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Corona Virus

Verso un possibile mix vaccini ma nodo non è sciolto

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L’ipotesi di un ‘mix’ di vaccini anti-Covid, utilizzando due immunizzanti diversi per la prima e la seconda dose, diventa piu’ concreta e consentirebbe una maggiore flessibilita’ della campagna vaccinale proprio nella fase in cui si punta ad allargare le vaccinazioni all’intera popolazione. Apre a tale opzione il Commissario per l’Emergenza Francesco Paolo Figliuolo, ma il nodo non e’ ancora sciolto poiche’, pur trattandosi di un’opzione “interessante” anche secondo l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), i dati scientifici sulle ‘combinazioni vaccinali’ sono ad oggi limitati e non definitivi ed i pochi studi effettuati non sono stati ancora pubblicati. “Ci sono studi avanzati sulla seconda dose eterologa, ovvero fare la prima dose con Astrazeneca e la seconda con Pfizer o Moderna, e sembra che diano un’ottima risposta”, ha rilevato Figliuolo. Secondo lo studio spagnolo Combivacs, non ancora pubblicato, infatti, il programma vaccinale eterologo – ovvero con due vaccini diversi – e’ sicuro ed efficace. Combivacs ha arruolato 670 partecipanti tra 18 e 59 anni che hanno gia’ ricevuto una dose di AstraZeneca: quelli che hanno ricevuto una seconda dose col vaccino Pfizer, 450 soggetti, hanno mostrato un aumento di 150 volte dei titoli anticorpali, che e’ rimasto evidente 7 giorni dopo la somministrazione. Gli stessi autori precisano pero’ che sono necessari piu’ dati da studi piu’ ampi per confermare le risposte immunitarie. Un altro studio i cui dati preliminari sono stati appena pubblicati su Lancet – la ricerca inglese denominata Com-COV su 830 soggetti over-50 – ha invece evidenziato che il mix con una prima dose di AstraZeneca e la seconda con Pfizer determina un aumento delle reazioni avverse lievi come febbre, fatigue, mal di testa e dolori, con “alcuni svantaggi nel breve termine” mitigabili con l’uso di paracetamolo. Tali effetti collaterali sono stati segnalati nel 34% del campione, contro l’1,7% rilevato nello studio spagnolo. Tuttavia, rileva al contempo Lancet, “e’ rassicurante che tali sintomi siano stati di breve durata e che non ci fossero preoccupazioni dai limitati dati ematologici e biochimici disponibili”, relativi a trombosi rare. Non sono invece disponibili i dati sull’immunogenicita’ e la riposta anticorpale, attesi entro giugno. Anche in Italia, all’Istituto Spallanzani di Roma, e’ partita lo scorso aprile una sperimentazione sulla seconda dose, dopo la prima con AstraZeneca, utilizzando altri vaccini tra cui lo Sputnik. La questione, dal punto di vista scientifico, e’ insomma ancora aperta come rileva la presidente della Commissione tecnico scientifica dell’Aifa Patrizia Popoli. Il mix di vaccini, afferma, e’ “un’opzione interessante perche’ supporterebbe la flessibilita’ della campagna vaccinale e consentirebbe di proseguire comunque con la vaccinazione completa in soggetti che avessero gia’ ricevuto la prima dose di AstraZeneca ma nei quali potrebbe essere piu’ opportuno utilizzare un altro vaccino. Se pero’, ad oggi, c’e’ l’ipotesi di un effetto incoraggiante, ancora non ci sono dati scientifici definitivi”. I dati inglesi sulla maggiore insorgenza di effetti collaterali lievi con l’utilizzo del mix di vaccini, ad esempio, “potrebbero essere associati a una maggiore risposta immunitaria, ma questo – precisa Popoli – e’ tutto da dimostrare”. In attesa di altri dati, anche il virologo Fabrizio Pregliasco valuta con interesse l’ipotesi del mix. In precedenza, fa notare, “il mix ha funzionato per vaccini di altro tipo, ad esempio contro l’epatite. Nel caso di Covid-19, due vaccini diversi stimolerebbero siti differenti della proteina Spike del virus e cio’ dovrebbe determinare maggiore protezione”. Intanto, alcuni Paesi hanno gia’ deciso di adottare la soluzione del mix vaccinale: dopo la Finlandia, oggi anche il Canada ha stabilito che chi ha ricevuto AstraZeneca, per la seconda dose puo’ utilizzare Pfizer o Moderna. Allo stesso modo, le immunizzazioni con Pfizer e Moderna (vaccini a mRna) possono venire alternate tra prima e seconda dose. Le autorita’ canadesi fanno tuttavia presente che sarebbe ‘ottimale’ usare lo stesso vaccino per entrambe le dosi.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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