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Politica

Veleni sparsi sulla crisi, e su governo duraturo con il M5S il Pd si affida al Colle

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I veleni si aggiungono ai tatticismi. E la crisi di governo si arricchisce di nuove incognite. Nel gioco di ‘chi si allea con chi’, ora ci sono non solo le trattative in corso tra il Movimento 5 stelle e il Pd ma anche le voci di un tentativo di riconciliazione tra M5s e Lega che potrebbe concretizzarsi, almeno secondo l’ultima versione, con l’offerta a Luigi Di Maio della poltrona di palazzo Chigi da parte di Matteo Salvini. Appunto voci, propalazioni più che indiscrezioni giornalistiche interessate che servono a gettare fango su possibili nuove intese in Parlamento ora che Salvini si è messo da solo fuori dai giochi. La voce stata fatta circolare ad arte e con insistenza e rilanciata, stranamente, da alcuni settori del Pd. A smontare questo ipotetico ritorno di fiamma e’ proprio il leader dei 5 Stelle: “Sono fake news”, scrive Di Maio. E per uscire dal ginepraio e dalle notizie incontrollate che agitano pericolosamente la settimana ferragostana, Nicola Zingaretti spariglia ulteriormente le carte dicendo no a “governicchi e di corto respiro” e affidandosi solo ed esclusivamente al Quirinale per avere il via libera per un eventuale governo di legislatura. “Solo nello sviluppo dell’eventuale crisi di governo sotto la guida autorevole del presidente Mattarella si potranno verificare, se esistono, le condizioni numeriche e politiche di un governo diverso”, scandisce il segretario del Nazareno sui social. Una premessa che poi riassume in questi termini: “Prepariamoci al voto senza paura, se Salvini e Di Maio ci portano alle urne”. “Se ci sono condizioni per un’altra maggioranza, le verificheremo insieme a Mattarella nelle consultazioni, ma devono essere condizioni vere e serie di alto profilo”. Intanto, da piu’ fronti arrivano conferme ufficiose che i negoziati per un matrimonio giallo-rosso siano aperti. E che siano agli sgoccioli, secondo i piu’ ottimisti. In piu’, come annuncia Graziano Delrio a Radio Capital, l’intesa avrebbe una forma ispirata al contratto di coalizione in vigore in Germania. “Cio’ che serve e’ un accordo alla tedesca, come Cdu e Spd, una cosa scritta – spiega il capogruppo Dem alla Camera – Ci si mette a sedere, si tratta, si analizza ogni punto per il bene del Paese, convocando le menti migliori, per dare un’impronta diversa”. Insomma, un nuovo contratto che probabilmente sta sul tavolo parallelamente alla pace con i leghisti, e usato come spauracchio di volta in volta dal Pd o dal partito di via Bellerio. “Il capitano si e’ impaurito di brutto. E dunque offre tutto a Di Maio”, e’ l’analisi di Matteo Renzi che poi getta la palla nel campo stellato: “Puo’ davvero accadere di tutto”. La prende con ironia Giorgio Mule’ di Forza Italia che immagina le nozze Pd-M5s al grido di “due cuori e una poltrona”, ma in realta’ “un inganno, di cui pagheranno le conseguenze gli italiani”. Dalle spiagge di Palinuro dove e’ in vacanza un paio di giorni, Di Maio nega di aver ricevuto l’offerta di Palazzo Chigi e, insiste, nel dire: “non ci interessano le poltrone”. Quindi, traccia il suo orizzonte: “A noi interessa una sola cosa, che il 22 agosto si voti il taglio dei parlamentari”. Passa un’oretta e l’altro vicepremier (dalla campagna, forse toscana, dove si trova per “qualche ora di riposo”, fa sapere via Instagram) riapre il fronte proprio sulla riforma costituzionale arrivata all’ultimo miglio: “A differenza del Pd, la Lega ha gia’ votato e votera’ ancora per il taglio dei parlamentari”, ricorda. E aggiunge, accodandosi al mantra 5S dei risparmi garantiti dal restyling del Parlamento (500 milioni di euro), evidenziando che “ancora meglio, e’ il risparmio di 2 miliardi di euro grazie alla politica seria e coraggiosa dei porti chiusi”. Intanto, il 20 agosto Conte parlera’ al Senato. Chi lo sfiducera’? Si chiede il Movimento. “Aspettiamo le forze politiche il 20 agosto in Aula. Chi sfiducera’ Conte lo fara’ per evitare che si voti il taglio dei parlamentari. Questa e’ la realta’”, liquida la questione Di Maio. Per farlo, la Lega dovrebbe presentare una risoluzione ad hoc subito dopo l’intervento del presidente del Consiglio a Palazzo Madama. A meno che l’avvocato del popolo non si dimetta esplicitamente o annunciando di essere intenzionato a salire al Colle per rassegnare il suo mandato.

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Politica

Napoli laboratorio politico: consiglieri e assessori pronti a candidarsi alle regionali, Manfredi prepara il rimpasto

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Alle elezioni regionali d’autunno la città di Napoli potrebbe trasformarsi in un vero e proprio laboratorio politico. Almeno dieci consiglieri comunali e tre assessori dell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Gaetano Manfredisono pronti a scendere in campo, con lo stesso Manfredi che guarda già al rimpasto di Giunta dopo il voto. Si preannuncia dunque una rivoluzione politica tra gli scranni di Palazzo San Giacomo e nei futuri equilibri regionali.

Il fronte progressista: la coalizione plurale e l’ipotesi Fico

Nel campo del centrosinistra, il candidato alla presidenza della Regione Campania potrebbe essere Roberto Fico, ex Presidente della Camera. Una candidatura che ha il sostegno del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico e di Manfredi stesso, garante di una coalizione plurale. Il nome di Fico rassicura sia per il suo profilo istituzionale, sia per la capacità di dialogo trasversale: d’altronde fu incaricato dal presidente Sergio Mattarella di tentare due esplorazioni di governo.

Manfredi accompagnerà la candidatura con un’agenda politica centrata su Napoli e la sua area metropolitana, che rappresentano il 60% del peso elettorale regionale. Ogni partito presenterà la sua lista, e in caso di vittoria del centrosinistra, il risultato determinerà anche la spartizione degli incarichi.

I nomi nella lista del presidente e i candidati dei partiti

Nella lista del Presidente, che sarà il contenitore civico a sostegno della coalizione, correranno diversi volti noti dell’amministrazione Manfredi. Tra i sicuri candidati ci sono:

  • Nino Simeone, presidente della commissione Infrastrutture;

  • Walter Savarese d’Atri, in ticket con Angela Cammarota;

  • Fulvio Fucito, in uscita dalla lista Manfredi sindaco;

  • Roberto Minopoli, in quota centrista.

Tra gli assessori, Edoardo Cosenza (Infrastrutture) potrebbe sostenere Simeone, mentre la candidatura della vicesindaca Laura Lieto appare poco probabile, vista la sua centralità nei progetti urbanistici.

Il M5S dovrebbe candidare Luca Trapanese (Politiche sociali), Emanuela Ferrante (Sport), e i consiglieri Salvatore Flocco e Claudio Cecere. Ci pensa anche Enza Amato, presidente del Consiglio comunale.

Nel Pd spinge Salvatore Madonna, vicino a Mario Casillo, mentre Avs schiererà Rosario Andreozzi e Luigi Carbone, affiancato da Roberta Gaeta. In campo anche Pasquale Sannino per il Psi e un possibile ticket moderato tra Annamaria Maisto e Armando Cesaro.

Il centrodestra tra incertezze e scommesse

Sul fronte opposto, Forza Italia dovrebbe puntare su Salvatore Guangi, con forti pressioni su Catello Maresca, ex magistrato e nome spendibile anche per ruoli di vertice, sponsorizzato dal deputato Cosimo Silvestro. La Lega schiererà Domenico Brescia e Bianca D’Angelo, moglie dell’ex parlamentare Enzo Rivellini. Ancora nessun nome certo per il candidato presidente.

L’effervescenza politica napoletana, trasversale agli schieramenti, preannuncia una campagna elettorale caldissima e piena di incroci tra Palazzo San Giacomo e la futura sede del Consiglio regionale.

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Politica

Gianni Petrucci: “Non mi candido, ma il Coni ha bisogno di cambiare rotta”

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L’ex presidente del Coni rompe gli indugi in un’intervista al Corriere della Sera: “Serve più dialogo con la politica e meno autoreferenzialità. E vi dico chi dovrebbe entrare in Giunta”

A un mese esatto dalla chiusura delle candidature per la successione a Giovanni Malagò alla presidenza del Coni, Gianni Petrucci, storico numero uno dello sport italiano per 14 anni e attuale presidente della Federbasket, rompe il silenzio e interviene nel dibattito con la sua consueta schiettezza.

“Non mi candido, ma voglio dire la mia”

«Non mi interessa la presidenza, né un ruolo di vice, né la Giunta. Ho già dato. Sono uno spirito libero e posso permettermi di dire quello che penso e che provo», chiarisce subito Petrucci. Una risposta definitiva? «Sì, soprattutto se le cose vanno avanti come stanno andando: male».

“Rapporto col governo da ricostruire”

Petrucci denuncia una classe dirigente sportiva troppo autoreferenziale e in contrasto permanente con la politica: «Il Coni non è più quello di una volta. Ora la cassa la tiene lo Stato, e con lo Stato bisogna dialogare. Soprattutto le piccole e medie federazioni, che vivono di contributi pubblici».

Contesta anche i trionfalismi: «Non sono i dirigenti a vincere medaglie, ma atleti, tecnici, società e lo Stato che li finanzia. Dobbiamo essere meno presuntuosi e capire che la nostra autonomia è di secondo grado».

“Il prossimo presidente? Serve discontinuità”

Chi si candiderà dovrà “ripassare Einstein”, dice ironico: «Bisogna cambiare quando necessario. Basta guerre con la politica. Serve autorevolezza e pesi massimi in Giunta».

E qui Petrucci fa nomi e cognomi: «Gravina o Marotta vicepresidente, e in Giunta Binaghi e Barelli, dirigenti di federazioni che funzionano. Come puoi pensare a un Coni forte senza di loro?».

“Buonfiglio? Ha coraggio, ma serve un altro profilo”

Senza citarlo apertamente, Petrucci mette in discussione la candidatura di Luciano Buonfiglio, presidente della Canoa e sponsorizzato da Malagò: «Conosco il curriculum degli ex presidenti del Coni in rapporto al suo. Se ha i voti, buon per lui. Ma il concetto che il presidente debba essere “uno dei nostri” è provinciale. Dobbiamo aprirci».

“Abodi? Servono impianti. E un piano quadriennale”

Al ministro dello Sport Petrucci chiede «un programma chiaro e aiuti per gli impianti, che sono in condizioni disastrose». E su Diana Bianchedi taglia corto: «Mi sembra già dimenticata». Su Luca Pancalli: «Ci sono rimasto male quando non ci ha dato i paralimpici, ma vedremo il programma».

“Malagò promosso sul piano umano, ma…”

Il giudizio su Malagò è diplomatico: «Promosso per il rapporto umano e per la sua conoscenza dello sport, ma sul piano politico mi astengo». E chiude con una battuta sul padre del presidente uscente: «Un grandissimo dirigente sportivo. Da lui ho comprato un’auto nuova, non usata».

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Cronache

Molestie al Concertone del Primo Maggio, Piantedosi: “Espelleremo i tre studenti tunisini”

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Il Concertone del Primo Maggio a San Giovanni è stato macchiato da un grave episodio di violenza sessuale. Tre studenti tunisini — due di 25 anni iscritti al Dams, e uno di 22 che studia Ingegneria a Roma Tre — sono stati arrestati con l’accusa di molestie sessuali di gruppo nei confronti di una ragazza italiana di 25 anni originaria di Caserta. Il fatto ha provocato una bufera politica e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato l’avvio della procedura di espulsione: «Per i tre cittadini stranieri è stato chiesto il nulla osta al magistrato per procedere all’espulsione», ha dichiarato.

Convalidato l’arresto, ma solo obbligo di firma

I tre sono stati giudicati per direttissima presso il tribunale di Piazzale Clodio. Nonostante la richiesta di custodia cautelare della Procura, il giudice ha convalidato l’arresto ma ha disposto l’obbligo di firma in attesa del processo. Una decisione che ha innescato una vasta ondata di reazioni politiche e sociali, con prese di posizione molto dure da parte di esponenti della maggioranza e dell’opposizione.

La politica si divide: accuse incrociate tra destra e sinistra

La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella (FdI) ha accusato il centrosinistra di non aver preso posizione: «Dispiace che non ci sia stata una condanna corale». Il senatore Maurizio Gasparri (FI) ha parlato di «sinistra ipocrita», mentre Filippo Sensi (Pd) ha replicato in modo durissimo su X: «Perché i 3 molestatori siano liberi stento a capirlo. Le polemiche della destra mi fanno schifo».

“Serve un segnale chiaro”: l’intervento dei sindacati

I sindacati Cgil, Cisl e Uil, organizzatori dell’evento, hanno definito l’episodio «grave e intollerabile», soprattutto perché avvenuto durante una manifestazione per i diritti e le libertà. Dura anche la reazione della capogruppo di Italia Viva al Senato, Raffaella Paita, che ha ricordato come il caso richiami per dinamiche il famigerato “taharrush gamea” verificatosi a Milano a Capodanno.

Salvini e la Lega: espulsione immediata e nuova legge

Il vicepremier Matteo Salvini ha invocato l’immediata espulsione dei tre stranieri, mentre Laura Ravetto (Lega) ha rilanciato la proposta di legge per inasprire le pene in caso di violenza di gruppo, definendola una pratica legata a «subculture incompatibili con i valori occidentali». Il capogruppo leghista al Campidoglio Fabrizio Santori ha chiesto al sindaco di Roma Roberto Gualtieri di spostare il Concertone da Piazza San Giovanni, definendolo «dannoso per un luogo di alto valore storico e religioso».

La testimonianza della vittima: tra urla e solidarietà

Infine, è stato smentito il racconto secondo cui la folla sarebbe rimasta indifferente. Secondo la testimonianza della stessa vittima, molte persone hanno collaborato con le forze dell’ordine per rintracciare i tre sospettati e l’hanno confortatadopo l’aggressione. La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha parlato di un’«indifferenza agghiacciante», ma il racconto della ragazza offre uno scenario più sfumato, sebbene l’episodio resti gravissimo e abbia lasciato un segno profondo sull’opinione pubblica.

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