Gli Usa alzano la voce, l’Unione Europea capitola davanti alla realtà: i 27 dovranno spendere di più nel settore militare. Molto di più. La presidente dell’esecutivo blustellato, Ursula von der Leyen, si è presentata dunque alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco con un annuncio in tasca: “Abbiamo bisogno di un approccio coraggioso, proporrò dunque di attivare la clausola di salvaguardia per gli investimenti nella difesa”. Gli Stati membri, insomma, potranno mettere mano al portafoglio senza incorrere nelle ire di Palazzo Berlaymont. La mossa di von der Leyen ha incassato subito la “soddisfazione” di chi chiede da tempo lo scorporo delle spese per la difesa dai vincoli di bilancio, a cominciare da Giorgia Meloni. “Si tratta di un primo, fondamentale passo nella giusta direzione, che dovrà essere seguito anche dall’istituzione di strumenti finanziari comuni”, ha comunicato Palazzo Chigi.
La possibilità che ogni singolo Paese spenda di più per conto proprio non basta, è il ragionamento di quelle capitali che hanno un alto debito e dunque minimo spazio di bilancio. La Commissione lo sa. “Abbiamo bisogno di un approccio europeo nel definire le nostre priorità di investimento, che consenta d’investire in progetti di difesa molto necessari e di comune interesse europeo”, ha aggiunto von der Leyen. L’obbligo di andare “oltre il 3% del Pil” – finalmente metabolizzato dopo la ministeriale Nato, in cui il capo del Pentagono Pete Hegseth ha terrorizzato gli alleati – genererà “centinaia di miliardi” di risorse da mettere a terra e sarà dunque imperativo che l’Ue trovi un modo per far fruttare gli investimenti, senza sprechi e duplicazioni.
Il Libro Bianco per la difesa – che verrà presentato fra circa un mese – sarà chiamato a proporre alcune soluzioni. Non ci saranno però assegni in bianco. “Naturalmente – ha detto von der Leyen – l’aumento delle spese avverrà in modo controllato e condizionato e proporremo anche un pacchetto più ampio di strumenti ad hoc per affrontare la situazione specifica di ciascun Paese, dall’attuale livello di spesa per la difesa alla situazione fiscale”. Al netto della svolta, si devono comprendere meglio i dettagli. Ci sono infatti due tipi di clausole di salvaguardia previste dal Patto di stabilità e crescita utilizzabili in questo caso. Da una parte quella “generale” – con una deroga per tutti all’applicazione delle regole – e dall’altra quella “nazionale”, dove in pratica ogni Paese fa per sé. Con le nuove regole, arrivate dopo il Covid, la clausola generale può essere attivata per una “grave recessione” e “quindi legalmente l’uso non sarebbe proprio appropriato”, affermano fonti a Bruxelles con un’approfondita conoscenza della materia. Più realistica appare invece l’attivazione della clausola nazionale. L’apertura di von der Leyen – seppure già ipotizzata dopo il ritiro informale dei leader sulla difesa – è destinata a generare più di un mal di pancia.
“Ci vorrà un po’ ai frugali per digerirla”, è stata la battuta di un diplomatico europeo. Si tratta pur sempre di una eccezione alle regole, è il ragionamento che si raccoglie del resto proprio tra i frugali, secondo i quali, considerate le attuali circostanze, consentirebbe però di far affrontare la spesa direttamente agli Stati, e sarebbe quindi preferibile rispetto all’idea di creare un fondo Ue. Una simile deroga al Patto necessiterà dell’approvazione in seno al Consiglio Ue. Ma anche all’interno dei singoli Paesi è destinata a fare rumore. In Italia, Fi e Fdi l’hanno applaudita con nettezza. I Verdi italiani hanno invece anticipato un argomento sul quale potrebbero convergere, con variabile convinzione, anche il M5S e il Pd. “E’ grave che l’Ue parli di investimenti pubblici solo per il riarmo e non per settori chiave come le crescenti emergenze sociali e ambientali e la transizione ecologica, dai quali dipende il presente e il futuro di cittadine e cittadini”, hanno sottolineato gli eurodeputati ecologisti.