“La madre di tutte le riforme”. La premier Giorgia Meloni presenta così il disegno di legge costituzionale che il Consiglio dei ministri approva all’unanimità. E in una conferenza stampa assicura che si tratta di una riforma che garantirà “stabilità”, dirà basta ai governi tecnici e ai “giochi di Palazzo” e farà entrare l’Italia nella Terza Repubblica. Lei, sottolinea, mantiene sempre “gli impegni presi” e la riforma, che rappresenta un po’ il “cuore” del suo programma, ha intenzione di portarla avanti con determinazione, anche nel caso in cui fosse necessario arrivare al referendum.
E questo Meloni lo dichiara, nonostante, sollecitata dai giornalisti, precisi che, in caso di bocciatura, lei non si dimetterà come, invece, in passato, “minacciarono di fare altri”. Insieme al ministro per le Riforme, Elisabetta Casellati, ricorda, poi, come si tratti di una modifica “necessaria” visto che “negli ultimi 75 anni di storia Repubblicana ci sono stati 68 governi con una vita media di un anno e mezzo”. All’Italia, invece, interviene il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, serve “stabilità”, anche per “i mercati” e la riforma diventa pertanto “una priorità” alla quale non si può venir meno, perché “noi – incalza Meloni – abbiamo la responsabilità” di “aiutare questa Nazione” a “risolvere i suoi problemi strutturali”.
“L’assenza di stabilità – prosegue – ha creato un problema di credibilità internazionale” che va risolto. Si tratta, poi, di un “intervento minimale” alla Costituzione (“Si toccano solo 4 articoli”) assicura Casellati, che “non inciderà in alcun modo sui poteri del Presidente della Repubblica”. Il disegno di legge che prevede l’elezione diretta del premier, una misura “anti-ribaltone” e il no ai senatori a vita, piace poco però all’opposizione che lo definisce un “accrocco pasticciato”. E anche se Casellati assicura che sono stati “recepiti” molti dei suggerimenti arrivati dalle opposizioni e dai sindacati negli incontri che si sono avuti prima della stesura del testo, Meloni non nasconde che avrebbe preferito di andare subito alle elezioni in caso di sfiducia al premier. Da qui la richiesta anche alle opposizioni di riflettere su questo argomento durante l’esame parlamentare. Ma nel centrosinistra si annuncia battaglia. A cominciare dalla segretaria del Pd Elly Schlein che parla di una “riforma pasticciata e pericolosa” che “indebolisce il Parlamento” e “limita le prerogative del Presidente della Repubblica” smantellando “la forma parlamentare”.
Meloni sottolinea come nel ddl non si sia voluto affrontare nè la questione del ballottaggio, nè quella del premio di maggioranza perchè di questo si dovrà occupare il Parlamento anche riscrivendo la legge elettorale. Ma la rassicurazione tranquillizza poco gli avversari. Con il leader di Azione Carlo Calenda che conia il termine di “Italierato” per definire questa proposta di premierato che “non ha uguali in nessun altro Paese del mondo”. Duro anche il commento di +Europa che, con Benedetto Della Vedova, considera il ddl “un pericoloso accrocchio populista, promosso da una leader populista” per “depotenziare il Parlamento”.
E con il presidente Roberto Maggi che definisce quella di oggi “una brutta giornata per la democrazia” invitando il Paese “ad una grande mobilitazione”. L’ex presidente della Camera Roberto Fico (M5S) poi non ha dubbi: “Il premierato meloniano è una riforma pasticciata e approssimativa. Una scelta che non favorirà la governabilità” e “accentuerà gli squilibri del sistema”. La verità, rincara la dose il leader di Alleanza Verde, Angelo Bonelli, è che Meloni “sogna di diventare Imperatrice d’Italia” La destra, osserva, “ha una maggioranza schiacciante, ma vuole una svolta autoritaria anche per nascondere l’incapacità di governare un Paese che vive una grave crisi economica e sociale”. Il presidente dell’Anci, Antonio De Caro, lancia, infine, una provocazione: “Se non c’è limite di mandati per il premier eletto dal popolo allora si tolga anche per i sindaci”. “Si confronti piuttosto sulla Manovra” taglia corto il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia.