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Verso pillola contraccettiva gratis solo sotto i 26 anni

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L’Italia verso l’ok definitivo alla pillola contraccettiva gratuita. La misura va a coinvolgere solo le donne al di sotto dei 26 anni di età e i medicinali dovrebbero essere dispensati nei consultori o comunque in strutture pubbliche come gli ospedali. Il via libera martedì scorso da parte del Cda dell’Aifa. Ora si attende la ratifica finale con una delibera dello stesso Cda dell’Agenzia italiana del farmaco ma la decisione ha già avuto parere positivo da parte della conferenza delle Regioni. Sarà la Commissione tecnico scientifica (Cts) dell’Aifa a dover esprimere la sua valutazione sulla rimborsabilità. Un provvedimento atteso ma i paletti sull’età e sui consultori (escludendo le farmacie) già fanno scattare le polemiche. “È un boicottaggio per le ragazze del Sud ma anche per le giovanissime stesse, senza contare che le madri e le donne più grandi e più fragili vengono escluse dall’accesso alla maternità consapevole”, dicono le senatrici Cecilia D’Elia, portavoce del Coordinamento nazionale delle donne Pd e Beatrice Lorenzin, vicepresidente del gruppo dem che aggiungono: “Distribuire la pillola anticoncezionale a tutte le donne, come aveva proposto la Commissione tecnico-scientifica di Aifa aveva un costo stimato di 140 milioni di euro contro i 4 milioni della proposta rivista dal Cda Aifa.

È chiaro che in mezzo c’è un intervento del governo – affermano D’Elia e Lorenzin – e che non si tratta solo di risparmiare risorse, ma di un’impostazione culturale sbagliata e punitiva nei confronti delle donne”. Il 21 aprile scorso la Commissione tecnico scientifica (Cts) e il Comitato prezzi e rimborsi (Cpr) dell’ente regolatorio avevano reso il loro parere positivo ma senza limiti di età. Poi il 24 maggio la decisione venne sospesa e rinviata per motivi economici di sostenibilità della spesa. È dal 1993 che la pillola contraccetiva è nella classe dei farmaci non rimborsabili; successivamente, nel 2015, sulla base dei risultati di studi scientifici relativi alla sicurezza dei contraccettivi ormonali, che segnalavano possibili rischi di trombo-embolismo venoso, la commissione Tecnico-scientifica dell’Aifa stabilì di spostare tutti i contraccettivi ormonali per uso sistemico dalla fascia A (rimborsabili) alla fascia C (non rimborsabili).

Nel frattempo, grazie al titolo V della Costituzione, che permette l’autonomia nella gestione della sanità, alcune Regioni avevano cominciato a muoversi in modo autonomo in merito alla rimborsabilità della pillola contraccettiva. Fra le prime, nel 2017, sono state Emilia Romagna e Puglia, seguite da Piemonte, Toscana, Lombardia, Marche e Lazio. Ora, in quest’ultima decisione, D’Elia e Lorenzin vedono “un intento chiaro di vanificare” i percorsi regionali già attivi “e che solo con l’aiuto dello Stato potrebbero essere ampliati a tutte le donne”. E anche se “è una stretta politica rispetto al progetto iniziale, perchè dal punto di vista economico era sostenibile”, dice dal canto suo la presidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Luana Zanella, si tratta intanto di un “primo passo. Adesso aspettiamo l’ufficialità al più presto”.

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Esteri

Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: 14 morti e oltre 700 feriti

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Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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