La Chiesa deve essere “sempre in uscita”, altrimenti “si ammala”. Ed e’ meglio “una Chiesa incidentata”, che una Chiesa “ammalata da chiusura”. Torna su temi molto cari al suo pontificato, fin dalla prima predicazione e dal manifesto programmatico ‘Evangelii gaudium’, papa Francesco nel commentare oggi all’Angelus la parabola evangelica dei lavoratori chiamati a giornata dal padrone della vigna. “Dio agisce cosi’ anche oggi – spiega -: continua a chiamare chiunque, a qualsiasi ora, per invitare a lavorare nel suo Regno. Questo e’ lo stile di Dio, che a nostra volta siamo chiamati a recepire e imitare. Egli non sta rinchiuso nel suo mondo, ma ‘esce’: Dio sempre e’ in uscita, cercando noi; non e’ rinchiuso: Dio esce. Esce continuamente alla ricerca delle persone, perche’ vuole che nessuno sia escluso dal suo disegno d’amore”. E per papa Bergoglio, “anche le nostre comunita’ sono chiamate ad uscire dai vari tipi di “confini” che ci possono essere, per offrire a tutti la parola di salvezza che Gesu’ e’ venuto a portare. Si tratta di aprirsi ad orizzonti di vita che offrano speranza a quanti stazionano nelle periferie esistenziali e non hanno ancora sperimentato, o hanno smarrito, la forza e la luce dell’incontro con Cristo”. La Chiesa “deve essere come Dio”, insiste Francesco: “sempre in uscita; e quando la Chiesa non e’ in uscita, si ammala di tanti mali che abbiamo nella Chiesa. E perche’ queste malattie nella Chiesa? Perche’ non e’ in uscita. E’ vero che quando uno esce c’e’ il pericolo di un incidente. Ma e’ meglio una Chiesa incidentata, per uscire, per annunziare il Vangelo, che una Chiesa ammalata da chiusura. Dio esce sempre, perche’ e’ Padre, perche’ ama. La Chiesa deve fare lo stesso: sempre in uscita”. Inoltre Dio “non guarda al tempo e ai risultati, ma alla disponibilita’, guarda alla generosita’ con cui ci mettiamo al suo servizio. Il suo agire e’ piu’ che giusto, nel senso che va oltre la giustizia e si manifesta nella Grazia”. “Donandoci la Grazia – osserva il Pontefice -, Egli ci elargisce piu’ di quanto noi meritiamo. E allora, chi ragiona con la logica umana, cioe’ quella dei meriti acquistati con la propria bravura, da primo si trova ultimo”. “‘Ma, io ho lavorato tanto, ho fatto tanto nella Chiesa, ho aiutato tanto, e mi pagano lo stesso di questo che e’ arrivato per ultimo’ – esemplifica a ‘ braccio’ -. Ricordiamo chi e’ stato il primo santo canonizzato nella Chiesa: il Buon Ladrone. Ha ‘rubato’ il Cielo all’ultimo momento della sua vita: questo e’ Grazia, cosi’ e’ Dio. Anche con tutti noi. Invece, chi cerca di pensare ai propri meriti, fallisce; chi si affida con umilta’ alla misericordia del Padre, da ultimo – come il Buon Ladrone – si trova primo”. Sempre all’Angelus, il Papa ricorda anche che oggi in Italia ricorre la Giornata per l’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore, e incoraggia “a sostenere questa importante istituzione culturale, chiamata a dare continuita’ e nuovo vigore ad un progetto che ha saputo aprire la porta del futuro a molte generazioni di giovani”. “E’ quanto mai importante – conclude – che le nuove generazioni siano formate alla cura della dignita’ umana e della casa comune”.