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Economia

Whirlpool a Napoli non si vende più e non si chiude più, lo dice l’amministratore delegato La Morgia

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La Whirlpool di Napoli non è più in vendita, forse. Un incontro con il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, e poi la riunione con i sindacati e le istituzioni convince i vertici della multinazionale a non escludere nessuna possibilita’ per il futuro dello stabilimento e i suoi 412 lavoratori. Ora un tavolo tecnico valutera’ le soluzioni percorribili per il sito che perde 20 milioni di euro l’anno. “Il risultato dell’incontro e’ positivo”, dichiara l’amministratore delegato di Whirlpool Italia, Luigi La Morgia, convocato a Roma insieme al presidente Europa, Medio Oriente e Africa (Emea), Gilles Morel, per confermare gli impegni del piano industriale 2019/2021 concordato a ottobre al ministero, con 250 milioni di investimenti in Italia. “L’Italia e’ e rimarra’ un Paese strategico, sia dal punto di vista industriale che commerciale”, rassicura Morel. “Abbiamo confermato, come richiesto dal ministro, che non chiudiamo il sito di Napoli e che garantiremo l’occupazione”, si impegna La Morgia. Di Maio parla di uno step decisivo per Napoli. “Nessuna chiusura, nessun disimpegno e la piena occupazione dei lavoratori coinvolti in questa vicenda: questi sono i capisaldi che abbiamo ottenuto e sui quali possiamo ricostruire”, rivendica Di Maio. Tra i 300 lavoratori in presidio sotto al ministero, la tensione e’ alta e, alla fine dell’incontro, La Morgia viene contestato.

“Finalmente la direzione aziendale si e’ detta pronta a ragionare di ogni soluzione senza pregiudiziali”, riconosce comunque il segretario nazionale della Uilm Gianluca Ficco e anche la Fiom vede un “piccolo passo avanti” con Barbara Tibaldi della segretaria nazionale e il segretario generale di Napoli, Rosario Rappa. L’incontro e’ invece “del tutto insoddisfacente” per la segreteria nazionale della Fim Cisl, Alessandra Damiani. “Il governo pubblicamente si impegna a coprire le perdite economiche di 20 milioni all’anno”, denuncia Damiani, “senza neanche avere un idea chiara della missione produttiva del sito e senza nessuna garanzia di lungo periodo”. Secondo l’ex ministro Carlo Calenda siamo di fronte a “una sceneggiata”: Whirlpool, scrive Calenda su Twitter, “cedera’ l’impianto all’imprenditore identificato. Terra’ una quota e lo aiutera’. Quello che voleva fare dall’inizio”. Intanto a Marcianise sono in sciopero i lavoratori stabilimento della Jabil Circuit Italia, dopo che i vertici societari ieri hanno annunciato, nel corso di un incontro tenuto a Confindustria Caserta, l’intenzione di avviare la procedura di licenziamento per 350 addetti del sito. I dipendenti hanno tenuto un’assemblea davanti ai cancelli dello stabilimento.

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A 15 anni in azienda, l’opposizione insorge

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Alla vigilia del primo maggio e nelle ore in cui anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna a puntare il dito contro la mancata sicurezza nei luoghi di lavoro, spunta una norma al decreto Pnrr-Scuola, ora all’esame della Commissione Cultura del Senato, in cui si anticipa l’alternanza scuola – lavoro al primo biennio degli istituti tecnici. “Cioè quando si hanno 15 anni e si è ancora in età di obbligo formativo”, spiega la senatrice del M5S Barbara Floridia, la prima a denunciare questa misura messa a punto dal governo.

Nel decreto, esattamente nell’allegato B del provvedimento, si dice testualmente che “nel primo biennio, oltre alle attività orientative collegate al mondo del lavoro e delle professioni, è possibile realizzare, a partire dalla seconda classe, i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento”, cioè i Pcto che è l’acronimo usato per definire l’alternanza Scuola-Lavoro. Il che significa, insiste Floridia, che si potranno “spedire adolescenti sui luoghi di lavoro”, potenzialmente anche “in cantieri o ambienti ad alto rischio”, quando “dovrebbero essere protetti, formati, tutelati”. Significa, insomma che l’Esecutivo intende “mettere la logica dell’impresa prima di quella dell’ istruzione, della sicurezza e dei diritti”.

E nel dir questo, cita “tragedie” come quelle che “hanno colpito proprio studenti in alternanza come Giuseppe Lenoci e Lorenzo Parelli”. Anche i sindacati, nelle varie audizioni in Commissione, hanno espresso forti perplessità nei confronti del decreto e della misura che anticipa i tirocini a 15 anni. La più dura è stata la Flc Cgil secondo la quale in questo modo “si privilegiano i raccordi con il mondo del lavoro e i contesti produttivi, mentre le attività didattiche risultano culturalmente impoverite, subordinate e funzionalizzate alle istanze formative avanzate dal contesto socioeconomico di appartenenza”. Ma non basta. Oltre a considerare gli studenti “solo in termini di braccia per lavorare” e non di persone alle quali va trasmessa una cultura e una formazione di base, come afferma il senatore di Avs, Tino Magni, la norma “esprime tutta la visione classista del governo e in primis del ministro della Scuola Valditara”, sottolinea il già ministro del Lavoro Andrea Orlando. “Anticipare il momento della scelta alla fase in cui un ragazzino è molto giovane – osserva Orlando – significa schiacciarlo nella sua dimensione di provenienza, alla sua origine sociale”.

Con buona pace della discussione sulla riforma della scuola, continua l’esponente Dem, che puntava proprio “a posticipare la scelta per evitare automatismi sociali”, cioè che il figlio dell’operaio fosse costretto a fare per forza l’operaio. Dice no ad una “professionalizzazione precoce di ragazze e ragazzi” anche la capogruppo Pd in Commissione, Cecilia D’Elia, che chiede, come Floridia, il ritiro della norma, mentre invita a investire di più “sul capitale umano, cioè su cultura e scuola”. “A 15 anni, ancora in età da obbligo formativo – insiste Magni – si deve stare a scuola e non in fabbrica o nelle aziende”. Un “ritorno” alla “scuola di classe” dove “c’era chi poteva studiare, mentre gli altri erano braccia per lavorare”, non è accettabile. “In vista del primo maggio”, è l’appello del capogruppo M5S in Commissione, Luca Pirondini, “Meloni trovi il coraggio” e “chieda al suo ministro Valditara il ritiro immediato di questa norma indecente”, perché “la scuola non è un serbatoio di forza lavoro gratuita. È il luogo in cui si formano i cittadini”.

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Campi Flegrei, il Consiglio dei Ministri approva misure urgenti: sospesi tributi, mutui e versamenti fino al 31 agosto

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Il Consiglio dei Ministri ha approvato una serie di misure urgenti per far fronte agli ulteriori effetti dei recenti fenomeni bradisismici che continuano a interessare l’area dei Campi Flegrei, nel Napoletano. Le decisioni sono contenute nella seconda parte di un decreto che introduce interventi di natura economica e fiscale per sostenere cittadini e imprese colpiti dall’emergenza.

Sospensione di tributi e contributi

Tra i provvedimenti più rilevanti è prevista la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari e contributiviin scadenza dal 13 marzo 2025 al 31 agosto 2025. Il governo ha deciso di alleggerire la pressione fiscale per chi vive e opera in un’area messa duramente alla prova dai continui episodi di sollevamento del suolo.

Stop anche alle ritenute e alle addizionali

Nello stesso periodo sono sospesi i termini dei versamenti delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Una misura che punta ad alleggerire ulteriormente il carico economico per lavoratori e famiglie residenti nella zona.

Mutui e finanziamenti bloccati senza sanzioni

Il decreto prevede inoltre la sospensione del pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere erogati dalle banche, sempre dal 13 marzo al 31 agosto 2025, senza applicazione di sanzioni o interessi. Si tratta di una misura fondamentale per evitare che il peso degli impegni finanziari aggravi la già delicata condizione di numerose famiglie.

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Ricavi Stellantis giù e stime sospese in attesa di Trump

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L’incertezza sui dazi americani pesa sui conti trimestrali di Stellantis e di Volkswagen. Preoccupano le parole di Donald Trump che alleggerisce la pressione delle tariffe doganali sulle auto per concedere più tempo ai costruttori, ma avverte: le case automobilistiche che non porteranno la produzione negli Stati Uniti saranno “massacrate” dalla sua politica commerciale.

Il colosso tedesco Volkswagen ha iniziato il 2025 con un crollo degli utili del 41% rispetto all’anno precedente a 2,19 miliardi di euro nel primo trimestre, mentre Stellantis registra ricavi netti pari a 35,8 miliardi di euro, il 14% in meno dello stesso periodo 2024, e sospende le stime finanziarie del 2025 proprio per l’incertezza sui dazi. Per il gruppo guidato da John Elkann c’è qualche segnale positivo dovuto al successo di modelli lanciati di recente come la nuova Fiat Grande Panda, la Opel Vauxhall Frontera e la Citroën C3 Aircross: la crescita della quota nell’Ue30 sul quarto trimestre 2024 e maggiori volumi di ordini negli Usa. Segnali apprezzati a Piazza Affari, dove il titolo Stellantis cresce all’apertura della Borsa, ma poi rallenta e chiude la giornata in calo dell’1,9% a 8,14 euro.

E’ a buon punto il processo di nomina del nuovo amministratore delegato che, è confermato, arriverà entro la prima metà dell’anno. I conti trimestrali di Volkswagen e di Stellantis arrivano all’indomani della festa dei primi cento giorni di Trump che ha scelto per celebrarla proprio il Michigan, lo Stato dell’auto americano. Il presidente degli Usa ha affermato che “l’età dell’oro è appena iniziata” anche grazie ai dazi. “Avremo un accordo equo con la Cina”, ha detto ai suoi sostenitori. Al momento non ci sono decisioni chiare e questo non permette di prevedere l’impatto sui volumi e sulla competitività.

Il responsabile finanziario Doug Ostermann spiega che “Stellantis si sta impegnando a fondo con le autorità politiche in materia di tariffe doganali, adottando al contempo misure per ridurne gli impatti”. Ostermann parla di “un contesto turbolento” e sottolinea “l’apprezzamento per le misure di mitigazione del presidente Trump sul fronte dei dazi”. Nel frattempo l’azienda “sta mettendo in campo azioni per salvaguardare le attività e la redditività, con temporanei aggiustamenti della produzione e temporanee riduzioni di posti di lavoro”.

La quota di veicoli assemblati negli Stati Uniti – dice Ostermann – è pari al 58% su un milione e 200 mila veicoli totali venduti negli Usa nel 2024. L’esposizione si limiterebbe in questo caso, quindi, solo ai dazi sui componenti importati. Se si guarda invece alla quota dei veicoli importati, il 95% sono stati prodotti in Canada o in Messico, in linea con l’accordo di libero scambio in vigore tra questi Paesi e gli Stati Uniti. Il calo del 9% delle consegne consolidate, pari a 1,2 milioni nel primo trimestre 2025, “riflette – spiega Stellantis – la minore produzione in Nord America per il prolungamento delle festività a gennaio, l’impatto della transizione del portafoglio prodotti e minori volumi di veicoli commerciali leggeri nell’Europa allargata”.

Resta negativa la performance di Maserati, ma dall’azienda è arrivata ancora una smentita sulla possibilità di una cessione del brand su cui non nascondono le mire gruppi come la cinese Chery Auto. La strategia di diversificazione geografica di Stellantis trova conferma nella crescita del cosiddetto Terzo Motore che aggrega le attività in Sud America, Medio Oriente, Africa, Cina, India e Asia Pacifico. Stellantis ricorda che l’assemblea degli azionisti ha approvato la distribuzione di un dividendo ordinario pari a 0,68 euro per azione, che sarà pagato il 5 maggio. Il 24 luglio saranno approvati i conti del primo semestre.

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