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Vendetta di Kiev per Uman, raid e fiamme a Sebastopoli

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La Crimea brucia come “punizione di Dio dopo la strage di Uman”. E’ così che Kiev esulta per il vasto incendio che nella notte ha avvolto un deposito di carburante a Sebastopoli, riportando la guerra ancora una volta nella penisola occupata. Le fiamme, che secondo gli ucraini hanno interessato dieci depositi di prodotti petroliferi destinati alla flotta russa del Mar Nero, sono state domate solo nel pomeriggio, dopo aver provocato un’altissima colonna di fumo nero che per ore ha oscurato il cielo sulla città. Il governatore filorusso della regione, Mikhail Razvozhayev, ha attributo le esplosioni a un drone ucraino. Kiev non ha rivendicato esplicitamente le esplosioni e ha parlato di castigo divino per l’attacco che ieri ha ucciso 23 persone, di cui sei bambini, sventrando un palazzo residenziale nel centro del Paese. Tuttavia, l’intelligence militare ucraina ha minacciato che questa punizione di Dio “sarà di lunga durata”, e ha invitato tutti i residenti della penisola a non trovarsi vicino alle strutture militari della Crimea nel prossimo futuro.

Il presidente Zelensky ha infatti ribadito che la tanto attesa controffensiva ucraina prevede la completa liberazione della penisola. E prenderà il via con o senza i desiderati F-16, ha assicurato il leader ucraino senza sbottonarsi su possibili date. A farlo ci ha pensato invece il capo del mercenari Wagner, Yevgeny Prigozhin, che pronostica il 15 maggio come possibile data ultima di inizio delle operazioni ucraine. “Forse ci daranno un po’ di riposo il 9 maggio, ma l’offensiva inizierà al 100% prima del 15”, ha dichiarato, sollevando intanto l’ennesima polemica con il ministero della Difesa russo per il mancato arrivo delle munizioni, evocando addirittura – secondo i media – la possibile dissoluzione della milizia e il ritiro da Bakhmut, dove i suoi mercenari sono stati la chiave per mantenere per mesi sotto assedio la città. La senatrice filorussa della Crimea Olga Kovitidi ha chiesto a Mosca una “risposta dura” all’incendio di Sebastopoli con la distruzione dei depositi di petrolio di Odessa. Ma intanto è l’Ucraina a esultare all’indomani dell’ondata di attacchi missilistici russi sulle città ucraine che ha ucciso almeno 25 civili. Missili che secondo il ministero della Difesa britannico, sono stati un tentativo dei russi di intercettare unità di riserva e forniture militari ucraine, un cambio di tattica dopo i raid contro le infrastrutture energetiche durante l’inverno. Secondo gli invasori, Kiev è poi tornata a sconfinare in Russia, dove cinque villaggi della regione di confine di Belgorod sono rimasti senza energia elettrica a causa dei bombardamenti ucraini, secondo il governatore Vyacheslav Gladkov.

E’ quindi il terreno, il luogo dove si continuano a decidere le sorti della guerra, mentre la diplomazia fatica a trovare uno spiraglio di dialogo e le tensioni internazionali aumentano. La Polonia ha riferito di aver posto sotto sequestro un edificio che ospita un liceo russo vicino all’ambasciata di Mosca a Varsavia, dove studiano i figli di diplomatici e militari russi. Una mossa bollata come un atto “illegale” e “una provocazione” da Mosca, che ha promesso di reagire sulla base del “principio di reciprocità”. Ma le tensioni si consumano anche tra gli stessi alleati occidentali, con il blocco alle importazioni del grano che continua a provocare lo scontro tra Kiev e i Paesi di confine. Il ministero degli Esteri ucraino ha presentato all’ambasciata polacca e alla delegazione dell’Ue nel Paese note sulla “inaccettabile” situazione delle restrizioni alle importazioni dei prodotti agricoli, sottolineando che “esistono tutte le basi giuridiche per la ripresa immediata delle esportazioni verso Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria” ed esortando i partner “a trovare una soluzione equilibrata” allo stallo. In risposta, Bruxelles ha affermato che “il pacchetto concordato dalla Commissione con Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia garantisce che continueremo a sostenere l’Ucraina”.

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‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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