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Zagaria rientra in cella, Maresca: è la certificazione del fallimento di chi mandò a casa con la scusa del Covid

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Il rientro in cella di Pasquale Zagaria, boss del clan dei Casalesi è la certificazione della sconfitta di chi ne favorì l’uscita per presunti allarmi contagio. Il mafioso torna in carcere alla scadenza precisa della misura di differimento dell’esecuzione della pena disposta dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari. Zagaria invece di stare in carcere ha goduto di cinque mesi di permesso ferie a casa. Ufficialmente per evitare il contagio da Coronavirus. I suoi legali avevano chiesto una proroga del differimento della pena ai domiciliari. Istanza rigettata dal Tribunale di Sorveglianza di Brescia. Di questa storia ne parliamo con il magistrato Catello Maresca, alla Procura distrettuale antimafia di Napoli per 12 anni, ha firmato decine di provvedimento con cui militarmente ed economicamente è stato intaccato il potere mafioso del clan dei Casalesi. Maresca è anche il pm che ha coordinato le inchieste che hanno portato alla cattura di padrini come Michele e Pasquale Zagaria, Giuseppe Setola, Antonio Iovine. Parliamo di spietati e sanguinari camorristi che ora sono inoffensivi.  

Dottor Maresca, lei aveva spiegato in tempi non sospetti che le scarcerazioni di decine di boss mafiosi ai tempi dell’emergenza Covid e della contestata circolare del Dap (il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria)  sembravano una resa dello Stato. Lei diceva che era molto pericoloso far tornare i boss nei luoghi di origine. Contento del ritorno in cella di Pasquale Zagaria? 

Il rientro in carcere di Pasquale Zagaria è stato disposto dal Magistrato di Sorveglianza di Brescia con un provvedimento che è un segno inequivocabile di coerenza, credibilità ed equilibrio. E queste sono caratteristiche indispensabili per ogni sistema giudiziario serio ed efficace. È la prova che il sistema giudiziario funziona, mentre quello politico dà l’impressione – su certi temi – di essere improvvisato, approssimativo e poco lungimirante. 

Pasquale Zagaria. Per candida ammissione del Direttore Trattamento del Dap dimessosi, la scarcerazione di questo mafioso viene definito un errore

Per lei quel “liberi tutti”, quel “porte aperte” a decine di mafiosi nel mese di aprile è stato un passo indietro nella lotta alla mafia?

A me non piace fare ragionamenti col senno di poi. E non comincerò oggi a dire “l’avevo detto”. Ma restiamo ai fatti. Nessuno, nessun detenuto al 41 bis, nessun mafioso del circuito di alta sicurezza rimasto in cella si è ammalato di Covid. Quel provvedimento del Dap per evitare il contagio di persone che si trovano in isolamento e dunque senza alcuna possibilità di essere contagiati resta un mistero. Da poco abbiamo ricordato la decorrenza di 30 anni dalla uccisione di Rosario Livatino, il giudice ragazzino, ed 40 anni dagli omicidi di Gaetano Costa e Guido Galli, tutti magistrati caduti per la giustizia. Per onorare la loro memoria e quella di tutti gli altri servitori dello Stato uccisi da mafiosi e terroristi e per rispetto verso quelli ancora vivi, abbiamo l’obbligo di continuare a credere nella lotta senza confini alle mafie. Per credere però bisogna capire e per capire si deve avere l’umiltà di ammettere di poter sbagliare e la capacità di accettare gli errori. Solo chi ha il coraggio di fare sbaglia. Poi dalle esperienze si è capaci di ricavare gli insegnamenti per raggiungere il risultato. Oggi, purtroppo,  abbiamo una classe dirigente che pensa di poter decidere senza aver fatto. 

Michele Zagaria. È l’ultimo capo della Cupola mafiosa casalese detenuto al 41 bis, trasferito da Tolmezzo al carcere di Badu e Carros, lo stesso dove lo Stato “ospitava” il fratello Pasquale che oggi è ristretto vicino casa a Opera

Che cosa intende dire che quel provvedimento del Dap fu un errore? 

Lo affermai subito che era un errore. Dissi subito che quella nota, quella circolare, quella cartuscella su carta intestata del Dap avrebbe determinato una valanga di scarcerazioni. E così fu. Qualcuno mi insolentì e mi disse di studiare le leggi per spiegarmi che sbagliavo. Quel che è accaduto è sotto gli occhi di tutti. Purtroppo quando certi errori vengono commessi da chi è in posizioni apicali comportano gravi conseguenze e spesso non sono facilmente rimediabili. Basta vedere che cosa è accaduto per le scarcerazioni dei mafiosi ai tempi della più grave emergenza Covid.

Beh, a dire il vero il Governo dopo le sue durissime critiche e le prese di posizione altrettanto dure di suoi colleghi magistrati come Nino Di Matteo e Nicola Gratteri provò a correre ai ripari con ben due leggi.

Certo, ma i risultati non sono stati certo entusiasmanti. Pasquale Zagaria ha concluso la sua vacanza domiciliare alla scadenza dei 5 mesi previsti dai magistrati di Sassari. Il magistrato di sorveglianza di Brescia ha solo constatato il venir meno delle condizioni che avevano portato alla scarcerazione di Zagaria e non ha concesso la proroga. Oggi, e non ad aprile, il sistema penitenziario riesce a garantirgli gli standard di assistenza sanitaria che la sua patologia richiede. Praticamente è la certificazione degli errori commessi ad aprile. La conferma che solo su basi solide si può costruire una soluzione credibile.

Antonio Iovine. Boss dei Casalesi arrestato da Maresca

Qualcuno ad aprile non capì i rischi connessi a quella valanga di scarcerazioni di detenuti al 41 bis e del circuito di alta sicurezza? 

Guardi, da qualche tempo a questa parte tendo a distinguere le persone in chi ci crede e chi no. Ma quelli che ci credono devono dimostrare di aver fatto e di saper fare. Con  il ritorno in carcere di Pasquale Zagaria e di altri mafiosi che hanno goduto di vacanze domiciliari, le persone perbene festeggiano la vittoria della “giustizia giusta”. Ma il problema vero non è questo.

E qual è?

Il problema serio è quello della riforma del sistema carcerario e dell’esecuzione della pena dalle fondamenta. Occorre evitare che accadano simili aberrazioni. Si deve rendere effettivo uno dei principi costituzionali, forse addirittura un  valore assoluto, che fino ad oggi è rimasto solo sulla carta. Parlo della funzione della pena come rieducazione del detenuto prima di restituirlo alla società. Ma anche qui occorre metterci le mani con equilibrio, competenza, coerenza e credibilità.

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Consulta: niente automatismo sulla sospensione dei genitori, decide il giudice

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Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.

Una norma rigida che non tutela sempre i figli

L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

Il caso sollevato dal Tribunale di Siena

A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.

Il principio: al centro l’interesse del minore

La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.

La continuità con la giurisprudenza

La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.

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Addio a Mario Vargas Llosa, Nobel per la Letteratura: è morto a Lima a 89 anni

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Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.

«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».

Una vita tra letteratura e impegno

Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.

Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.

I capolavori che hanno segnato la sua carriera

Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.

Un addio in forma privata

Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.

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La Campania conquista il mondiale di fisica per studenti: cinque eccellenze campane rappresenteranno l’Italia all’IYPT 2025

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Cinque giovani talenti campani delle scuole superiori rappresenteranno l’Italia all’International Young Physicists’ Tournament (IYPT) 2025, la più prestigiosa competizione mondiale di fisica per studenti delle scuole superiori, che si svolgerà dal 29 giugno al 6 luglio a Lund, in Svezia.

Dopo una severa selezione nazionale, articolata in prove pratiche e orali, sono stati scelti cinque studenti, tutti provenienti da istituti superiori della Campania: il Liceo Mercalli di Napoli e il Liceo Buchner di Ischia. Una vittoria che premia la qualità della formazione scientifica nelle scuole del Sud e conferma il livello di eccellenza raggiunto dalla regione in campo scientifico.

Tra i protagonisti Pierluigi Trani, talento di Ischia

Tra i cinque campioni c’è Pierluigi Trani, studente del terzo anno del Liceo Scientifico Buchner di Ischia, attualmente a Salonicco, in Grecia, per partecipare a un torneo amichevole di preparazione con altri cinque Paesi del sud Europa. Trani si è classificato tra i primi quattro nella fase provinciale dei Campionati di Fisica 2025 a Napoli, risultando l’unico studente ischitano tra i primi dieci. Inoltre, si è distinto a livello nazionale arrivando terzo alle Olimpiadi di Statistica nella sua fascia d’età.

Il giovane fisico non ha intenzione di fermarsi qui: dopo l’esperienza mondiale in Svezia, proseguirà i suoi studi in un prestigioso college londinese, pronto ad accoglierlo per coltivare il suo brillante futuro accademico.

Un team guidato da due docenti campani

A guidare la squadra italiana saranno Gianmarco Sasso e Raffaele Campanile, entrambi docenti del Liceo Buchner di Ischia. I due insegnanti hanno seguito tutte le fasi della selezione e accompagnano i ragazzi nella preparazione per la competizione internazionale. L’IYPT è un torneo con una lunga storia: esiste da 38 anni, ma l’Italia partecipa ufficialmente solo dal 2024, grazie al sostegno dell’associazione “Scienza e Scuola”, con sede nel Meridione. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) ancora non riconosce formalmente la competizione, ma l’entusiasmo e la determinazione di studenti e docenti colmano ogni lacuna istituzionale.

La fisica come passione e riscatto territoriale

L’affermazione della Campania all’IYPT è un segnale forte: il talento scientifico non conosce confini geografici, e può emergere anche in territori spesso penalizzati da scarse risorse e riconoscimenti. I cinque ragazzi selezionati, con il sostegno dei loro docenti e di una rete associativa motivata, porteranno in alto il nome dell’Italia e del Sud Europa, confrontandosi con delegazioni di ben 39 nazioni.

Dal cuore del Sud, un segnale di speranza, competenza e futuro.

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