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Cronache

Riciclaggio di 130 milioni di euro e società fittizie pronte a chiedere aiuti Covid: 130 indagati

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Un maxi riciclaggio stimato in circa 130 milioni di euro, 90 societa’ (alcune fittizie, altre effettivamente operanti) in nove regioni diverse, oltre 130 indagati, di cui nove sottoposti a misura di custodia cautelare in carcere. Sono alcuni dei numeri dell’operazione Background condotta dalla Guardia di finanza del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Ancona, dello Scico di Roma (Servizio Centrale Investigazione Criminalita’ Organizzata), del Gruppo di Fermo e della Compagnia di Civitanova Marche, che oggi ha avuto un primo punto fermo con l’esecuzione delle misure di custodia cautelare, emesse dal gip presso il Tribunale di Ancona, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, reati fiscali, riciclaggio e auto-riciclaggio i reati ipotizzati a loro carico in relazione al fallimento di 7 societa’ operanti nel commercio di pelli e materie plastiche in varie regioni. Ma il quadro, secondo gli investigatori, e’ molto piu’ ampio. Tra i nove finiti in carcere c’e’ un 46enne imprenditore di Montegranaro (Fermo), ritenuto il dominus dell’organizzazione. E’ anche il destinatario di una misura di custodia cautelare ai domiciliari, emessa dall’autorita’ giudiziaria di Ascoli Piceno. Ai domiciliari anche un intermediario e un finanziere accusato di avere passato informazioni sull’esistenza di indagini a quest’ultimo, che le avrebbe riferite al 46enne. Dalle indagini e’ emerso che la mente del gruppo era pronto a chiedere per le sue imprese gli aiuti previsti per il post Covid. Le indagini, cominciate nel 2017 – hanno spiegato oggi alla stampa il procuratore di Ancona Monica Garulli, il sostituto procuratore della Dda di Ancona, il comandante del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria Guglielmo Sanicola, quello del Gico Perfrancesco Bertini e Agostino Brigante, dello Scico – sono riuscite a ricondurre a sistema vari elementi scaturiti da una segnalazione della Direzione Nazionale Antimafia su un ingente flusso di denaro ‘travasato’ da conti correnti bancari o postali di societa’ di capitali su rapporti bancari o postali riconducibili a titolari di ditte individuali e subito prelevato in contanti. Con l’analisi di migliaia di flussi finanziari, intercettazioni ambientali e telefoniche, gli investigatori hanno ricostruito l’esistenza di una associazione per delinquere radicata dal 2014 nelle Marche, tra societa’ di capitali e imprese individuali attraverso le quali sono state emesse fatture per operazioni inesistenti per 130 milioni di euro a favore di ‘clienti’ in Lazio, Veneto, Campania, Lombardia, Toscana, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Abruzzo. Una ramificazione di interessi economico-finanziari, anche all’estero (Usa, Est Europa) che lo stesso imprenditore ritenuto la mente del gruppo la riteneva inestricabile: “ho 50 imprese tutte collegate – dice in una delle intercettazioni – per trovare una fessura ci vogliono 20 anni”. Lo stesso imprenditore che, intercettato, annuncia l’intenzione di chiedere per le sue imprese di comodo gli aiuti per il post covid. Del network facevano parte persone con vari precedenti specifici e anche un soggetto piu’ volte “indiziato” di appartenere ad ambienti della malavita organizzata siciliana e campana. Ora i finanzieri si aspettano ulteriori elementi dalle circa 80 perquisizioni effettuate oggi.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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