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Vita da rider, 10 ore al giorno per 1000 euro al mese: quasi schiavitù

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“Sono disponibile 7 giorni su 7, per circa 10 ore al giorno. E in cinque anni che faccio questo mestiere, anche nei mesi piu’ tosti, non ho mai superato i 1000 euro lordi”. Giuseppe, 30 anni, fa il rider a Torino per due societa’ di consegne a domicilio, Just Eat e Deliveroo. “Come faccio ad accontentare entrambe? Faccio i salti mortali, letteralmente. Passo col rosso, vado sul marciapiede. Insomma, corro il piu’ possibile per arrivare prima, perche’ tutto si concentra nelle stesse fasce orarie, a pranzo e a cena”. Le due piattaforme, spiega, funzionano con sistemi diversi: “In entrambi casi la precarieta’ e’ massima e la certezza di lavorare e’ inesistente”. Deliveroo, infatti, ha introdotto il sistema del “free login”: il rider si collega la mattina, si rende disponibile e aspetta che arrivino gli ordini. Il piu’ delle volte, per ottenere un numero soddisfacente di consegne, si resta collegati per almeno dieci ore. Inoltre, il sistema funziona sulla base della distanza tra il rider e il ristorante e questi, di solito, si trovano nei centri cittadini. “Io vivo in periferia, quindi ogni mattina mi avvicino verso la stazione di Porta Nuova a Torino. E mi metto in attesa”. Nel caso di Just Eat, e’ l’azienda ad assegnare i turni, a partire dal giovedi’ della settimana precedente, per un totale di 15 o 20 ore settimanali. Un massimale che prima era possibile superare, quando l’azienda offriva la possibilita’ di aumentare le ore, per esempio in occasione di eventi televisivi particolari, o nel week end, o in caso di rinunce di altri rider. Ma da qualche mese a questa parte, il meccanismo e’ diventato una ghiotta occasione per gli hacker. “Sui canali Telegram o altri, girano dei ‘bot’, ovvero delle applicazioni informatiche che consentono di aggirare questo meccanismo, a un costo che va dai 60 ai 100 euro. Insomma e’ diventata una guerra tra poveri. Se vuoi lavorare, devi poterti permettere di spendere”. L’anno scorso e’ stato introdotto il contratto collettivo nazionale del lavoro per i rider, che fissa a 10 euro l’ora il minimo percepibile, firmato da Assodelivery e il solo sindacato Ugl ma contestato da molti. “Per ottenere quella cifra non basta essere disponibili, bisogna pedalare per un’ora, per esempio per una consegna in periferia. Il piu’ delle volte una consegna dura mezz’ora, quindi vieni pagato 5 euro, o 15 minuti, quindi 2,50 euro”. Giuseppe ha continuato a svolgere il suo lavoro anche nei mesi piu’ bui dell’emergenza coronavirus, quando tutto il mondo era barricato in casa, e negli ultimi tempi ha visto aumentare il numero di persone disposte a fare questo mestiere. “Tantissimi che oggi fanno consegne lavoravano nella ristorazione, o in aziende che hanno chiuso i battenti per via della crisi generata dal virus”. Sui rischi per la propria salute nel lavorare durante la pandemia, sottolinea: “Il nostro non e’ un atto di eroismo, ma una necessita’. Condivido la casa in affitto con altre sei persone e di certo non posso permettermi di stare a casa a panificare o a guardare serie tv all’infinito.”

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Calcio: arbitro Coppa del Re denuncia pressioni di Real Madrid Tv

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L’arbitro della finale di coppa del Re, domani sera a Siviglia tra Barcellona e Real Madrid, Ricardo de Burgos Bengoechea, ha puntato il dito contro la Tv del Real per la pressione che mette sui direttori di gara designati per le partita della squadra guidata da Carlo Ancelotti. Senza riuscire a trattenere le lacrime durante la conferenza stampa svoltasi alla vigilia, l’arbitro ha denunciato che “i video su Real Madrid TV ci mettono grande pressione e hanno anche gravi ripercussioni nella tua vita privata – ha detto -. Quando tuo figlio torna a casa da scuola piangendo perché gli dicono che suo padre è un ladro, è davvero dura. E’ una situazione assurda”.

De Burgos Bengoechea ha aggiunto che è il momento di “riflettere” sulla situazione attuale del calcio spagnolo, affermando che diversi suoi colleghi avevano deciso di scendere di categoria per non subire più la pressione dei massimi livelli. Il canale televisivo del Real Madrid produce ogni settimana dei video per screditare gli arbitri delle loro prossime partite. Ma la pressione è aumentata da febbraio, quando il club ha lanciato una guerra istituzionale contro un sistema arbitrale “completamente screditato” e un “sistema corrotto dall’interno” dopo le decisioni che la Liga ha preso nei suoi confronti. Il responsabile della Var, Pablo Gonzalez Fuertes, ha detto a sua volta che gli arbitri potrebbero prendere ulteriori provvedimenti sulle trasmissioni di Real Madrid TV. “Non c’è dubbio che dovremo iniziare ad adottare misure molto più serie Faremo la storia, perché non continueremo a sopportare quello che stiamo sopportando”, ha affermato, senza approfondire.

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I 23 cardinali latinoamericani che sceglieranno Papa

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Tra i 135 cardinali con un’età al di sotto degli 80 anni che formeranno il Conclave per l’elezione del nuovo pontefice, 23 sono latinoamericani. Il 13 marzo 2013 a eleggere Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro erano appena 19. Il Brasile è il paese della regione più rappresentato, con sette cardinali.

Di questi, due sono stati nominati da Benedetto XVI: l’arcivescovo di San Paolo, il 75enne Odilo Scherer, e il 77enne João Braz de Aviz, a capo del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Nominati da Francesco il 74enne arcivescovo di Rio de Janeiro Orani João Tempesta, quello di Manaus, il 74enne Leonardo Ulrich Steiner, il 65enne arcivescovo di Salvador Sérgio da Rocha, il 64enne Jaime Spengler a capo dell’arcidiocesi di Porto Alegre e il 57enne Paulo Cezar Costa, arcivescovo di Brasilia.

Quattro gli argentini, tutti nominati da Francesco, ovvero il 62enne Víctor Manuel Fernández che guida il Dicastero per la dottrina della fede, il 66enne Angel Sixto Rossi, arcivescovo di Córdoba, di Santiago del Estero il 72enne Vicente Bokalic Iglic e il 77enne arcivescovo emerito di Buenos Aires, Mario Aurelio Poli.

Gli altri sei cardinali sudamericani in Conclave sono l’uruguaiano 65enne Daniel Fernando Sturla, secondo il canale Ntn24 unico “papabile”, il paraguayano Adalberto Martínez Flores (73 anni), il peruviano Carlos Gustavo Castillo Mattasoglio (75 anni), il 68enne cileno Fernando Natalio Chomalí Garib, il 63enne colombiano Luis José Rueda Aparicio e l’ecuadoriano Luis Gerardo Cabrera Herrera (69 anni).

Il Messico ha due porporati in Conclave: l’arcivescovo primate del Messico, il 75enne Carlos Aguiar Retes, nominato da Francesco, e il 74enne arcivescovo di Guadalajara Francisco Robles Ortega, scelto da Benedetto XVI.

In America Centrale e nei Caraibi sono invece quattro i cardinali in Conclave, tutti nominati da Francesco, ovvero il 76enne cubano Juan de la Caridad García Rodríguez, il 77enne guatemalteco Álvaro Leonel Ramazzini Imeri, il 76enne nicaraguense Leopoldo Brenes e l’haitiano Chibly Langlois, di 66 anni.

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La preside e il no allo schwa sul giornalino del liceo

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Il divieto agli asterischi e allo schwa negli atti delle scuole, voluto dal ministro Valditara, incontra i primi scogli. Succede così che la ‘censura’ al giornalino di un liceo di Padova, per l’utilizzo del simbolo ‘schwa’ in un articolo, abbia dato fuoco alle polveri della polemica. Il segno in matita rossa l’ha messo la preside del liceo artistico ‘Pietro Selvatico’ – storica scuola di visioni aperte e progressiste – che ha fermato il ‘Wild Times’ (la testata studentesca) per uno ‘schwa’ di troppo. In uno dei ‘pezzi’ del menabò, scritto da un’ex alunna per raccontare cosa succede dopo il diploma superiore – l’iscrizione all’università, i test d’ingresso – ci si rivolgeva ai ragazzi chiamandoli “studentə”, invece che studenti e studentesse.

“Lo schwa – ha osservato la preside, Giovanna Soatto – non è un fonemo leggibile ad alta voce spiega e, usato in quel contesto, non è né necessario né efficace. Anzi, mi è parsa una forzatura che rischiava di diventare giudicante verso chi non condivide quelle scelte linguistiche”. “Il linguaggio della scuola – ha rimarcato – deve poter parlare a tutti, non solo alla comunità queer. Non ho fermato il giornalino, ho solo chiesto che venisse rispettata la lingua italiana, già di per sè inclusiva”. Detto-fatto: il giornalino è stato aggiornato e pubblicato regolarmente sul sito della scuola. Ma gli studenti non hanno gradito. In una lettera aperta la redazione si è appellata alla “libertà di espressione, fondamentale in un percorso di crescita, che una scuola libera e aperta come la nostra – è scritto – dovrebbe promuovere”.

La diatriba si è allargata dalle aule del Selvatico alla comunità studentesca padovana. “Se perfino la Cassazione ha tolto ‘madre’ e ‘padre’ dai documenti dei minori per non essere discriminatoria, perché non si può usare una vocale neutra?” è la domanda posta da Sophie Volpato, rappresentante della Rete Studenti Medi. Anche la parlamentare del Pd Rachele Scarpa, annunciando un’interrogazione in proposito, si è schierata al fianco degli studenti: “la redazione – ricorda – ha reagito coraggiosamente con una lettera aperta definendo l’accaduto ‘un atto di censura’, e ricordando che il loro giornalino ‘è nato per dar voce a tutti, non per omologare il pensiero'”.

La linea della preside, del resto, risponde alla contestata circolare del ministero dell’Istruzione del 21 marzo scorso, scritta (coincidenza) dalla ex dirigente dell’ufficio scolastico del Veneto, Carmela Palumbo: “l’uso di segni grafici non conformi, come l’asterisco (*) e lo schwa (ə), è in contrasto con le norme linguistiche e rischia di compromettere chiarezza e uniformità della comunicazione istituzionale”.

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