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Esteri

Zelensky, ‘parlerò con Putin solo con un piano Usa-Ue’

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A quasi tre anni dall’inizio dell’invasione russa Volodymyr Zelensky è disposto a incontrare Vladimir Putin – e nessun altro russo – ma solo per presentargli il piano elaborato con Stati Uniti e Ue “insieme”, perché – ha ribadito il presidente ucraino – l’unità degli alleati è “un messaggio” per lo zar e la prima garanzia di sicurezza per Kiev. Al momento però, ha sottolineato Zelensky a Monaco prima di incontrare il vicepresidente americano JD Vance, “non vedo pronto un piano degli Stati Uniti”. “Vogliamo una pace duratura, che non porti un’altra guerra nell’Europa orientale in pochi anni”, gli ha assicurato il numero due della Casa Bianca nel faccia a faccia in Baviera. La telefonata di Donald Trump a Putin ha di certo smosso le acque del conflitto in Ucraina e dato la stura a diverse ipotesi e previsioni di quello che potrebbe essere un accordo per il cessate il fuoco.

Il tycoon ha riferito a Zelensky che anche “Putin vuole mettere fine alla guerra”, ma il leader ucraino non si fida: “Gli ho spiegato che è un bugiardo”, ha detto. Trump, al contrario, “è un uomo forte. E se sceglierà di stare dalla nostra parte, e non nel mezzo, potrà spingere Putin a fermare la guerra”, ha aggiunto Zelensky, riferendo che il presidente gli ha dato il suo numero di telefono personale. Il timore del leader ucraino è infatti quello di essere scavalcato e che un accordo con Mosca venga raggiunto senza tenere in considerazione le sue richieste. Del resto, Washington avrebbe già messo sul piatto della trattativa l’esclusione di Kiev dalla Nato (“Gli Usa non ci hanno mai voluti”, ha constatato Zelensky) e la rinuncia ai confini precedenti il 2014, l’anno dell’annessione russa della Crimea. Ma, ha avvertito il leader di Kiev nel tentativo di convincere gli alleati, Putin va fermato perché non si accontenterà dell’Ucraina: secondo le sue fonti di intelligence, lo zar “sta preparando la guerra contro i Paesi della Nato l’anno prossimo”. “Questo è quello che penso, non lo so, non ho il 100%” delle informazioni”, ha poi smussato.

“Ma Dio ci benedica, fermeremo questo pazzo”. Prima di incontrare Zelensky, Vance ha a sua volta lanciato un monito a Putin: se Mosca non negozierà in buona fede, gli Usa useranno tutti i “mezzi di pressione” che hanno a disposizione, quelli economici, come le sanzioni, e quelli militari. L’Ucraina deve avere “l’indipendenza sovrana”, ha chiarito il vicepresidente al Wall Street Journal, senza escludere l’invio di truppe americane sul terreno. Dichiarazioni che hanno subito fatto drizzare le antenne al Cremlino che, ha fatto sapere, attende “spiegazioni ulteriori” sulle minacce di Vance. Anche l’Unione europea, spiazzata dall’accelerazione imposta dalla telefonata di Trump ma in qualche modo rabbonita da Vance (l’Ue sarà “ovviamente” coinvolta nei negoziati di pace), ribadisce “il sostegno costante e stabile” all’Ucraina.

“Accelereremo i lavori per la vostra adesione all’Ue”, hanno assicurato Ursula von der Leyen e Antonio Costa nell’incontro con il presidente ucraino. Mentre l’alto rappresentante Kaja Kallas ha fatto un passo avanti: “I 27 Paesi Ue, o altri Paesi, che si dicono a favore delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina ora devono anche dire se sono pronti a inviare truppe e quante”. Tuttavia, per Zelensky, “non importa da quale Paese vengano le forze”: il punto è che, senza l’adesione alla Nato, la vera garanzia di sicurezza per evitare il rischio di una nuova aggressione russa è rafforzare l’esercito ucraino, che dovrà raddoppiare le brigate e arrivare a contare “1,5 milioni di militari”, con il contributo economico degli alleati.

“Poi, se volete venire e morire… prego”, ha risposto a una domanda in merito, gelando la platea dell’Hotel Bayerischer Hof. Sul piatto dei colloqui con gli Usa, ci sono poi quelle terre rare di cui l’Ucraina è ricca e che Trump vuole in cambio dei miliardi spesi per finanziare la guerra contro la Russia. Secondo i media ucraini, Kiev ha finalizzato una bozza di accordo per garantire agli Stati Uniti l’accesso alle riserve per un valore di 500 miliardi di dollari. “I Paesi che ci sostengono avranno priorità sugli investimenti”, ha assicurato Zelensky, avvertendo tuttavia che “non firmerà” qualsiasi cosa.

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Esteri

Presidenziali in Cile: la comunista Jeannette Jara e il conservatore José Kast volano al ballottaggio

La candidata comunista Jeannette Jara e l’ultraconservatore José Kast si sfideranno al ballottaggio del 14 dicembre. Fuori la destra tradizionale, exploit del populista Franco Parisi.

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La corsa alla presidenza del Cile si restringe a due nomi: Jeannette Jara, candidata del Partito Comunista, e José Kast, rappresentante del Partito Repubblicano e figura di riferimento dell’ultradestra. Con il 40% dei voti scrutinati, gli analisti considerano irreversibile il vantaggio dei due candidati, destinati a sfidarsi nel ballottaggio del 14 dicembre.

Jara in testa, Kast subito dietro

Secondo i dati del Servizio Elettorale (Servel), Jara guida il primo turno con il 26,45% delle preferenze, seguita da Kast con il 24,46%. Una sfida polarizzata tra programmi opposti, a cui si aggiunge un inaspettato terzo posto: il populista Franco Parisi, che conquista il 18,62% superando sia la destra tradizionale di Evelyn Matthei che l’ultradestra di Johannes Kaiser.

Il Paese diviso in tre aree

Dai primi risultati emerge un Cile spaccato territorialmente:

  • Sud: forte presenza per Kast, che domina nelle regioni meridionali.

  • Area metropolitana: prevale Jara.

  • Nord: exploit di Parisi, capace di intercettare il voto scontento e antisistema.

La destra promette di ricompattarsi

Nonostante la divisione al primo turno tra Kast, Kaiser e Matthei, i commentatori osservano una schiacciante affermazione complessiva delle destre. Per il ballottaggio è già stata annunciata la convergenza: un sostegno reciproco che potrebbe favorire Kast nella corsa verso La Moneda.

Kast: terzo tentativo per il “duro” della politica cilena

Kast, dichiaratamente simpatizzante di Augusto Pinochet, tenta per la terza volta l’ingresso al palazzo presidenziale. Il suo programma punta sulla repressione della criminalità e sul contrasto all’immigrazione clandestina, temi centrali per l’elettorato cileno.

Matthei riconosce la sconfitta e appoggia Kast

Evelyn Matthei ha ammesso subito la propria uscita di scena, congratulandosi con Kast. Con il 27% dei seggi scrutinati, la leader della destra tradizionale è ferma al 13,07%. “Andrò personalmente al comitato elettorale di José Kast per congratularmi”, ha dichiarato.

Il Cile si prepara ora a un ballottaggio che riflette una polarizzazione profonda: tra la sinistra comunista e un’ultradestra determinata a riunificare il proprio fronte.

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Capire la crisi Ucraina

Trump annuncia nuove sanzioni: “Puniremo ogni Paese che fa affari con la Russia. Possibile l’inserimento dell’Iran”

Donald Trump annuncia una legge repubblicana per sanzionare “severamente” ogni Paese che faccia affari con la Russia e apre alla possibilità di includere anche l’Iran.

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Il presidente americano Donald Trump ha dichiarato che i repubblicani stanno lavorando a una nuova legge capace di introdurre sanzioni automatiche e “severe” contro qualsiasi Paese che intrattenga rapporti commerciali con la Russia. L’annuncio arriva direttamente dalla Casa Bianca, dove il leader statunitense ha parlato ai giornalisti chiarendo la direzione della politica estera americana.

“È stata una mia idea”: la linea dura del presidente Usa

Trump ha sottolineato che l’iniziativa nasce da una sua proposta: “Come sapete, l’ho suggerito io. Qualsiasi Paese che faccia affari con la Russia sarà sanzionato severamente”. Una posizione che conferma l’orientamento sempre più duro dell’amministrazione verso Mosca, in un contesto internazionale già segnato da tensioni commerciali e militari.

Nella lista potrebbe finire anche l’Iran

Il presidente non ha escluso nuovi sviluppi: “Potrebbero aggiungere anche l’Iran”, ha affermato. Una possibilità che amplierebbe ulteriormente il raggio d’azione della legge e irrigidirebbe il confronto con Teheran, già nel mirino delle politiche restrittive dell’amministrazione americana.

Una mossa che accende il dibattito internazionale

Le nuove misure, se approvate, andrebbero a modificare in profondità i rapporti tra Stati Uniti e numerosi Paesi partner, con impatti diretti su scambi commerciali, equilibri diplomatici e sicurezza internazionale. Il dibattito, intanto, è già partito sia negli Usa sia nelle capitali che intrattengono ancora rapporti economici con Mosca.

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Esteri

Zelensky in Europa: accordi con Grecia, Francia e Spagna per superare l’inverno di guerra

Zelensky torna in Europa e ottiene aiuti da Atene, Parigi e Madrid: gas per l’inverno, un accordo storico sulla difesa con Macron e nuovi sostegni dalla Spagna.

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Volodymyr Zelensky è tornato in Europa in uno dei momenti più difficili dall’inizio della guerra. L’offensiva russa prosegue, mentre gli aiuti Ue restano bloccati e quelli Usa dipendono dalle oscillazioni della politica di Donald Trump. In questo quadro di incertezza, Grecia, Francia e Spagna hanno scelto di tendere la mano all’Ucraina.

L’intesa energetica con la Grecia

Ad Atene, prima tappa del tour, Zelensky ha puntato tutto sull’emergenza energetica. Il governo di Kyriákos Mitsotákis ha assicurato una fornitura di gas da gennaio a marzo 2026, per un valore di due miliardi di euro. Il finanziamento sarà coperto grazie ai partner europei.

Il Gnl arriverà in Ucraina tramite la Grecia, ma la provenienza è americana: una triangolazione che divide la partita energetica con Washington. Atene, intanto, rafforza il ruolo di hub europeo del Gnl diretto verso l’Europa centrale e orientale.

Parigi prepara un accordo “storico”

La tappa decisiva sarà Parigi: Zelensky firmerà con Emmanuel Macron un «accordo storico» sulla difesa. I dettagli non sono ancora pubblici, ma il presidente ucraino ha anticipato un rafforzamento dell’aviazione da combattimento, della difesa aerea e di altre capacità militari.

Un passo avanti notevole della Francia, in una fase in cui il sostegno europeo a Kiev appare in stallo.

Madrid chiude il tour

L’ultima tappa sarà Madrid, altro partner considerato «forte» da Zelensky. In programma anche una visita al Reina Sofia, dove è esposto il Guernica di Picasso: nel 2022 Zelensky paragonò il massacro di Mariupol proprio alla tragedia della città spagnola.

La guerra continua senza sosta

Mentre Zelensky cerca sostegni in Europa, la guerra in Ucraina resta feroce. Mosca rivendica la conquista di due villaggi nella regione di Zaporizhzhia. A Pokrovsk gli ucraini resistono, ma in inferiorità numerica.

Secondo Kiev, negli ultimi sette giorni la Russia ha sganciato 980 bombe sull’intero Paese. Una sola notizia positiva sul fronte umanitario: il rilascio di 1.200 prigionieri ucraini dalle carceri russe.

L’appello alla pace

Dal Vaticano, Papa Leone XIV ha rinnovato il suo appello: «Non possiamo abituarci alla guerra e alla distruzione». Anche il presidente Sergio Mattarella, da Berlino, ha richiamato l’urgenza della pace.

Ma un negoziato appare lontano. Yuri Ushakov, consigliere di Vladimir Putin, ha confermato contatti con gli Usa basati sul vertice di Anchorage tra Trump e lo Zar. Un punto di partenza che potrebbe non favorire né l’Ue né Kiev.

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