ha bisogno di napoletani che l’amano. Non di quelli che la giudicano solo.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Le accuse del Financial Times: la Russia prepara sabotaggi violenti in Europa

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Mosca sta preparando attentati contro le infrastrutture europee, mettendo a rischio anche la vita di civili. E’ l’allarme lanciato oggi dal Financial Times proprio nel giorno in cui le truppe russe continuano ad avanzare sul campo di battaglia ucraino. Il giornale della City sottolinea che sono state diverse agenzie di intelligence europee ad aver avvisato i loro rispettivi governi sulle nuove minacce russe, anche sulla base di diverse indagini in corso. Secondo le fonti citate dal quotidiano inglese, “la Russia ha già iniziato a preparare più attivamente in segreto attentati dinamitardi e attacchi incendiari per danneggiare le infrastrutture sul territorio europeo, direttamente e indirettamente, senza preoccuparsi apparentemente di causare vittime civili”.

Sebbene gli attacchi degli agenti del Cremlino in Europa siano stati finora sporadici, per il giornale, “aumentano le prove di uno sforzo più aggressivo e concertato”. Una convinzione che trapela da tantissimi esponenti dell’intelligence europea, da quella tedesca a quella inglese, dai servizi francesi, svedesi a quelli cechi e estoni. In particolare, il Ft menziona il capo dei servizi di sicurezza interna tedesca, Thomas Haldenwang, il quale il mese scorso – in una conferenza – ha affermato che il rischio di atti di sabotaggio è “aumentato in modo significativo”.

La Russia, ha aggiunto, ora sembra a suo agio nell’eseguire operazioni sul suolo europeo “con un alto potenziale di danno”. Haldenwang era intervenuto pochi giorni dopo l’arresto di due cittadini russo-tedeschi a Bayreuth, in Baviera, accusati di aver complottato per attaccare siti militari e logistici in Germania per conto della Russia. Un caso simile era accaduto anche nel Regno Unito: a fine aprile, ricorda l’articolo, due uomini sono stati accusati di aver dato fuoco a un magazzino contenente aiuti per l’Ucraina. Per la procura inglese, hanno agito anche loro su mandato di Mosca.

Stessa storia, in Svezia: i servizi di sicurezza di Stoccolma stanno indagando su una serie di recenti deragliamenti ferroviari e sospettano che siano atti di sabotaggio appoggiati da uno Stato ostile. La Russia, inoltre, ha tentato di distruggere i sistemi di segnalamento delle ferrovie ceche, aveva detto il mese scorso, sempre all’Ft, il ministro dei Trasporti ceco. Secondo il servizio di sicurezza interna estone inoltre, sono stati gli uomini dell’intelligence russa ad aver attaccato a febbraio le auto del ministro degli Interni e quelle di alcuni giornalisti. Anche il ministero della Difesa francese ha messo in guardia quest’anno su possibili azioni di sabotaggio da parte della Russia contro siti militari.

“La conclusione ovvia è che c’è stato un reale incremento dell’attività russa”, ha commentato Keir Giles, consulente senior del think tank Chatham House. Un alto funzionario governativo europeo ha inoltre dichiarato al giornale che attraverso i servizi di sicurezza della Nato sono state condivise informazioni su una “chiara e convincente azione russa”, coordinata e su larga scala. Ora, ha concluso, è giunto il momento di “aumentare la consapevolezza e l’attenzione” sulla minaccia della violenza russa sul suolo europeo. Infine, appena giovedì scorso la Nato ha diffuso una nota in cui si affermava che i Paesi alleati sono “profondamente preoccupati” per le recenti “attività ostili” della Russia, di natura ibrida, sull’onda dei casi recenti che hanno portato all’indagine e all’incriminazione di più individui in Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca.

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Sinner salta Roma, è ‘triste’ ma guarda al Roland Garros

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Jannik Sinner non parteciperà agli Internazionali d’Italia a Roma. Il dolore all’anca è ancora troppo forte ma pesa anche il timore di compromettere tutta la stagione. “Non è facile scrivere questo messaggio ma dopo aver parlato di nuovo con i medici e gli specialisti dei miei problemi all’anca devo annunciare che purtroppo non potrò giocare a Roma”, scrive il campione azzurro spiegando che sarà comunque presente al Foro Italico. “Ovviamente sono molto triste di non aver recuperato, essendo uno dei miei tornei preferiti in assoluto. Non vedevo l’ora di tornare e giocare a casa davanti al pubblico italiano. Verrò comunque a Roma per qualche giorno e passerò al Foro Italico. Grazie per i vostri messaggi di supporto che apprezzo tantissimo! Ora lavorerò con la mia squadra e i medici per essere pronto per Roland Garros. A presto, forza”, sottolinea.

Un rammarico per il 22enne di Sesto Pusteria che era atteso a Roma da migliaia di tifosi contagiati dalla Sinner-mania: l’azzurro ha sempre definito gli Internazionali come il torneo di casa; arrivarci da numero 2 del ranking mondiale è una soddisfazione alla quale non avrebbe mai voluto rinunciare. D’altronde, proprio a Montecarlo – subito dopo l’uscita in semifinale con Stefanos Tsitsipas – aveva spiegato che avrebbe partecipato al torneo di Madrid ma soltanto per prepararsi in vista di Roma. Evidente segno che nel calendario di Jannik la tappa italiana ha lo stesso valore di uno Slam. Sarà lo stesso Sinner domenica a rispondere alla domande sul suo forfait. “Sinner l’ho sentito, certamente, dispiace ma sono cose che succedono.

Comunque gli Internazionali saranno da record e questo è dovuto a un momento pazzesco che stiamo vivendo. Abbiamo tanti italiani in gara, faremo il tifo per gli altri”, ha commentato il presidente della Fitp, Angelo Binaghi, che era stato avvertito ieri sera dall’azzurro della probabile rinuncia del n.1 azzurro. La decisione, soffertissima, è stata presa dopo una lunga riflessione con il proprio staff: meglio non mettere sotto sforzo quell’anca ormai troppo dolorante con il rischio di dover poi rinunciare al prosieguo dell’intera stagione.

Nel mirino ora ci sono il Roland Garros e le Olimpiadi. Inoltre – e questo è uno dei temi principali nei prossimi giorni – i problemi all’anca se non curati rapidamente a volte possono divenire cronici e condizionare l’intera carriera di un atleta. Sinner approfitterà di questo periodo per recuperare al meglio e prepararsi in vista di Parigi. Un campione deve anche sapersi gestire. Lo sport portato avanti sempre al limite logora il fisico degli atleti. I tennisti sono sempre più soggetti ad infortuni a causa dei ritmi forsennati imposti dal calendario ed al continuo cambio di superficie e palline. Su quest’ultima questione sempre più spesso gli atleti hanno levato alta una voce di protesta. Anche Carlos Alcaraz – colui che si preannuncia il rivale dell’italiano nel prossimo decennio – sta riscontrando problemi di tenuta fisica. Il dolore all’avambraccio gli impedisce di giocare con scioltezza. Lo spagnolo ha rinunciato a malincuore al torneo di Roma. Il “barone rosso” sta imparando a gestire il proprio corpo, proprio come hanno fatto in passato campioni come Novak Djokovic e Rafa Nadal che si sono confermati nell’elite del tennis fin oltre i 35 anni, superando infortuni che nel corso di una carriera non possono mai essere esclusi.

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Esteri

Zelensky finisce nella lista dei ricercati di Mosca

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La foto segnaletica è precedente alla guerra, scattata quando indossava ancora camicia e giacca, senza la barba e la mimetica che dal febbraio 2022 sono diventate simbolo del suo ruolo di guida della resistenza ucraina. In una mossa a sorpresa, Volodymyr Zelensky è finito sulla lista dei ‘most wanted’ del ministero dell’Interno russo, dopo che nei suoi confronti è stato aperto un non meglio specificato procedimento penale. Nel database infatti il presidente ucraino, nemico numero uno dello zar Vladimir Putin, è ricercato ai sensi di “un articolo” del codice penale russo. Quale sia resta un mistero, mentre il ministero degli Esteri ucraino ha liquidato la faccenda come l’ennesima “prova della disperazione della macchina statale e della propaganda russa, che non ha altre scuse degne di nota da inventare per attirare l’attenzione”.

Secondo Kiev, l’unico mandato d’arresto “del tutto reale e soggetto a esecuzione in 123 Paesi del mondo” è quello emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin con l’accusa di crimini di guerra. E sui media ucraini corre l’ipotesi che l’inserimento di Zelensky nella lista dei ricercati nasca proprio dal desiderio di vendetta per quel mandato internazionale, uno schiaffo senza precedenti mai digerito dallo zar. Oltre a Zelensky, il ministero dell’Interno russo ha emesso un ordine di arresto anche per l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko e l’ex ministro ad interim della Difesa e attuale rettore dell’Università nazionale di difesa dell’Ucraina, Mikhail Koval. Anche per loro mancano i reati contestati, così come avvenuto in altri ordini di arresto nei mesi scorsi. Dall’inizio dell’invasione, sono diversi infatti i politici e personaggi pubblici stranieri inseriti nella lista nera di Mosca che conta decine di migliaia di voci.

L’anno scorso, i russi hanno dichiarato ricercati l’allora capo delle forze armate Valery Zaluzhny e l’allora comandante delle forze di terra Oleksandr Syrsky, oggi a capo dei militari di Kiev. E proprio a seguito dell’ordine di arresto emesso contro Putin è finito nell’elenco dei ricercati anche Rosario Aitala, il giudice italiano responsabile di quel mandato. A febbraio, è stato aggiunto il nome della premier estone Kaja Kallas insieme a quelli di altri funzionari dei paesi baltici. Per loro la motivazione è stata resa nota ma suona draconiana: “Falsificazione della storia”. Mentre la Russia mischia la guerra con la giustizia interna, lo scontro prosegue in Ucraina, dove il tempo stringe per Zelensky che chiede “decisioni tempestive e adeguate sulla difesa aerea dell’Ucraina, fornitura tempestiva di armi ai nostri soldati”.

Secondo il leader ucraino, “solo questa settimana i terroristi hanno compiuto più di 380 attacchi contro le nostre città e regioni”. Un uomo è morto e cinque persone sono rimaste ferite negli attacchi di Mosca dell’ultima giornata sulla martoriata Kharkiv mentre le forze di Kiev continuano ad attaccare le regioni russe di confine: cinque feriti nell’ultimo raid su Belgorod. Nel frattempo giungono raccapriccianti resoconti delle politiche portate avanti dai russi nei territori del Donbass, dove anche i neonati innocenti sono vittime della guerra: il capo dell’amministrazione militare del Lugansk, Artem Lysogor, ha annunciato che da lunedì prossimo le madri che partoriscono negli ospedali della regione dovranno dimostrare la cittadinanza russa di almeno uno dei genitori del neonato affinché quest’ultimo possa essere dimesso dall’ospedale. Una norma – sottolinea il think tank americano Isw – che rappresenta una palese violazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.

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