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Corona Virus

Crescono gli asintomatici, il Cts conferma la linea tamponi

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Aumenta il numero delle persone positive al SarsCov2 asintomatiche rilevate dai tamponi grazie al contact-tracing, ma la crescita esponenziale dei casi di Covid nelle ultime settimane ha ormai messo in crisi il sistema del tracciamento sollevando dubbi sulle strategie da adottare. Se le Regioni chiedono dunque di riservare ora i tamponi molecolari ai soggetti sintomatici, per alleggerire il peso a carico dei servizi territoriali, il Comitato tecnico scientifico conferma invece la linea dei tamponi agli asintomatici, ma non mancano posizioni diverse. Di certo la quota di asintomatici e’ rilevante. Sono “in aumento e questo e’ un elemento cui porre attenzione”, ha rilevato il presidente dell’Istituto Superiore di Sanita’ (Iss), Silvio Brusaferro. L’ aumento e’ dovuto al maggior numero di tamponi effettuati sui contatti e per le attivita’ di screening (ad esempio prima di un interventi chirurgico in ospedale) rispetto all’inizio della pandemia. Ma e’ verosimile che “oltre l’80% di tutti coloro che contraggono l’infezione siano asintomatici o paucisintomatici”, spiega Flavia Riccardo dell’Iss, sottolineando al contempo come sia cresciuto il numero di asintomatici rispetto ai mesi iniziali dell’epidemia: sono il 56,5% sul totale dei test molecolari effettuati nel periodo 20 luglio-20 ottobre. La percentuale era invece pari al 15,1% nei primi tre mesi dell’epidemia (20 febbraio- 20 maggio). Ed ancora: una ragione di allerta sta anche nel fatto che il 20% delle persone infette sono superdiffusori e sono responsabili del “70-80% delle infezioni complessive; ma all’interno di questo 20% di superdiffusori del virus, la grande maggioranza e’ rappresentata proprio da soggetti asintomatici”, rileva l’immuno-virologo Guido Poli, presidente del Patto Trasversale per la Scienza. Individuare questa categoria e’ quindi fondamentale ed una valida strategia in tal senso, secondo Poli, e’ procedere a dei lockdown ‘chirurgici’, ovvero a contenimenti mirati di zone dove i dati indicano una diffusione dell’infezione superiore alla media nazionale, come fatto agli inizi dell’epidemia ad esempio a Codogno e Vo. Ma come individuare gli asintomatici resta un elemento di discussione. A questo proposito, fonti qualificate del Cts affermano che ne’ il ministro della Salute ne’ il Comitato tecnico scientifico hanno messo in discussione, almeno fino ad oggi, la necessita’ di effettuare tamponi ai soggetti asintomatici, ricordando che la la circolare dell’11 ottobre scorso firmata dal direttore della prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza indica esplicitamente anche gli asintomatici. La circola distingue tra casi e contatti asintomatici, e per i primi prevede una quarantena di 10 giorni seguita da tampone negativo per il rientro in comunita’. Tuttavia, fare i tamponi solo ai sintomatici “non credo che sia una resa, ma potrebbe essere un necessario e temporaneo cambio di strategia”, ha puntualizzato Luca Richeldi, pneumolgo e componente del Cts, commentando l’allarme di un gruppo di fisici della Sapienza che ha definito una ‘resa’ l’ipotesi di riformare il contact tracing, avanzata appunto dalle regioni. I sintomatici, ha spiegato, “sono quelli che hanno piu’ necessita’ di essere diagnosticati per due motivi: il primo e’ che devono essere curati, il secondo e’ che vanno isolati perche’ sappiamo che hanno probabilmente le cariche virali piu’ alte”. Insomma, “una persona che starnutisce, tossiche e ha febbre ha una diffusione del virus alle persone circostanti piu’ elevata”, ha aggiunto. Intanto il Tar del Lazio apre ai laboratori privati per l’effettuazione dei tamponi molecolari, che oggi si possono eseguire solo nelle strutture pubbliche. Ha infatti dichiarato nulli i provvedimenti con i quali la Regione Lazio ha stabilito che i laboratori d’analisi privati non sono autorizzati all’esecuzione dei tamponi nasofaringei e/o orofaringei per la diagnosi di laboratorio del virus Sars Cov-2, se non ricompresi nella rete Coronet.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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