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Cronache

La Corte di Giustizia europea: l’Italia recuperi 4 miliardi di Ici dalla Chiesa. Ma sono dieci anni che non possono incassare

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La scuola elementare Montessori di Roma e un Bed&Breakfast di San Cesareo hanno vinto la battaglia loro legale contro la  Chiesa. Dopo 12 anni di ricorsi, sentenze, la Corte di Giustizia europea ha stabilito che lo Stato dovrà recuperare arretrati sulla vecchia imposta comunale sugli immobili stimati intorno ai 4 miliardi di euro. I due piccoli esercizi commerciali tentano di obbligare lo Stato italiano a far pagare l’Ici sullo sconfinato patrimonio immobiliare del Vaticano dal lontano 2006, quando presentarono, con il sostegno del Partito Radicale, il primo ricorso a Bruxelles.

Corte di Giustizia europea. Il recupero dell’Ici non sarà facile

I giudici dell’ Unione hanno annullato la decisione della Commissione del 2012 e ribaltato la sentenza dello stesso Tribunale Ue del 2016 che avevano riconosciuto all’ Italia “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative” nei confronti degli enti commerciali, come scuole, cliniche e alberghi ecclesiastici, per mancanza di banche dati attendibili. I giudici oggi hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere “difficoltà interne all’Italia” di natura “esclusivamente a essa imputabili” e non idonee a giustificare la decisione di non recuperare, anche soltanto parzialmente, le somme. La Corte di Giustizia ha respinto invece la parte del ricorso che riguardava le esenzioni godute dall’Imu, l’imposta succeduta all’Ici, introdotte dal governo Monti.
La questione, politica prima ancora che giudiziale, si trascina dal 1992, quando il “padre” dell’ imposta, il primo governo Amato, inserisce gli immobili di proprietà della Chiesa in una lunga lista di esenzioni. Nel 2004 una sentenza della Corte di Cassazione stabilisce che almeno le attività “oggettivamente commerciali” sul territorio italiano dovessero pagare l’ Ici. Nel 2005, però, il governo di Silvio Berlusconi, alla vigilia delle elezioni torna all’esenzione totale “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale” delle attività svolte. A ringarbugliare la situazione arriva poi il governo Prodi decidendo che dovessero essere esentati solo gli edifici adibiti ad attività “con finalità non esclusivamente commerciali”. E proprio l’avverbio “esclusivamente” ha permesso alla Chiesa di usufruire dell’esenzione anche per le strutture turistiche, scolastiche o sanitarie purché avessero almeno una cappella. Nel 2010 l’Antitrust Ue apre un’indagine e conclude che quelli concessi dal 2006 al 2011 dall’Italia al Vaticano sono aiuti di Stato illegali.
La questione si chiude nel 2012, quando il governo Monti, con l’abbandono dell’Ici per l’Imu, limita l’esenzione solo alle strutture prive di attività commerciali. Nel 2014 il governo Renzi ha esonerato dal pagamento di Imu e Tasi (servizi) le cliniche convenzionate e le scuole paritarie (in gran parte della Chiesa) e molte strutture commerciali ecclesiastiche hanno continuato a non pagare. A Roma la giunta Marino scoprì che il 40% degli immobili del clero aveva un arretrato, tra Ici, Imu, Tasi e Tari (rifiuti) di 20 milioni. La rivendicazione non migliorò la popolarità del sindaco Oltretevere.
Ma caduto Marino, la giunta Raggi ha promesso di farsi dare il dovuto. Finora senza successo. Maurizio Turco, rappresentante legale del Partito Radicale italiano, fa sapere che stanno preparando una denuncia preventiva allo Stato per danni erariali nel caso non si proceda celermente al recupero. “Siccome non si va in prescrizione – spiega Turco – faremo il necessario perché il provvedimento si estenda a partire dal 1992 e avviseremo la Corte dei Conti che ci sono 3 miliardi e 600 milioni ballerini, come minimo”. Per l’Anci, l’associazione dei Comuni, la sentenza non è applicabile: ci vorrà una legge.

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Cronache

Sophie Codegoni: «Ho denunciato il mio ex compagno, ma sto vivendo un inferno»

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Sophie Codegoni, 23 anni, influencer da oltre un milione di follower e volto noto del Grande Fratello Vip, racconta per la prima volta con dolore e coraggio il suo calvario. Una storia di violenza psicologica, controllo ossessivo e minacce che l’ha portata a denunciare l’ex compagno Alessandro Basciano, oggi indagato per stalking aggravato.

Un amore nato sotto i riflettori, finito nel terrore

«Tante volte ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare di denunciare? È tostissimo. So di aver fatto la cosa giusta, ma sto vivendo un inferno», dice Sophie tra le lacrime. La relazione con Basciano era nata nel 2021 all’interno della casa del GF Vip. Lei aveva 19 anni, lui 31. Dopo il reality, la convivenza a Roma e la nascita della figlia Celine Blue sembravano coronare una storia d’amore. Ma dietro la facciata, si nascondeva un incubo.

La denuncia e il dispositivo anti-stalker

«A dicembre 2023 ho ricevuto l’orologio anti-stalker dai carabinieri. Basta un tasto e arrivano le pattuglie», racconta. Prima, Sophie aveva persino assunto una guardia del corpo per tutelarsi. Ma il vero spartiacque è arrivato con la decisione di tornare dalla sua famiglia, dopo aver scoperto numerosi tradimenti.

Da lì, minacce continue: «Ovunque andassi, lui lo sapeva. Mi scriveva: “Put***, ti tolgo la bambina”». E quando tentava di allontanarsi, le rispondeva con messaggi in cui minacciava il suicidio. Fino all’episodio culminante: «Ha aggredito i miei amici, ha spaccato la loro macchina, poi mi ha chiamata dicendo che avrebbe ammazzato anche me». È stato allora che Sophie ha sporto una seconda denuncia.

Le misure del giudice: divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico

Il 30 aprile 2025 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto per Basciano di avvicinarsi a meno di 500 metri da Sophie e dalla figlia, e gli ha imposto il braccialetto elettronico. L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma le prove raccolte — comprese tre anni di chat fornite da Sophie — hanno mostrato, secondo la Procura, un quadro «più infernale di quanto sembrava».

La solitudine dopo la denuncia

Nonostante le misure di protezione, Sophie si dice distrutta: «Mi sento svuotata, piango sempre. Devo mostrarmi forte per mia figlia e per il mio lavoro, ma ogni parola è una ferita». Dopo la scarcerazione di Basciano nel novembre scorso, Sophie ha sentito su di sé lo sguardo del sospetto: «È stato durissimo. Ma ora ho trovato la forza di parlare».

Un messaggio alle donne

«Non ero più io, non sono più io», confessa. Il percorso è ancora lungo, ma Sophie Codegoni — con il sostegno dell’avvocata Jessica Bertolina — ha deciso di non rimanere in silenzio. Una testimonianza potente, che contribuisce a rompere il muro dell’indifferenza e dell’incredulità intorno alla violenza domestica.

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Archiviata l’inchiesta sull’aggressione a Iovino: cadono le accuse contro Fedez

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Il gip ha archiviato l’indagine sull’aggressione al personal trainer Cristiano Iovino, avvenuta nell’aprile 2024, scagionando definitivamente il rapper Fedez. Lo ha reso noto la Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione per assenza di prove a sostegno dell’ipotesi di una rissa.

Nessuna prova, niente rissa

Secondo quanto stabilito dal giudice, non esistono elementi sufficienti a sostenere l’accusa, e la vicenda non può essere qualificata come una rissa, né tantomeno attribuita con certezza a responsabilità personali del cantante.

Il personal trainer Cristiano Iovino non aveva presentato querela e aveva accettato una transazione economica da 10 mila euro, chiudendo così la vicenda in sede civile.

La reazione della difesa

Soddisfatti gli avvocati di Fedez, Gabriele Minniti e Andrea Pietro-lucci, che in una nota dichiarano: «Viene finalmente esclusa ogni responsabilità del nostro assistito. È la miglior risposta al pesante processo mediatico a cui è stato sottoposto da un anno».

Con questa decisione si chiude ufficialmente un capitolo controverso che ha coinvolto il nome dell’artista per mesi, oggetto di speculazioni e attenzione mediatica, senza che vi fosse mai stata una denuncia da parte della persona coinvolta.

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Se non rispetti l’ordinanza del giudice, paghi ogni giorno: a Verona scatta la linea dura nelle cause di separazione

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Una svolta significativa nei casi di separazione e affidamento dei figli arriva da Verona, dove la sezione Famiglia del Tribunale civile ha cominciato ad applicare una misura finora poco utilizzata, prevista dalla riforma Cartabia: sanzioni pecuniarie giornaliere, anche d’ufficio, per i genitori inadempienti.

La novità introdotta dalla riforma Cartabia

La norma, contenuta nell’articolo 473-bis.39 del Codice di procedura civile, permette al giudice di disporre, anche senza richiesta della parte lesa, una somma da versare per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di un provvedimento che riguarda il benessere dei figli, sia sul piano economico che relazionale. È uno strumento pensato per garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie in materia familiare, contrastando inadempienze gravi.

Due i casi applicati a Verona

Nel primo caso, un padre che si rifiutava di pagare i 300 euro mensili stabiliti per il mantenimento dei figli, sostenendo di avere già sostenuto altre spese, è stato condannato a pagare 100 euro per ogni giorno di ulteriore inadempienza. La minaccia ha funzionato: dopo cinque giorni, e quindi dopo una multa complessiva di 500 euro, l’uomo ha versato quanto dovuto.

Nel secondo caso, ancora più delicato, una madre che tiene il figlio all’estero impedendo gli incontri con il padre è stata condannata a pagare 200 euro al giorno finché non rispetterà l’ordinanza di far collocare il minore anche presso il padre. A nulla sono valse finora una condanna a 3.000 euro di risarcimento e una sentenza del tribunale stranieroche le intima di rimpatriare il figlio: la donna, pur rientrando saltuariamente in Italia, continua a ignorare l’ordinanza del settembre 2024.

Un cambio di passo nei tribunali

Queste misure — spiega il giudice Massimo Vaccari, estensore di una delle ordinanze — servono a tutelare i minori e a far rispettare l’autorità giudiziaria. Non si tratta di strumenti nuovi in assoluto: già esistevano, ma erano applicabili solo su richiesta delle parti. Con la riforma, invece, il giudice può intervenire direttamente quando ravvisa danni o pregiudizi per i figli.

Il messaggio ai genitori separati è chiaro: disattendere le decisioni del giudice costa caro, giorno dopo giorno. E ora il sistema giudiziario sembra pronto a far valere davvero queste regole.

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