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Cultura

Dj Fabo, il bisogno vitale di morire e il diritto di morire

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Nicola Graziano. Magistrato e scrittore

Sono rimasto letteralmente inchiodato al divano dopo aver ascoltato le parole di Dj Fabo attraverso le quali ha raccontato a Giulio Golia il suo dolore e la sua inumana sofferenza.

Quello che più mi ha colpito però è stato il suo coraggio o meglio la sua decisa volontà di cessare una vita fatta solo di dolore, di dolore, di dolore, come lui ha detto negli ultimi istanti di quella vita che, diceva essergli stata già definitivamente negata in quella notte in cui quel violento impatto lo aveva privato di ogni speranza.
Tre anni, tre lunghissimi anni in cui aveva provato a reagire, a riprendere in mano le sorti di una vita fatta di musica e avventura, in cui aveva provato invano a confrontarsi con la morte in cui era piombato per sconfiggerla per sempre.
Poi la scelta di porre fine alla sofferenza o meglio di consacrare, attraverso il rito mortale, la vittoria di quella notte senza fine.  La scelta, cioè, di prenderne atto!
Lo ha fatto attraverso un durissimo viaggio verso la Svizzera, attraverso ore di solitudine e amore, di gioia e sofferenza, di certezze e di speranza. Mi chiedo come deve essere attraversare gli ultimi chilometri della Vita, sapendo di stare su una strada di non ritorno ma questo però è quello che penso io ma certamente non è quello che pensava lui mentre si dirigeva, da cieco, verso la luce di una iniezione forse per lui non mortale ma di speranza di cessare ogni sofferenza.
In questi giorni ho letto molto, perché sono piombato in una solitudine interiore e mi hanno colpito in particolare le riflessioni del filosofo napoletano Aldo Masullo e del giurista Gustavo Zagrebelsky. Il primo sottolineava che per Dj Fabo il più alto bisogno vitale era diventato quello di morire mentre l’ex Presidente della Corte Costituzionale che, con argomentazione profondissime, ha riflettuto sul diritto di morire ed ha concluso che tale diritto, come limite alla Vita ed alle Libertà che presuppongono l’esistenza, non esiste.
Bisogno vitale di morire e diritto di morire è davvero questo il dilemma dinnanzi al quale ognuno di noi è chiamato ad interrogarsi in una visione laica di uno Stato basato sulla democrazia dei diritti.
Perché è fuori di ogni dubbio che lo Stato a volte è chiamato a legiferare per disciplinare i bisogni che emergono nel fluire quotidiano della società vivente, per garantire diritti che altri potrebbe negare e per riconoscere le libertà.
Probabilmente Dj Fabo se avesse avuto la possibilità materiale avrebbe scelto il suicidio perché era lucido e consapevole che la sua brillante mente era chiusa in un sacco di pelle che generava sofferenze inaudite alla sua anima ma ha avuto bisogno di assistenza per concretizzare la sua scelta o meglio il suo bisogno vitale di morire, non bastandogli più quei ripetuti gesti d’amore profondo della sua compagna che fino all’ultimo istante lo amato così tanto fino ad assecondare il suo ultimo desiderio.
Si perché la morte ci pone anche dinnanzi al dramma dell’amore, esaltandone le sue più formidabili virtù.
È qui che forse più di ogni altro luogo che si apre il tema della tutela della volontà estrema di morire e della concreta attuazione della sua scelta perché se il caso del Dj Fabo è un caso di suicidio assistito o meglio di eutanasia più difficile è la questione di interpretare una volontà non immediatamente e continuamente espressa nel momento della immane sofferenza.
Il Parlamento quindi non solo è chiamato a risolvere il caso della eutanasia ma soprattutto dovrà disciplinare il caso del cd testamento di vita o meglio testamento sulla vita come manifestazione di scelta di cessare la vita, scegliendo, in qualsiasi momento di estrema sofferenza, la morte.
Sembra uno scioglilingua che ancor più si complica se solo si pensa alla riflessione di Zagrebelsky che nega il diritto di morire perché la morte è la fine di ogni diritto.
Io credo che non può dubitarsi del limite al potere di legiferare del Parlamento ogni qual volta si sfiorano temi che poco hanno a che fare con il superamento della soglia della stretta individualità ed interiorità, ogni qual volta un cittadino italiano si trova ad affrontare una notte senza fine.
Appare perciò necessario intervenire per liberare questa materia da lacci e lacciuoli che la imbrigliano come diceva il Dj Fabo che si lamentava appunto di una notte senza fine e del dolore, del dolore, del dolore che questa gli provocava.
Queste sue ultime parole (dolore…dolore…dolore…) sembrano rintocchi di una campana che annuncia le sorti di ognuno di noi e il Parlamento è chiamato ad essere come un battaglio che vibra colpi in termini di democrazia e libertà perché non si può più impedire, in uno Stato come il nostro, che venga negato il bisogno primario di cessare la vita, che sia o non sia questo un diritto non saprei e non saprei se è utile seguire questo percorso definitorio, ma sono certo che la vita e la morte come la luce e le tenebre, come la musica ed il silenzio, come l’amore e la sofferenza, come il pianto e la gioia, sono nascosti nelle caverne più inaccessibili della nostra ragione e della nostra passione e meritano rispetto non potendo nessuno di noi, nemmeno chi ci da la vita, porre limiti all’esercizio verso il niente perché il resto di niente, per chi c’è dentro, è davvero tutto ma proprio tutto.
Adesso alla voce oramai silenziosa del Dj Fabo si è unita quella della Corte Costituzionale che chiede di provvedere in questo successivo anno che verrà! Nessuno può più sottrarsi da questa (apparentemente) insormontabile responsabilità.

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Il caffè simbolo di Napoli, una due giorni per celebrarlo

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Non c’è giornata dei napoletani che non inizi con un caffè: che sia tradizionale, macchiato, schiumato, freddo o caldo, in tazza o in vetro, ma il buongiorno è sempre accompagnato da un caffè. E per celebrare questo legame imprescindibile tra la città e la sua bevanda, il Comune di Napoli propone una due giorni, il 7 e 8 maggio, dedicata interamente al caffè con la manifestazione ‘Nu bbellu ccafè’ in programma al Maschio Angioino. “Parlare del caffè a Napoli è parlare di noi – ha detto il sindaco, Gaetano Manfredi – il senso del caffè è socialità, cultura, storia, è stare insieme. Il grande valore di Napoli oggi è essere una grande capitale in cui le persone stanno insieme ed è importante soprattutto in un momento fatto di grandi divisioni, sofferenze e guerre e il caffè è anche momento di pace”.

Un legame che è celebrato e raccontato da sempre anche dalla musica, dal teatro, dalla letteratura. “Il caffè, insieme alla pizza, è uno degli emblemi della nostra città – ha detto l’assessora al Turismo, Teresa Armato – vogliamo fare in modo che le nostre tradizioni enogastronomiche diventino sempre più attrattori turistici perché a Napoli vengono per tante ragioni e una di queste sono sicuramente il mangiare e il bere le nostre prelibatezze”. L’idea della manifestazione è nata da un ordine del giorno proposto dalla vicepresidente del Consiglio comunale, Flavia Sorrentino, e approvato all’unanimità, con cui si chiedeva di istituire la Giornata del caffè in città.

Al Maschio Angioino, napoletani e turisti potranno partecipare a incontri che spiegheranno il caffè, le sue varianti e come si è arrivati al rito del caffè, potranno partecipare a workshop, a cui si affiancheranno momenti di assaggio, competizioni e contest. Alla manifestazione parteciperanno esperti di caffè, tutte le torrefazioni napoletane, molti bar napoletani fra cui lo storico Gambrinus. Un’iniziativa che si pone anche nel solco del percorso che la città di Napoli, insieme ad altre città italiane, ha messo in campo affinché il caffè sia riconosciuto patrimonio Unesco.

“Con questa manifestazione proviamo a diffondere questa dipendenza – ha sottolineato lo scrittore Maurizio De Giovanni – cerchiamo di fare da ‘pusher’ di una dipendenza fondamentale per i napoletani per cui il caffè è una modalità di incontro sociale”. Il logo della manifestazione è stato realizzato dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.

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Cronache

Strasburgo: Getty restituisca la statua dell’Atleta di Lisippo all’Italia

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L’Italia ha tutto il diritto di confiscare e chiedere la restituzione della statua greca in bronzo dell’Atleta vittorioso attribuita a Lisippo che si trova attualmente nel museo della la villa Getty a Malibu, in California. Lo ha stabilito oggi all’unanimità la Corte europea dei diritti umani respingendo il ricorso presentato dalla fondazione Paul Getty per violazione della protezione della proprietà.

Nella sua sentenza, la Corte di Strasburgo ha quindi riconosciuto la legittimità dell’azione intrapresa dalle autorità italiane per recuperare l’opera d’arte che venne rinvenuta nelle acque dell’Adriatico, al largo delle Marche, nel 1964. E che, dopo varie vicissitudini, venne acquistata dalla fondazioni Getty nel 1977 per approdare infine al museo di Malibu. I giudici, in particolare, hanno sottolineato che la protezione del patrimonio culturale e artistico di un Paese rappresenta una priorità anche dal punto di vista giuridico. Inoltre, diverse norme internazionali sanciscono il diritto di contrastare l’acquisto, l’importazione e l’esportazione illecita di beni appartenenti al patrimonio culturale di una nazione.

La fondazione Getty, sottolinea inoltre la Corte, si è comportata “in maniera negligente o non in buona fede nel comprare la statua nonostante fosse a conoscenza delle richieste avanzate dallo Stato italiano e degli sforzi intrapresi per il suo recupero”. Da qui la constatazione che la decisione dei giudici italiani di procedere alla confisca del bene conteso “è stata proporzionata all’obiettivo di garantirne la restituzione”.

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Cultura

“L’avvocato del D10S”: Angelo Pisani e la battaglia giudiziaria per Maradona

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Il libro “L’avvocato del D10S” di Angelo Pisani non è solo un tributo a Diego Armando Maradona, ma anche una narrazione intensa e appassionata delle battaglie legali che hanno segnato la vita del leggendario calciatore. L’opera, pubblicata da LOG edizioni e lunga 159 pagine, è disponibile al prezzo di 14,90 euro e si rivela un testo cruciale per chi desidera comprendere a fondo le vicende giuridiche e umane del “pibe de oro”.

Angelo Pisani, che ha rappresentato Maradona nelle aule di giustizia, descrive con fervore la sua lotta per dimostrare l’innocenza del calciatore di fronte alle accuse di evasione fiscale e altri gravi addebiti mossi dalla giustizia italiana. Attraverso un lavoro legale che si è esteso per decenni, Pisani è riuscito a infrangere il “muro di titanio” di Equitalia, sancendo giuridicamente l’innocenza di Diego.

Il titolo del libro, “L’avvocato del D10S”, è una chiara dichiarazione di stima e devozione verso Maradona, e il sottotitolo “Un’arringa in difesa di Diego Armando Maradona” stabilisce inequivocabilmente il tono dell’opera. Le prefazioni e le postfazioni scritte da noti esponenti del tifo calcistico partenopeo e figure chiave dell’ambiente sociale latino, come Maurizio de Giovanni, Gianni Minà e Nicola Graziano, arricchiscono ulteriormente il testo, aggiungendo diverse prospettive sulla figura di Maradona.

Il libro offre un ritratto inedito di Maradona, non solo come sportivo eccezionale ma anche come eroe umano e difensore dei più deboli, costantemente in lotta contro figure potenti come i presidenti della FIFA, Joao Havelange e Sepp Blatter. Inoltre, evidenzia il supporto di Maradona ai governi di sinistra in America Latina, una posizione che lo ha reso un bersaglio politico tanto quanto una stella del calcio.

Pisani non manca di ricordare il sostegno di Fidel Castro a Maradona durante i suoi momenti più bui, come la lotta contro la tossicodipendenza, un periodo durante il quale Maradona stesso riconoscerà il suo debito verso il leader cubano tatuandosi l’immagine del Che Guevara.

Il culmine del libro si raggiunge nel racconto del 25 maggio 2014, quando la giustizia italiana, dopo una lunga serie di battaglie legali, ha finalmente scagionato Maradona da ogni accusa di evasione fiscale. Questo evento non solo ha rappresentato una vittoria legale, ma ha anche simboleggiato la riscossa di un uomo contro un sistema che sembrava schiacciarlo.

“L’avvocato del D10S” di Angelo Pisani è quindi molto più di un semplice racconto giuridico; è un’affascinante biografia che intreccia diritto, sport e politica, mostrando come la vita di uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi sia stata incessantemente intrecciata con le dinamiche del potere a livello mondiale.

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