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Ogni anno perdiamo 38 ore fermi in fila in auto: Cgia ci spiega perché

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Oggi, come gli esperti avevano previsto, e’ una giornata da “bollino nero” sulle strade italiane. Ma anche nel resto dell’anno le cose non vanno altrettanto bene, in particolar modo nelle ore di punta delle giornate feriali. Lo sostiene la Cgia di Mestre citando i dati della Commissione europea, dai quali emerge che gli automobilisti italiani rimangono incolonnati nel traffico per quasi 38 ore l’anno: praticamente perdiamo una settimana di lavoro bloccati in coda; nell’Europa a 27 solo Malta e Belgio registrano una situazione piu’ critica della nostra. A pagare un conto salatissimo sono sicuramente i pendolari, che utilizzano l’auto per spostarsi da casa verso l’ufficio/fabbrica e viceversa, e coloro che per lavoro devono guidare per buona parte della giornata un mezzo di trasporto. E’ il caso dei camionisti, dei padroncini, dei taxisti, degli autonoleggiatori, degli agenti di commercio e di tantissimi artigiani.

Rispetto ai principali Paesi europei il gap dell’Italia e’ importante: se in Olanda si rimane congestionati per 32 ore all’anno, in Francia e Germania si scende attorno a 30 e in Spagna a poco piu’ di 26. La media UE si attesta a 30,4 ore. Le lunghe code sono ascrivibili, in particolar modo, a un paio di cause. La prima e’ l’insufficienza del numero di mezzi pubblici presenti nelle nostre aree urbane, che costringe tantissimi pendolari ad usare i mezzi privati. L’Istat, infatti, segnala che in Italia si reca al lavoro con i mezzi pubblici solo il 12,2% degli occupati, mentre il 69,2 lo fa guidando un’auto. La seconda e’ imputabile al grave deficit infrastrutturale che caratterizza il nostro Paese. Nel 2017, ad esempio, l’Italia disponeva di 27,8 km di rete ferroviaria per 100 mila abitanti, al di sotto della media Ue (42,5 km) mentre, per la sola rete a binario doppio elettrificato, il valore di 12,6 km per 100 mila abitanti era leggermente inferiore alla media europea (14,7 km). Sempre nel 2017, l’Italia presentava una bassa intensita’ autostradale in rapporto alle autovetture circolanti (1,8 km per 10 mila autovetture), un dato molto inferiore ai valori registrati in Spagna, Francia e Germania (tra 2,8 e 6,8 Km per 10 mila autovetture nel 2016). “Secondo i dati diffusi dal Ministero dei Trasporti – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – il deficit di competitivita’ del nostro sistema logistico-infrastrutturale costa ai cittadini e alle imprese del nostro Paese 40 miliardi di euro all’anno. Anche per questa ragione e’ necessario che il Governo, a seguito della grave recessione economica in atto, avvii quanto prima il piano delle infrastrutture e dei trasporti che permetta di ammodernare il Paese, di renderlo piu’ competitivo e, soprattutto, di imprimere una forte scossa positiva alla domanda interna”. L’Ufficio studi della Cgia segnala che l’allegato infrastrutture al Programma Nazionale di Riforma presentato il 6 luglio scorso, prevede un piano di investimenti prioritari per la mobilita’ di 196,7 miliardi di euro di cui 131,3 (pari al 66,7% del totale) gia’ disponibili. Il documento, chiamato “Italia veloce”, individua 130 opere strategiche individuate dal Ministero dei Trasporti a cui si devono aggiungere le infrastrutture necessarie per la realizzazione delle Olimpiadi Milano-Cortina del 2026, quelle per la sanita’, scuole, caserme, carceri, etc., di competenza di altri dicasteri.

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Procida, la Corricella sulla copertina di Lonely Planet

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Una bellissima foto della Marina Corricella, il suggestivo e policromo borgo dei pescatori dell’isola di Procida, è sulla copertina della guida Lonely Planet nella edizione dedicata al Sud Italia appena pubblicata. L’immagine dall’alto dell’anfiteatro di case dipinte di mille colori che si affaccia sul Tirreno è stata scelta dai curatori della guida tustistica più famosa del mondo per rappresentare esaustivamente “Il sud essenziale e sbiancato dal sole dell’Italia è il paese nella sua forma più antica, piena di sentimento e sensuale. Quaggiù le rovine sono più antiche, i pranzi più lunghi, i paesaggi più selvaggi e intensi”. La copertina di Lonely Planet arriva pochi giorni dopo l’annuncio che, sempre la Corricella, è stata scelta dalla Accademia Europea del Cinema presieduta da Juliette Binoche, tra gli otto nuovi “Tesori della cultura cinematografica europea”, luoghi simbolici per il cinema del nostro continente e da preservare per le generazioni a venire.

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Avvistata in Italia una nuova specie di uccelli

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Piccoli migratori con piumaggio fra il marrone e il grigio, finora mai visti in Italia, sono stati avvistati per la prima volta in Campania. Si allunga così l’elenco delle specie di uccelli presenti nel nostro Paese- Il risultato. annunciato in occasione della Giornata della Terra, è pubblicato sulla rivista Dutch Birding da Marco del Bene, Alessia Addeo e Rosario Balestrieri ,della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. La specie avvistata per la prima volta in Italia si chiama Monachella dal cappuccio (Oenanthe monacha) ed è stata vista durante rilievi ambientali nei pressi di Bacoli (Napoli), il 24 maggio 2023. Per Balestrieri è la “prima testimonianza del passaggio della specie nel Mediterraneo Centrale”. Finora, infatti, la Monachella dal cappuccio era nota in Egitto, Israele, Penisola Arabica e Pakistan.

“L’esemplare osservato a Bacoli – dicono i ricercatori – si trovava su un muro di contenimento degli argini di un canale, vicino al mare. Presentava un piumaggio marrone camoscio/grigio chiaro, con coda marrone, sottocoda camoscio e timoniere scure”. La scoperta, osservano ancora i ricercatori, sottolinea l’importanza di monitorare costantemente la biodiversità e proteggere gli ambienti che l’accolgono, ma anche l’importanza di documentare quel che si vede e di confrontarsi fra specialisti del settore”. Del Bene rileva che si conferma “l’importanza dei monitoraggi ai fini della conservazione e gestione delle specie” e per Addeo questa scoperta permette di “ampliare sempre di più le reti di conoscenze che ci permettono di comprendere al meglio le rotte migratorie”.

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Rifiuti, planet contro plastic: obiettivo è il – 60% entro il 2040

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Ridurre il 60% delle plastiche sul pianeta entro il 2040, sensibilizzando i cittadini del mondo sui danni arrecati dalla plastica alla salute umana, animale e alla biodiversità; eliminare la plastica monouso entro il 2030, investire in tecnologie e materiali innovativi per costruire un mondo senza plastica: questi gli obiettivi della 54esima Giornata mondiale della terra sul tema Planet Vs Plastics. “Una Giornata e insieme una richiesta pressante per agire subito a salvaguardia della salute di ogni essere vivente sul pianeta non solo per limitare il più possibile l’uso della plastica, ma anche per chiedere iniziative e politiche di sensibilizzazione. Prendere consapevolezza è il primo passo”, spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero.

I dati dell’indagine Waste Watcher, realizzata su monitoraggio Ipsos ed elaborazione dell’Università di Bologna-Distal, segnalano che in Italia oltre otto cittadini su 10, l’85%, sono disposti a ridurre l’acquisto di prodotti con packaging plastico, malgrado il consumatore italiano riconosca al packaging un’importante funzione per la conservazione del cibo e quindi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. E quasi un terzo dei consumatori italiani è disposto a rinunciare all’acquisto di un prodotto di cui ha bisogno, qualora fosse contenuto in un packaging non riciclabile. Sempre secondo Waste Watcher, quasi il 75% dei consumatori nella scelta di un prodotto considera la tipologia dell’imballaggio e l’impatto che quest’ultimo ha sull’ambiente grazie alla sua potenziale riciclabilità. “Un piccolo passo avanti nella sensibilità diffusa sul tema delle plastiche, anche se molto resta da fare”, per Segrè.

Planet Vs Plastics ci ricorda che non c’è un’altra Terra: dalla prima edizione della Giornata Mondiale, il 22 aprile 1970, nostro pianeta non ha certo migliorato il suo stato di salute. Fra meno di 30 anni, ai ritmi attuali, negli oceani ci sarà il quadruplo della plastica e uno degli hotspot globali per le microplastiche è il Mediterraneo. Nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino, ben 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato, secondo l’ultimo rapporto Wwf. Ogni anno il Mediterraneo ingurgita 229.000 tonnellate di rifiuti di plastica, come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto.

Di queste, ben il 15% arriva dall’Italia. Se i mari del pianeta sono invasi dalle plastiche, non sta meglio la Superficie Agricola Utilizzata (SAU), quella su cui si producono gli alimenti: la perdita di terreni coltivati determina un deterioramento degli ecosistemi, che porta a dissesti ambientali e sociali. Waste Watcher International ha calcolato quanti terreni coltivabili stanno producendo rifiuti alimentari domestici: in Italia lo spreco medio pro capite pari a 566.3 g secondo le rilevazioni del “Caso Italia” Waste Watcher (febbraio 2024), vanifica e ‘brucia’ il raccolto di una Superficie Agricola Utilizzata (SAU) pari a 1,643 milioni di ettari e quindi quasi come l’estensione agricola di Belgio + Slovenia (1,833 milioni di ettari).

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