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Parla Pasquale Calamia, architetto di Castelvetrano: amo la mia terra e sono stanco vederla bollata come il paese di Messina Denaro

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Pasquale Calamia, architetto 40enne di Castelvetrano, il paese che ha dato i natali al padrino di mafia Matteo Messina Denaro. Calamia, marito e padre di tre figli, è testimone contro la mafia. Impegnato in politica sin da ragazzo. È segretario del Pd a Castelvetrano.

Come nasce il tuo impegno in politica e contro la mafia? Sei stato un testimone coraggioso, ci racconti la tua esperienza?

Da sempre sono stato impegnato in politica e nel sociale. Da giovane ho militato nella Sinistra Giovanile. Un’esperienza formativa che porterò sempre come uno dei momenti più belli ed entusiasmanti per la mia crescita politica, culturale e come uomo.
Da cattolico impegnato in politica non posso fare altro che ricordare la figura di Giovanni Paolo II che diceva: “Fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica destinata a promuovere organicamente il bene comune. Tutti e ciascuno hanno il diritto di partecipare alla politica”. Così come l’impegno di don Sturzo: “La politica è la più lata forma di carità, amore al prossimo”.
In politica i miei punti di riferimento sono stati Berlinguer, Aldo Moro, Pio La Torre e Piersanti Mattarella, insieme a Padre Pino Puglisi, molti di loro son siciliani che con il loro sangue hanno bagnato la nostra cosi tanto bella e martoriata terra.

Come nasce il tuo impegno in politica e contro la mafia? Sei stato un testimone coraggioso, ci racconti la tua esperienza?

Laureatomi in architettura nel 2001 mi candido per la prima volta in consiglio comunale, quella candidatura nasce come candidatura di servizio ma vengo eletto. Rieletto nel 2007 al secondo mandato, consiliatura che mi ha cambiato la vita. Il 2008 fu un anno cruciale. Nel mese di maggio ci fu la visita del Prefetto Trotta in Consiglio Comunale ed ancora oggi ricordo perfettamente l’intervento fatto in quella seduta, e lo ripeto ancora oggi nei suoi contenuti principali. “Castelvetrano non viene ricordata per il suo Parco Archeologico per i sui monumenti o per i nostri prodotti enogastronomici quali il pane nero le olive da mensa o il nostro olio. Ma perché è la città dove è nato Matteo Messina Denaro. E la presenza del Prefetto organo periferico del governo mi dava sicurezza con l’auspicio che fosse assicurato in tempi rapidi alla giustizia”. Dal mio impegno di quel giorno sono seguiti gli atti intimidatori
A seguito di quella dichiarazione nella notte del 12 agosto fu incendiata la mia autovettura e successivamente nella notte del 23 ottobre la residenza estiva, il giorno successivo una telefonata anonima giungeva all’abitazione di mia madre. Gli esecutori furono arrestati nel 2010 a seguito operazione Golem 2 , ed il 16 Dicembre 2016 sono stato chiamato dal Pubblico Ministero come testimone al processo.  Il PD regionale si costituì parte civile al processo, grazie all’allora segretario comunale Monica Di Bella il segretario provinciale on.le Baldassare Gucciardi e ricordo che il segretario regionale on.le Giuseppe Lupo andò a testimoniare al processo Golem 2.
Nel 2013 la notte del 27 settembre mi tagliarono le ruote e nel 2014 programmavano di farmi saltare la macchina per aria.  Arrestati con operazione Anno Zero nell’aprile del 2019, al processo mi sono costituito parte civile.
Ci tengo a precisare che non sono e non voglio essere un eroe, ma un semplice architetto amante delle bellezze della nostra terra. Lo diceva Peppino Impastato “ se si insegnasse la bellezza alla gente si fornirebbe un’arma contro la rassegnazione, la paura, l’omertà”.

In passato di sei occupato di sanità in Sicilia. Con il coronavirus pensi che la tua regione abbia gli strumenti necessari?

Urge, in primis, esprimere un vivo ringraziamento a tutti gli operatori sanitari di qualsiasi livello e grado, che in queste ora stanno dimostrando alto senso del dovere, alta professionalità, e nel contempo non possiamo non solidarizzare con chi è stato colpito dal virus e con tutti i familiari di coloro che hanno perso la vita.
Sono stato negli Uffici di Diretta Collaborazione nell’Assessorato alla Salute a partire dal novembre 2015 con la dottoressa Lucia Borsellino e poi con on.le Baldassare Gucciardi. Questa esperienza mi ha fatto crescere molto. Si è prodotto tanto lavoro, mettendo alla base la salute dei siciliani, ricordo in primis la Rete Ospedaliera, il Piano di Prevenzione, il Piano Socio Sanitario, per citarne qualcuno. Non voglio fare polemica, il nuovo Governo poteva procedere in maniera spedita verso le assunzioni, oggi indispensabili per fronteggiare lo stato di crisi. Il popolo siciliano ha sempre dimostrato nella storia che nei momenti di crisi ha fatto emergere il meglio di se, mettendo il cuore oltre l’ostacolo. La Sicilia con il suo personale Sanitario ha tutti gli strumenti per potercela fare, tutti insieme ce la faremo.

Stiamo vivendo una crisi non pensabile fino a pochi giorni fa. Un vero e proprio incubo. Ne usciremo?

Io sono fiducioso, l’Italia è un grande paese, tutti stiamo vivendo una crisi non pensabile fino a pochi giorni fa. Una crisi che pian piano sta interessando tutta l’Europa.  Il governo sta gestendo la crisi con lucidità, rigore e competenza, gli italiani stanno facendo enormi sacrifici, e stanno dimostrando responsabilità e amore per il Paese.
I presidenti di regione, i sindaci sono attivi h 24, lavorano alacremente per dare ogni giorno sicurezza e assistenza a chi è da solo. Si trovano al contempo a fronteggiare una crisi mai vista ed insieme al terzo settore stanno dando grande prova di professionalità e senso del dovere, un esempio per tutti. Oggi l’Europa, ha un compito, aiutare gli stati interessati dalla pandemia del Coronavirs attraverso, l’introduzione della flessibilità di bilancio e consentire deroga al patto di stabilità, urge pensare ad un piano straordinario per gli investimenti, e misure a tutela del lavoro e di chi è titolare di partite Iva. Sono fiducioso, solo se tutti ci crediamo ce la possiamo fare, perché nessuno si salva da solo.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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Sindaci Ue rivendicano diritto a imporre limiti velocità

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Imporre i limiti di velocità sia una prerogativa di città e regioni. A chiederlo sono i 13 firmatari tra sindaci e vicesindaci di città europee che dalle colonne del Financial Times criticano alcune iniziative promosse in Italia, con la riforma del codice della strada, e nel Regno Unito che potrebbero impedire a città e comuni di attuare misure per la sicurezza stradale, come l’introduzione di limiti di velocità più bassi e telecamere per il controllo del traffico. Da Bologna a Firenze e Milano, passando anche da Amsterdam, Bruxelles e Helsinki. Tra i firmatari italiani Matteo Lepore e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze e la vice sindaca e assessora alla mobilità di Milano, Arianna Censi.

La lettera fa esplicito riferimento al disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre per riformare il codice della strada, criticato anche in Italia da varie associazioni perché ritenuto svantaggioso per i pedoni. Per sindaci e vice le nuove norme ostacolerebbero “gravemente” la capacità delle autorità locali di creare zone a traffico limitato, installare autovelox e fissare limiti di velocità inferiori che invece sono fondamentali per abbattere le emissioni e rendere anche le strade più sicure. Nella missiva non si fa riferimento solo all’Italia. I firmatari prendono di mira anche il “piano per i conducenti” nel Regno Unito che punta a introdurre misure altrettanto restrittive e alle resistenze in Germania, dove il governo ha finora resistito agli sforzi di oltre 1.000 comuni che vogliono un maggiore controllo sui limiti di velocità locali.

“Politiche nazionali come queste, basate non sulla scienza ma sull’opportunità politica, danneggiano la capacità delle autorità locali di prendere decisioni sul miglioramento della sicurezza e della salute dei propri cittadini”, accusano i rappresentanti locali. Sottolineando l’importanza di limiti di velocità più bassi nelle aree urbane – si legge ancora nel testo – che “stanno prevenendo le morti e migliorando la vita oggi nelle città di tutta Europa”. Non “si tratta di limitare la libertà degli automobilisti, ma di rendere le strade più sicure per tutti, ridurre il rumore e l’inquinamento e rendere la città più invitante per coloro che scelgono forme di trasporto più salutari come camminare e andare in bicicletta”. Insieme ai tre rappresentanti italiani la lettera è siglata anche da Alison Lowe, vicesindaco di West Yorkshire; Thomas Dienberg, vicesindaco di Lipsia; Frauke Burgdorff responsabile della pianificazione di Aquisgrana; Philippe Close, sindaco di Bruxelles; Mathias De Clerq, sindaco di Gand; Melanie Van der Horst, vicesindaco, di Amsterdam; Vincent Karremans, vicesindaco di Rotterdam; Karin Pleijel vicesindaco di Göteborg; Andréas Schönström vicesindaco di Malmö; Juhana Vartiainen, sindaco di Helsinki.

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