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Attori, registi, autori, il teatro che verrà nei pensieri e nelle testimonianze della quarantena

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Sono stati i primi e forse saranno gli ultimi. I primi a subire le restrizioni dovute ai decreti sul distanziamento sociale che ci ha imposto il virus che ci ha assalito da fine febbraio, saranno gli ultimi ad uscirne, proprio perché la loro funzione sociale, la loro missione e la loro ragione di vita è proprio quella di creare assembramenti, calche, affollamenti, resse, folle e prima di tutto, vicinanze. Sono i protagonisti dell’arte dello spettacolo, attori, registi, autori, che in questo viaggio nei pensieri in quarantena, interrotto durante la settimana santa nella quale abbiamo ricordato le processioni pasquali che quest’anno non si sono tenute, riprendono a raccontarci queste giornate che passano uguali, ma diverse, e che ci fanno organizzare la vita che verrà. Non sappiamo come potrà essere il futuro teatro, ma di sicuro arriverà, cosi come è sempre stato e come, Laura Angiulli regista e drammaturga, scrive alla figlia Alessandra D’Elia attrice: “Rifletto sulle tue ansie per la continuità del teatro. Certo, lo scenario è sconfortante, ma non possiamo dimenticare che la prima opera che ci è arrivata completa “Persiani di Eschilo” è del 472 a.C. e forse non è la prima in assoluto, diciamo è di 2492 anni fa. Sai quante epidemie di peste, guerre e orrori vari sono intervenuti in questo tempo? Ma il teatro ha resistito nel suo percorso di testimonianza filosofica, anzi, direi che solo negli ultimi decenni si è perso il suo valore drammatico, che come sai occorre necessariamente anche nella commedia. Che sia questa dolorosa circostanza l’occasione per un ritrovarsi di senso? Noi lavoriamo per una onesta continuità. Bacio!”

Marcella Granito       

“A molti, a furia di lavarsi le mani,

è scomparsa la linea

dell’amore”

m.g.

Un uomo politico molto importante tempo fa ha detto che con la cultura non si mangia. Tutti quelli che si occupano di cultura, attraverso le varie forme d’arte, hanno immediatamente sentito un brivido freddo lungo la schiena all’ascolto di quelle parole. Però, ragionandoci, non si può che non arrivare alla sua stessa conclusione e dargli quindi ragione!

Almeno qui, in Italia, con la cultura non si mangia! E da tanto tempo… Devo fare una premessa importante. Chi come me è un lavoratore dello spettacolo sa che non può contare su nessun tipo di tutela previdenziale in caso di malattia o di difficoltà di settore, non avendo noi un vero status giuridico. Anche se il nostro lavoro è soggetto al pagamento di versamento di contributi INPS per la malattia, per il FIS (fondo integrativo in caso di crisi), per la disoccupazione e che esiste un fondo considerevole ex-Enpals (ente di previdenza e assistenza lavoratori spettacolo) per tutti quelli che non sono assunti da specifiche realtà come cooperative, teatri stabili, fondazioni, cioè la maggioranza, è davvero impossibile sperare di avere prestazioni sufficienti. Siamo “categoria lavoratori dello spettacolo” sulla carta, ma a conti fatti, è come se non esistessimo. Per queste ed altre ragioni che riguardano ogni singolo artista al punto in cui si trovava da quando tutto è iniziato, ciò che stiamo vivendo adesso, e cioè l’emergenza Coronavirus, è quello che potrei definire la ciliegina sulla torta di un compleanno trascorso nella più totale solitudine. Già dalla seconda metà di febbraio sono stati annullati concerti, spettacoli, reading, mostre d’arte, le scuole di teatro e cinema hanno chiuso, i set cinematografici sono stati bloccati, molti progetti non sono più partiti o sono stati rinviati a data da destinarsi. In nessun decreto ministeriale, dal 25 febbraio in poi, ci si è mai davvero occupati di chi, dovrei dire, tenta, nonostante tutto, di fare cultura! E con noi sono stati dimenticati i precari, i disoccupati e aggiungo i bambini (su quest’ultimi si dovrebbe aprire un capitolo a parte). E’ vergognoso che, in momenti come questo, ci si dimentichi di tanti uomini e tante donne che sì, hanno potuto e voluto scegliere il proprio mestiere, fatto di divertimento, di esperienze meravigliose ed anche di sacrifici enormi e di duro studio, ma che continuamente cercano di offrire agli altri momenti di gioia, svago, piacere, emozioni, riflessione, conoscenza, scoperta in una parola cultura. E allora, chi siamo noi quando siamo costretti a non poter lavorare? Siamo sicuramente tutti diversi, siamo lo scrittore impegnato a dare la vita ai personaggi della sua nuova opera, il musicista che suonerà il suo strumento ogni giorno allietando tutti lasciando aperte le finestre, l’illustratore che disegnerà per tante ore dimenticando anche di mangiare, il ballerino che proverà come può quella coreografia a cui stava lavorando, l’attore che si occuperà di allenare il corpo, la voce e di aggiungere altri testi al proprio bagaglio culturale e lavorativo e potrei continuare…ma, tutto questo dovrebbe svolgersi in luogo ben specifico che non è certo la casa, la propria casa, sicuramente non lo è per la maggior parte di noi. Abbiamo bisogno di un teatro, di un set, di una sala da ballo, di una galleria d’arte, abbiamo bisogno di sentirci parte di una squadra”, ma soprattutto, abbiamo bisogno di un pubblico! Della relazione che si instaura tra noi e chi viene a vederci, ad ascoltarci… Ci manca l’essenza vera del fare arte, ci manca l’incontro tra la nostra anima e quella dell’Altro. In questo momento siamo dei precari non solo in ambito lavorativo, ma anche precari nello spirito e nel corpo. Siamo inoltre depressi, stanchi, impauriti, disillusi, come tutti del resto, e non riusciamo a guardare al futuro in quanto questo è troppo incerto. Non sappiamo se riusciremo a pagare affitti, mutui, bollette, a fare la spesa… Che difficoltà avremo nel riprendere possesso dei nostri spazi, sempre se esisteranno ancora… Dico questo pensando davvero a tutta la categoria dei lavoratori dello spettacolo. Non dimenticando mai che in questa situazione non ci stiamo solo noi. Non dimenticando, nemmeno per un momento, chi sta male, chi è in ospedale lontano dagli affetti, chi non ce l’ha fatta, chi si sta prendendo cura di soffre, chi sta andando   lavoro per non farci mancare mai i beni di prima necessità.  E’ un momento davvero difficile.  Personalmente, come persona, e non come lavoratrice dello spettacolo, avrò delle difficoltà a tornare alla normalità. A mio avviso, quest’esperienza non ci sta affatto cambiando, sta solo mostrando a noi stessi e agli altri altri chi realmente siamo. Mi metto nei panni di chi mi conosce da poco, di chi non ha mai voluto conoscermi bene, in quelli di chi mi conosce da sempre e che oggi, non mi riconosce più e dico loro che li comprendo, perché a me accade lo stesso.

La prima cosa che farò quando tutto questo sarà finito?

Sincero, oggi come oggi, ci vedo come dei neonati e, per questo motivo, quello che farò sarà il ricominciare tutto daccapo, ma con più consapevolezza e con la voglia di ricostruire una nuova comunità.

Antonello Cossia

C’è un concetto, una parola, con cui, oltre l’ovvio e scontato momento drammatico che tutti indistintamente stiamo vivendo, una parola scrivevo, con la quale mi misuro in ogni istante di questa quarantena sospesa ed assurda, inaspettata e incredibile, improvvisa e forzata. Questa parola è: Tempo. Già, Tempo, dal vocabolario Treccani: L’intuizione e la rappresentazione della modalità secondo la quale i singoli eventi si susseguono e sono in rapporto l’uno con l’altro.

Che cos’è dunque il tempo, si chiedeva Sant’Agostino in un capitolo delle sue intense e coinvolgenti Confessioni, rispondendosi in quel modo contemporaneamente complesso e semplice, come solo gli illuminati sanno rispondere, come solo la vita lo è ugualmente: Se nessuno me lo chiede lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più. E tuttavia, io affermo tranquillamente di sapere che se nulla passasse non ci sarebbe un passato e se nulla avvenisse non ci sarebbe un avvenire, e senza nulla che esistesse non ci sarebbe un presente. Già, senza nulla che esistesse non ci sarebbe un presente. Ma qual è questo presente attuale che stiamo vivendo, ciascuno cristallizzato, racchiuso nel fermo immagine, se possiamo definirlo così, nel proprio contesto familiare, vitale? I più fortunati in una casa accogliente, con un computer, forse due, i telefoni, la televisione, le piattaforme video, grazie alle quali godere di serie TV, film, documentari e altro, i più sfortunati in case piccole, anguste, a volte buie, scomode, per non parlare di coloro che forse in questa situazione per una specie di beffarda rivincita del destino, diventano padroni di piazze, di strade, di angoli della città desertificata, di sicuro non per scelta, ma obbligati da una triste ed estrema povertà, che seppur gli restituisce una libertà svincolata da permessi, autocertificazioni e controlli, certo non gli rende migliore la vita, presidiata per fortuna da associazioni di volontariato, strutture di ispirazione cattolica, dalla sensibilità di qualche cittadino che gli lascia in un paniere i beni di fortuna essenziali che ahimè sono a volte inutili per chi vive per strada, che non sa cosa farsene di un pacco di pasta confezionato, o uno di zucchero e di un barattolo di pelati. Resta questo un gesto comunque profondamente umano e pieno di compassione che restituisce in maniera positiva una attenzione verso i più bisognosi che forse era stata un po’ dimenticata. Tempo, tempo … non ho tempo e serve tempo … il titolo di un fondamentale libricino di Antonio Neiwiller tutto sviluppato a partire proprio da questo concetto, così fondamentale nella nostra vita moderna. Il mio ad esempio, fino a qualche giorno prima del blocco totale era pieno di azioni, pensieri, energie scaturite dalle diverse cose in cui ero impegnato: le prove di uno spettacolo teatrale che avrebbe dovuto debuttare il 16 aprile al teatro San Ferdinando, – ‘O tuono ‘e marzo – di Vincenzo Scarpetta, per la regia di Massimo Luconi, gli appuntamenti settimanali del laboratorio di teatro allo spazio Tram in via Port’Alba, la preparazione di un seminario per conto del Napoli Teatro Festival, in giugno e intanto aspettavo l’uscita di un film – Le seduzioni dell’inverno – per la regia di Vito Zagarrio tante altre cose in parallelo, senza parlare degli impegni familiari, della scuola dei bambini eccetera, eccetera … Insomma lo riempivo in pieno e con grande trasporto, il mio tempo, d’un tratto dalla realtà così trascinante, mi vedo proiettato in quella che sembra la sceneggiatura realizzata di un film di fantascienza, una trama distopica che sotto i miei occhi si dispiegava in maniera veloce e inarrestabile, senza possibilità di essere arrestata, fermata, bloccata, soprattutto trasformata… Contagiati, ricoverati, ammalati, morti… purtroppo, per fortuna anche guariti. Telegiornali che sono continui aggiornamenti sui numeri, sui grafici, sui discorsi dei virologi che si intrecciano, si confondono, si contrastano… visioni, affermazioni, metodologie, presunzioni, arroganza ma anche classe, serietà, discrezione (mi fa piacere qui esaltare quella del dottore Paolo Ascierto, oncologo e ricercatore napoletano, che si è veramente distinto per la sua elevata capacità di tenere un basso profilo comunicando notizie di importanza mondiale, umanitaria), intanto il tempo passa… E già, il tempo che si perde si perde, sempre citando il maestro Neiwiller. La mente è assetata di notizie confortanti e desidera, per suo conto, qualcosa che nella realtà non si realizzerà, una soluzione, un accadimento, un risultato che semplicemente ci potesse riportare a dove eravamo rimasti, a dove ci eravamo fermati, come per incanto tutto al posto suo, ma così non è…  La gente purtroppo continua a morire, i dati salgono e scendono nei grafici, nuova passione ed interesse di tutti noi. Si cerca di dare un senso di ordinarietà a queste strane giornate, in cui hai voglia a dire, leggo un libro, ascolto un disco, vedo un film, la testa vaga in uno strano stato di sospensione e distrazione, aspettando la svolta, che prima o poi dovrà arrivare, si spera… nel frattempo Tutto il tempo che riesci ad occupare… tutto il tempo che c’è, non c’è altro tempo…

Raffaele Di Florio

Mi occupo di teatro a tutto tondo: progettazione, formazione, ideazione e direzione. Quando sono invitato a condurre seminari di formazione per attori per avvicinare gli allievi allo “studio del personaggio”, spingo molto sulla memoria emotiva, la quale è contemporaneamente uguale come sensazione e diversa per ognuno di noi come esperienza. Chiedo ai partecipanti di raccontare o rappresentare un ricordo nitido del proprio vissuto, i dettagli, le sensazioni, il suono… Particolari che possono e devono essere riprodotti senza alterarne le emozioni. Un esercizio non facile che impegna un dispendio di energie e mette “a nudo” l’Io di chi l’esegue. Il racconto di quella “memoria emotiva”, fatta di date, orari, visioni, ha qualcosa di unico anche in chi la propone. Se, infatti, chiedo il ricordo del giorno prima o la settimana dopo del “racconto”, la stragrande maggioranza non ricorda nulla se non pallidi echi che si confondono nel tempo e nello spazio.

“Ecco! – dico – siamo tutt’uno con la nostra memoria emotiva, come i personaggi usciti dalla penna dei poeti e drammaturghi. Essi, come il nostro ricordo, hanno emozione, corpo, voce che diventano “verità” nelle nostre interpretazioni. Possono esserci diversi “Amleto”, tanti quanti attori affrontano il testo scespiriano ed, ognuno, essere credibile e “vero” se riesce a far vivere ogni battuta come quando si racconta la propria memoria emotiva””.

Allargando questa mia pratica attoriale alla situazione attuale, Il virus Covid19 ha dato consapevolezza del presente, del qui ed ora, dell’attimo che non va trascurato. E quando questo accade succede qualcosa di straordinario: la Storia entra nella quotidianità e prende il posto della cronaca. Questi, infatti, sono e saranno giorni che potranno essere raccontati tra decenni con “la memoria emotiva” come i racconti che mi faceva mio nonno sulla seconda guerra mondiale. La nostra memoria emotiva è talmente sollecitata perché siamo “obbligati” a vivere lo “straordinario” come l’attore che affronta il personaggio: il qui ed ora, dove mi trovo, la consapevolezza dell’atto che si sta compiendo… tutti ingredienti che costituiscono la pratica attoriale. Il mio settore (l’immateriale) è stato “chiuso” per primo e, probabilmente, sarà l’ultimo settore a ripartire una volta raggiunta la “normalità”. Cosa mi manca? Come tutti, tante cose. Ma non manca la creatività, perché in questo periodo, oltre a dedicarmi completamente a mio figlio di 9 anni, continuo ad elaborare spazi scenici per lavori teatrali che per ora sono solo nella mia testa; ma manca soprattutto per il mio mestiere di artigiano dell’effimero la “relazione vitale” che “teatro non è, ma lo alimenta” come sosteneva un poeta della scena contemporanea, Antonio Neiwiller.

 

Ph. Mario Laporta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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