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Pandemia sociale, il monito di Padre Maurizio Patriciello: cari scienziati e politici aiutate i poveri, basta polemiche

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Lo abbiamo capito, la pandemia sta rendendo un ottimo favore ai ricchi e un pessimo servizio ai poveri. Le classi meno abbienti, avvezze da sempre ad arrangiarsi, a sopravvivere di espedienti e di lavori saltuari; i piccoli lavoratori autonomi, i commercianti, i ristoratori, i bottegai, sono terrorizzati al pensiero di essere di nuovo rinchiusi in casa. Centinaia di migliaia di persone – soprattutto nel nostro Sud – vivono alla giornata, fingere di non saperlo, vuol dire condannarle a una morte lenta e inesorabile. Sta accadendo con la pandemia quello che è accaduto con il disastro ambientale. Troppo spesso ci è stato chiesto, più o meno esplicitamente: vuoi il lavoro che inquina o aria salubre e disoccupazione? Bella domanda. Voglio lavorare, certo, ma per vivere non per morire. Il Coronavirus sta sconvolgendo le nostre vite. Tutti siamo responsabili di tutti. Tutti possiamo trasformarci in diffusori dell’epidemia. Contro l’invisibile nemico una delle poche armi certe che abbiamo a disposizione è la prevenzione.

Beati coloro che, in questo triste tempo, hanno un lavoro sicuro, una casa ampia, magari con giardino annesso. Beati coloro che possono permettersi specialisti privati, medicine e tamponi a pagamento. E i poveri? Come faranno? Gli abitanti dei bassi napoletani o dei minuscoli appartamenti nelle immense periferie urbane, dove potranno isolarsi per eventuali quarantene?

“Siamo tutti sulla stessa barca”, è vero, ma non tutti occupiamo i posti più sicuri; la maggior parte dei naufraghi è stata accalcata in angoli angusti dove, alla prima ondata anomala, saranno scaraventati in mare.

A Napoli, venerdì sera, c’è stata una protesta nei confronti del Governatore, del governo e delle restrizioni che vanno annunciando un giorno si e l’altro pure. All’inizio sono scesi in strada i commercianti, i ristoratori, i negozianti. Una protesta civile in un Paese civile. Ben presto, però, è scaduta in una vera e proria guerriglia urbana, al punto che i primi ne hanno preso le distanze.

Guerriglia che condanniamo con tutte le nostre forze. La maggior parte dei ragazzi che protestavano, tra l’altro, non rispettavano le più elementari regole del distanziamento e non indossavano la mascherina.

Una guerriglia inopportuna, inutile, dannosa. Ancora una volta una guerra tra poveri. Dalle nostre case, dove stavamo rinchiusi anche per amore di chi non mostrava di volerci e volersi bene, abbiamo guardato quelle scene con una tristezza immensa. No, ragazzi, così vi fate e ci fate solamente male.

Mi sia permesso, però, di fare un appunto anche ai fratelli scienziati. Non potete continuare a confonderci le idee. Avete anche voi il dovere di pesare le parole se volete davvero aiutarci ad essere obbedienti per il bene nostro e del Paese. È del tutto normale, quando vi contraddite, che ognuno, secondo i suoi bisogni, la sua indole, la sua età, la sua salute, la sua bontà, il suo conto in banca, si farà adepto dello scienziato che più gli aggrada. E’ da quasi un anno che oscilliamo tra speranza e paura, illusioni e delusioni. È dal mese di febbraio che sentiamo dire un giorno da un illustre virologo che non bisogna fare terrorismo, che tutto andrà bene, che questa pandemia è paragonabile a un’ influenza stagionale, solamente un poco più noiosa; e mentre stiamo per riprendere fiato, ecco arrivare un collega altrettanto illustre che smentisce tutto.

Cari scienziati, per favore, mettetevi insieme, organizzate una sorta di conclave, prendetevi il tempo necessario, e alla fine diteci voi – i soli nei quali dobbiamo e vogliamo riporre la nostra fiducia – che cosa dobbiamo fare.

Anthony Fauci. Capo virologo della Casa Bianca sempre più spesso insolentito da Donald Trump

Anche a coloro che governano gli italiani e ai grandi dei Paesi stranieri, abbiamo da rivolgere una preghiera. Perdonateci, ma a tutto c’è un limite. Leggere che l’uomo più potente del mondo, Donald Trump, ridicolizza e offende in modo eclatante e volgare Anthony Fauci, uno dei virologi più famosi d’ America, definendolo “un disastro” mette in fribillazione non solo gli americani ma tutti noi, poveri mortali. Così come ci preoccupano e ci umiliano le scaramucce tra i governatori, sindaci, Premier e Ministro della Salute di casa nostra.

Nessuno si offenda, ma sembra davvero di partecipare, a volte, al “mercato del virus”. Ce n’ è per tutti i gusti, per tutte le tasche. Penso che, mai come adesso, c’è bisogno da parte della Medicina e della classe politica, di scienza, coscienza, chiarezza, onestà e tanta, ma tanta, umiltà. Ancora una volta condanniamo la guerriglia scoppiata a Napoli, ma guai a noi, e in particolare a chi detiene il potere, se tentiamo di liquidarla in fretta, magari minacciando il pugno duro, senza prendere in considerazione il dramma che stanno vivendo in Campania, e non solo, i fratelli più poveri.

Questa sciagura che ci è cascata addosso non ci renderà automaticamente migliori. Da quella del 1918 i nostri antenati impararono ben poco se, solo pochi anni dopo, tornarono ad accapigliarsi e uccidersi. Nessuno venga lasciato indietro. Chi dalla vita ha ricevuto di più non rinunci alla gioia e alla soddisfazione di dare di più. In tutti i sensi, in tutti i campi.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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