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Cronache

30 anni fa la strage dei Georgofili, si indaga ancora

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All’1.04 del 27 maggio 1993 un boato improvviso in via dei Georgofili a Firenze, a due passi da piazza della Signoria. Poi le fiamme avvolgono i palazzi e il fumo sale denso verso il cielo. La Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili, è risparmiata dal fuoco ma si accartoccia, frammenti dai vetri della Galleria degli Uffizi schizzano via. Muore Angela Fiume, 36 anni, la custode dell’Accademia dei Georgofili. Con lei il marito Fabrizio Nencioni, 39, ispettore dei vigili urbani e le figlie Nadia, 9 anni, con la passione della scrittura e Caterina, 50 giorni appena. Perde la vita anche Dario Capolicchio, 22 anni, di Sarzana (La Spezia): studiava architettura a Firenze.

Altre quarantotto persone restano ferite. Gravissimi i danni al patrimonio artistico. Quella notte di 30 anni fa, le ambulanze e i vigili del fuoco si fanno strada nel centro storico, si avvicinano agli Uffizi dove il paesaggio diventa surreale: i pompieri spengono le fiamme, i soccorritori avanzano tra le macerie, aiutano i sopravvissuti e recuperano i cadaveri. È una fuga di gas, si pensa all’inizio. Una ipotesi smentita alle prime luci del mattino quando viene individuano un cratere di tre metri di diametro e 1 metro e mezzo di profondità. Attentato l’ipotesi che si fa strada, anche se nessuno ancora pensa alla matrice mafiosa. Saranno poi le indagini, coordinate dal procuratore capo Piero Luigi Vigna e dai pm Gabriele Chelazzi e Giuseppe Nicolosi a cui seguiranno anche Alessandro Crini e altri magistrati, ad accertare che la strage, causata dall’esplosione di un Fiorino imbottito con oltre 300 chili di tritolo, fu progettata e organizzata da Cosa Nostra per costringere lo Stato a scendere a patti sul carcere duro e la legge sui pentiti nell’ambito di una campagna terroristica in continente che comprendeva anche l’attentato fallito a Maurizio Costanzo, le autobombe in via Palestro a Milano e alla basilica di San Giorgio al Velabro a Roma, avvenuti sempre nel 1993, e la tentata strage dei carabinieri allo stadio Olimpico.

L’inchiesta, a distanza di 30 anni, coordinata dalla Dda di Firenze a cui è spettata la competenza anche per gli altri attentati, è sempre aperta: si cercano ancora i possibili mandanti cosiddetti esterni o occulti, si indaga poi sul presunto ruolo di una donna. Tra esecutori e mandanti di Cosa nostra condannati Totò Riina, Leoluca Bagarella, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro che, insieme al pentito Giovanni Brusca (20 anni) erano stati, secondo l’accusa, promotori e organizzatori a vario titolo di quella campagna terroristica in continente. E Messina Denaro, per trent’anni latitante, è stato arrestato lo scorso 16 gennaio dal Ros con un’operazione intitolata ‘Tramonto’, ispirata alla poesia scritta dalla piccola Nadia Nencioni pochi giorni prima di morire. Già a partire da metà degli anni ’90 partono poi le indagini sui cosiddetti mandanti esterni, accertamenti tuttora in corso e che portano all’iscrizione nel registro degli indagati, tra gli altri, di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri.

Le inchieste sui mandanti occulti, in questo lungo arco di tempo, vengono archiviate per quattro volte. Ma recentemente ne è stata aperta una quinta. Un altro fascicolo sempre aperto è quello della presunta partecipazione di una donna all’attentato del 27 luglio 1993 a Milano. Su questo fronte gli inquirenti fiorentini hanno perquisito e interrogato l’anno scorso una 57enne, che ha negato di essere la misteriosa bionda che avrebbe portato la Fiat Punto imbottita di esplosivo in via Palestro a Milano il 27 luglio 1993. Sulla sua figura sono stati disposti anche accertamenti riguardo alla strage di via dei Georgofili.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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Cronache

“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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