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Veleni in assemblea M5S ma parte road map Congresso

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Piccoli passi avanti nella guerra permanente interna al M5S. L’assemblea dei gruppi parlamentari del Movimento non tradisce le attese e si rivela come un complicato intreccio di veti, veleni, accuse piu’ o meno velate. Ma, dopo giorni di silenzio, il capo politico Vito Crimi tenta di imprimere un’accelerazione alla road map che portera’ il Movimento alla sua rifondazione presentandosi di persona alla riunione e mettendo sul tavolo tre scenari: un capo politico unico da votare subito in rete, una leadership collegiale sempre votabile al piu’ presto su Rousseau e un percorso che portera’ a un Congresso vero e proprio. Di fronte, Crimi si trova una platea che chiede da tempo la terza ipotesi ma la sua attuabilita’ non e’ cosi’ facile. I tempi sono stretti e, come spiega lo stesso Crimi, “il livello piu’ urgente e’ quello della governance”. L’impressione e’ che, nella galassia M5S, la confusione resti. La congiunta e’ preceduta da una serie di incontri, informali, dei diversi gruppuscoli in cui e’ diviso il Movimento post-Regionali. C’e’ chi ha pronto un documento per chiedere un rinnovamento radicale delle strutture sul territorio. Chi, come i parlamentari della mozione Parole Guerriere, anche in assemblea si scaglia contro “i caminetti segreti” in cui – questa l’accusa – si nascondono spesso i quesiti posti sulla piattaforma Rousseau. Chi, ancora, e’ pronto a puntare il dito direttamente contro Davide Casaleggio, finito ormai nel mirino di buona parte dei parlamentari dopo la mail anti-morosi. Ad agitare il clima c’e’ poi l’apertura del procedimento disciplinare nei confronti degli eletti che hanno fatto campagna per il No al referendum. Un gruppo di dissidenti che, da Andrea Colletti a Elisa Siragusa, non ha alcuna intenzione di abbassare la guardia. Ma e’ Crimi a portare le principali novita’ ai parlamentari del Movimento. Ai quali propone tre scenari, ben consapevole che e’ il terzo, ovvero il percorso congressuale, ad essere il preferito di gran parte dei parlamentari. Crimi non vuole passare come “l’uomo solo al comando” ma come un mediatore e, in fondo, le sue proposte mediano anche tra i due centri di potere del M5S: la Roma dei gruppi parlamentari e la Milano della Casaleggio Associati. “Chiedevate un percorso dal basso ed e’ quello che sta avvenendo. Non state vedendo un post direttamente sul blog con una decisione”, spiega il capo politico all’assemblea. Ponendo tuttavia un punto non da tutti condiviso: il tema piu’ urgente e’ la governance, poi, in passaggi successivi verranno affrontati i mille rivoli del caos del Movimento. L’assemblea rumoreggia. I primi interventi sono tutti per la terza strada indicata da Crimi, quella degli Stati Generali. Strada che, nella strategia dei vertici, dovrebbe partire entro il 15 ottobre e prevedere due livelli: assemblee territoriali che propongano l’agenda dei temi e l’istituzione una commissione di circa 10 persone, composta da parlamentari, eurodeputati ed eletti locali che formuli i documenti su cui avviare la consultazione in Rete. Perche’ e’ online, ovvero su Rousseau, che alla fine gli iscritti voteranno il nuovo modello di leadership. La riunione dei gruppi – tra i ministri presenti Fabiana Dadone e Federico D’Inca’ – invece, non prevede votazioni ma i parlamentari, sulle tre ipotesi messe in campo da Crimi, saranno consultati via mail. Lunedi’ il capo politico vedra’ prima i rappresentanti regionali del M5S e poi la squadra di governo. La road map, insomma, e’ iniziata. Ma le acque restano agitate. E resta il rebus di un Alessandro Di Battista ma i cosi’ lontano dai vertici del M5S. Movimento che, al di la’ dell’esigenza di riorganizzazione, continua a registrare un tutti contro tutti. “Il Paese chiede altro. La stessa veemenza con cui dibattiamo tra di noi usiamola per parlare di come dovremmo spendere i 209 miliardi del Recovery fund”, e’ la bacchettata di Crimi. Difficile che verra’ ascoltato. Le punzecchiature, anche nel giorno dell’assemblea, non mancano. Come quella del presidente della Camera Roberto Fico, che in mattinata dice basta “alle battaglie intestine” ma sottoliena come alcuni “problemi del M5S derivino da un verticismo troppo spinto”.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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