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Economia

Fisco: Confedilizia, giudizio positivo, bene su cedolare

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Giudizio complessivamente positivo di Confedilizia sul ddl delega per la riforma fiscale, “trattandosi di una riforma ampia, dettagliata e attenta alla tutela del contribuente”. E’ la posizione espressa dal presidente della Confederazione della proprietà edilizia, Giorgio Spaziani Testa, in audizione alla Commissione Finanze della Camera. In termini generali, apprezzamento è stato manifestato per l’intento di operare una revisione dello statuto dei diritti del contribuente e per la particolareggiata revisione dell’attività di accertamento, valida anche per i tributi locali, giudicata “garantista” dalla Confedilizia, nonché per la prevista attenuazione delle sanzioni tributarie amministrative, in molti casi spropositate.

Per quanto riguarda la fiscalità immobiliare, la Confedilizia apprezza anzitutto il proposito di prevedere una tassazione tramite “cedolare secca” anche del reddito derivante dalla locazione di immobili adibiti a uso diverso dall’abitativo. A tal proposito, ad avviso della Confederazione dovrà necessariamente essere modificata l’impostazione attualmente prevista per la cedolare sugli affitti abitativi, al fine di rendere appetibile tale regime fiscale anche per i contratti finora esclusi. Del pari essenziale sarà eliminare l’imposizione sui canoni di locazione non percepiti.

Di particolare importanza è – secondo la Confedilizia – la previsione, nell’ambito del riordino dell’Irpef, della “tutela del bene costituito dalla casa” e l’attenzione agli obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente. A tale ultimo proposito, la Confederazione suggerisce un ampio utilizzo del meccanismo del credito d’imposta, in luogo o in alternativa a quello della detrazione, quale strumento per l’attivazione di incentivi.

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Assogestioni lavora a lista Generali, incerto deposito

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Assogestioni sta preparando una lista di candidati per il rinnovo del cda di Generali, che in prospettiva può essere l’ago della bilancia per l’esito dell’assemblea del 24 aprile. Ma non ha ancora ufficialmente deciso se presentarla. Per sciogliere il nodo è stato riaggiornato a lunedì prossimo il Comitato dei gestori che si tenuto in giornata in una riunione dal carattere interlocutorio. I tempi tuttavia stringono dato che il termine per il deposito delle liste è infatti il 29 marzo, 25 giorni prima della data della prima convocazione (23 aprile) dell’assemblea a Trieste. Lunedì quindi è probabile una decisione e l’orientamento sarebbe quello di presentare la lista anche se non si è ancora trovata una quadra tra interesse contrapposti che vanno da Mediobanca ad Anima.

A mediare ci sarebbero i maggiori gestori italiani rappresentati in Assogestioni, il gruppo Intesa Sanpaolo e Poste, mentre il coordinatore del Comitato, Emilio Franco (Mediobanca) avrebbe lasciato loro spazio. Pesa il confronto in atto fra i maggiori soci di Generali. Da una parte Mediobanca, pronta a presentare una lista di maggioranza dove candidare l’attuale ceo Philippe Donnet, dall’altra Francesco Gaetano Caltagirone, sostenuto da Delfin, che prepara una lista fino a 6 nomi. A rendere delicata la discesa in campo della lista di Assogestioni contribuisce il fatto che su quest’ultima potrebbe confluire il voto di Unicredit, ed diventare decisiva per l’esito del voto assembleare e poi per gli equilibri all’interno del nuovo cda. Con il rischio anche di ingovernabilità.

L’organo dell’associazione – composto dai rappresentanti delle Sgr e dagli investitori istituzionali con il compito di scegliere i candidati per l’elezione e la cooptazione di amministratori e sindaci di minoranza nella società italiane quotate in Borsa – deve in prima battuta scegliere i nomi che saranno verosimilmente 3 come nell’ultima assemblea di Generali, quando Assogestioni non aveva raccolto abbastanza voti per avere un rappresentante in consiglio. Allora c’erano in campo la lista del cda uscente sostenuta da Mediobanca e quella antagonista, sempre di maggioranza, messa in campo dal gruppo Caltagirone e da Delfin degli eredi di Leonardo Del Vecchio. Senza Unicredit come socio di peso.

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Terna, piano da 23 miliardi d’investimenti in 10 anni

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Ventitre miliardi di euro di investimenti nella rete elettrica in dieci anni per integrare al meglio le fonti rinnovabili e aumentare la capacità di trasporto. Il Piano di sviluppo 2025-2034 di Terna prevede un aumento delle risorse del 10% rispetto al piano precedente per rispondere “alle urgenti necessità” imposte dal contesto attuale, come ha detto l’amministratrice delegata e direttrice generale, Giuseppina Di Foggia (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Le richieste di connessione di impianti rinnovabili, di sistemi di accumulo e, sempre più negli ultimi mesi, di Data Center, sono in costante aumento”, ha osservato Di Foggia evidenziando come le domande per data center siano cresciute di sei volte nel 2024 rispetto all’anno precedente e di oltre 20 dal 2021. Sono richieste che nel breve e nel medio termine, l’a.d. è “molto sicura” di poter sostenere. La società, al tempo stesso, ha adottato un nuovo processo di programmazione territoriale delle infrastrutture per fare fronte al rischio di saturazione virtuale della rete da parte di domande per impianti che non vengono realizzati. Una misura in tal senso è allo studio anche del governo.

DA DX IGOR DI BIASIO, PRESIDENTE TERNA; GILBERTO PICHETTO FRATIN, MINISTRO DELL’AMBIENTE; GIUSEPPINA DI FOGGIA AD E DG TERNA; STEFANO BESSEGHINI PRESIDENTE ARERA (FOTO IMAGOECONOMICA)

Pichetto ha detto di puntare a definire, nei prossimi giorni, “un meccanismo affinché o gli impianti rinnovabili si fanno o la procedura decade” e ha spiegato come al momento la rete sia satura fittiziamente per le richieste di impianti che, dopo 3, 4 o 5 anni, magari non vengono realizzati. Anche il presidente dell’Autorità dell’energia (Arera), Stefano Besseghini, ha sottolineato la necessità di capire “la credibilità di 350 GigaWatt di richieste di connessione alla rete” per impianti rinnovabili. Questi numeri, secondo l’analisi di Terna, superano ampiamente il fabbisogno e gli obiettivi nazionali.

Nel piano della società, 6 miliardi sono destinati a completare, entro il 2030, tre infrastrutture determinanti per la transizione: il Tyrrhenian link, che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna, l’Adriatic link tra Abruzzo e Marche, il collegamento tra Sardegna, Corsica e Toscana. Per quell’anno sarà completato inoltre il ponte energetico Italia-Tunisia, nell’ambito del piano Mattei. Di Foggia ha dato appuntamento alla stampa tra maggio e giugno per il completamento della posa del cavo sottomarino del Tyrrhenian link da Termini Imerese a Battipaglia. “Il piano di sviluppo migliora il Paese”, ha detto il presidente di Terna Igor De Biasio “riusciamo a essere abilitatori verso la transizione energetica e verso la decarbonizzazione, anche unendo, connettendo e integrando i territori”.

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Salini, sul ponte Stretto pronti a partire a fine aprile

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Webuild è pronta a partire per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. E’ l’amministratore delegato del gruppo, Pietro Salini (foto Imagoeconomica in evidenza), a parlarne agli analisti finanziari, nel corso della presentazione dei risultati record raggiunti l’anno scorso. Il processo di approvazione è “quasi alla fine e siamo in attesa della decisione finale del Cipess per iniziare entro la fine di aprile”, afferma Salini. La durata della fase design & construction è stimata in 7 anni e mezzo e il completamento è previsto per il 2032.

“Spero di esserci e di poterlo attraversare insieme a tutto il team entro la fine del 2032”, scherza l’amministratore delegato di Webuild, ribandendo che “siamo pronti, così come anche tutti i partner industriali, a iniziare con orgoglio questo progetto molto importante per l’Italia e soprattutto per il Sud”.

L’investimento attualmente stimato per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, dei 40 chilometri di collegamenti stradali e ferroviari, delle tre nuove stazioni ferroviarie e del centro direzionale in Calabria è di 13,5 miliardi di euro. L’importo sarà definito dal Cipess con l’approvazione del piano finanziario.

Il progetto prevede la costruzione del ponte sospeso più lungo al mondo, con una lunghezza complessiva di 3.666 metri ed una campata sospesa di 3.300 metri. Il ponte ha un’altezza superiore ai 72 metri sul livello del mare per una larghezza di 600 metri al centro dello Stretto. Si tratta di un progetto industriale nazionale, secondo Salini, che può dare lavoro e opportunità di futuro a “migliaia di giovani” e consentirà di connettere “cinque milioni di persone con il resto d’Europa”.

All’appuntamento con il ponte, Webuild si presenza con un “modello di business rafforzato”. Il gruppo, infatti, ha archiviato il 2024 con risultati che hanno superando i target previsti. I ricavi hanno registrato una crescita a doppia cifra a 12 miliardi di euro, in aumento del +20% sul 2023 e rispetto ad una guidance che li prevedeva superiori a 11 miliardi. L’utile netto si attesta a 247 milioni, in crescita rispetto ai 236 milioni dell’anno precedente.

Il margine operativo lordo (Ebitda) si attesta a 967 milioni, in crescita del 18% e ben oltre le previsioni. Questi numeri non sono un “evento isolato. Sono il frutto di una strategia chiara e coerente che perseguiamo dal 2012”, sottolinea Salini. Il direttore generale, Massimo Ferrari, ha inoltre evidenziato come la “liquidità si mantiene solida, superando i 4 miliardi di euro. La nostra posizione di cassa netta si è attestata a 1,45 miliardi di euro, superando di gran lunga le aspettative”.

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