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Cronache

Universiadi, da atleti ok alle navi come villaggio olimpico e di Napoli dicono: città fantastica

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“Le navi da crociera? Il villaggio atleti piu’ incredibile che abbia mai visto, possiamo concentrarci e allenarci ma anche divertirci tutti insieme”. Greg Duncan viene da Washington, e’ nella squadra Usa di tuffi, sembra sapere come si concilia lo sport agonistico con il divertimento e promuove Napoli, trasformata da lui e altri settemila atleti in una multicolore festa per le Universiadi. Li vedi andare in giro per il centro, confondersi tra i gruppi di turisti in shorts, li riconosci dal fisico da atleti che li differenzia dai tedeschi, un po’ sovrappeso. “Sono stato al Maschio Angioino ieri – racconta Duncan, mentre assaggia la pasta e lenticchie nell’area atleti vicino alla piscina della Mostra d’Oltremare – un posto splendido con una vista mozzafiato. Domani me ne andro’ a scoprire i vicoli del centro storico”. Dalle navi in pochi minuti a piedi si raggiungono i decumani, il cuore di Napoli.

“Ci andiamo stasera – raccontano due universitarie della squadra croata di judo – venerdi’ abbiamo la gara, ma stasera ci hanno dato l’ok per mangiare pizza e gelato, non vediamo l’ora. E poi sappiamo che in centro e’ pieno di giovani la sera”. Il sorriso si allarga anche quando si parla dell’organizzazione dei Giochi: “Siamo qui da due giorni – spiega un judoka croato che studia turismo – e abbiamo avuto un’assistenza perfetta. Dopo le gare rimarremo alcuni giorni a Napoli e ce ne andremo a Pompei ma vogliamo anche andare sulla sommita’ del Vesuvio e a Capri”. “Ho parlato con molti atleti da tutto il mondo – conferma Andrea Cosoli, romano,tuffatore della squadra azzurra – hanno trovato il villaggio sulle navi molto inusuale ma divertente. Ci sono tante attivita’, ieri sera abbiamo visto tutti un balletto molto bello e il cibo a bordo e’ spettacolare. Conosco bene Napoli e sta affascinando tutti”. Ma Napoli e’ anche un punto di partenza per esplorare l’Italia: “Quando finisco le gare – dice Adan Zuniga, un tuffatore messicano – andro’ a Roma. Ho sempre voluto vedere il Colosseo e il Vaticano. Ci vado con la squadra, siamo in dieci. In questi giorni ci stiamo godendo il centro di Napoli, e’ fantastico”

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Cronache

Trieste, la tragedia annunciata: Olena uccide il figlio Giovanni dopo anni di segnalazioni e minacce

Olena Stasiuk, 55 anni, ha ucciso il figlio Giovanni dopo anni di segnalazioni, minacce e tensioni con l’ex marito. Il padre: “Perché le hanno permesso di vederlo da sola?”. Aperta un’indagine sulle decisioni dei giudici e dei servizi sociali.

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O Giovanni rimane con me, oppure sono disposta a uccidere il bimbo, a uccidere me buttandomi in mare, e a uccidere anche Paolo.”
Era l’11 luglio 2018 quando Olena Stasiuk, 55 anni, pronunciò questa frase davanti ai servizi sociali, durante una delle tante riunioni sulla custodia del figlio. Quelle parole, verbalizzate e depositate, erano state una minaccia chiara e terribile.
Sette anni dopo, quella minaccia è diventata realtà. Olena ha tagliato la gola al piccolo Giovanni, suo figlio, forse con più di un colpo.


Il padre: “Perché l’hanno lasciata da sola con lui?”

Il padre del bambino, Paolo, è distrutto.
Dietro il cancello di casa, circondato da giornalisti e poliziotti, non riesce a darsi pace:

Perché le è stato consentito di vederlo da sola?

Il tribunale aveva infatti autorizzato da maggio una visita settimanale senza la presenza di un assistente sociale, nonostante il padre, da anni, avesse denunciato la fragilità psichica della donna e i precedenti episodi di violenza.
In almeno due occasioni Giovanni era stato malmenato, una volta strozzato al collo, con lividi certificati dai medici.


Otto anni di guerra giudiziaria e segnalazioni ignorate

Una guerra familiare lunga otto anni, tra querele, ricorsi e segnalazioni ai servizi sociali.
Nel 2017 Olena aveva avuto una crisi nervosa acuta ed era stata curata con un farmaco somministrabile solo al Centro di salute mentale, ma poi aveva interrotto le cure.
Dal 2023 non era più seguita dagli specialisti.

Nonostante tutto, lo scorso aprile la psicologa Erika Jakovcic aveva proposto di intensificare i contatti tra madre e figlio.
Il 13 maggio 2025, il tribunale civile di Trieste concesse una visita settimanale non assistita, ritenendo che la donna avesse “mostrato miglioramenti”.

“Forse nell’ottica della genitorialità si è voluto dare fiducia a una madre”, spiega l’avvocata del padre, Gigliola Bridda, “ma quei segnali erano stati sottovalutati. Avevamo chiesto una perizia psichiatrica, ma non è mai stata fatta”.


La perizia psichiatrica ora verrà disposta

Olena è ora ricoverata all’ospedale Maggiore di Trieste.
Non è ancora stata interrogata, ma la sua difesa, affidata all’avvocata Chiara Valente, ha già annunciato la richiesta di una perizia psichiatrica.
Dal Centro di salute mentale Asugi, il direttore Massimo Semenzin ha confermato che la donna “manifestava disturbi d’ansia”, era stata seguita fino al 2023 e poi “fu concordata un’interruzione, perché non assumeva farmaci e sembrava stabile”.


Il vescovo: “Accettiamo il fallimento della nostra organizzazione”

Sulla tragedia è intervenuto anche il vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, che ha parlato di una sconfitta collettiva:

Dobbiamo impegnarci a fare in modo che non si ripetano più queste tragedie. Ma dobbiamo anche accettare la nostra sconfitta, il fallimento della pretesa organizzativa che vorrebbe eliminare il male e la morte innocente.

Un messaggio che oggi suona come un atto di dolore per un bambino che poteva e doveva essere salvato.

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Cronache

Omicidio di Maria Campai, condannato a 15 anni e 8 mesi il 19enne di Viadana: “Volevo scoprire cosa si prova a uccidere”

Condannato a 15 anni e 8 mesi il 19enne di Viadana che, da minorenne, uccise Maria Campai. Il delitto brutale era stato motivato dal desiderio di “sapere cosa si prova a uccidere”.

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È stato condannato con rito abbreviato a 15 anni e 8 mesi di reclusione il 19enne di Viadana, autore dell’omicidio di Maria Campai, la 42enne di origini romene residente a Parma, uccisa nel settembre 2024 con una violenza inaudita.
Il delitto avvenne quando l’imputato era ancora minorenne: i due si erano conosciuti su un sito di incontri online, e si erano incontrati in una villa disabitata nella zona dove il giovane viveva.

La sentenza è stata pronunciata dalla giudice Laura D’Urbino del tribunale dei minori di Brescia, che ha accolto solo in parte le richieste della procura.
Il pm Carlotta Bernardini aveva chiesto 20 anni, il massimo previsto per un minorenne, mentre la difesa – affidata agli avvocati Paolo Antonini e Valeria Bini – aveva chiesto di escludere la premeditazione.


“Volevo sapere cosa si prova a uccidere”

Una frase agghiacciante pronunciata dal giovane durante gli interrogatori ha segnato profondamente l’inchiesta:

Volevo scoprire cosa si prova a uccidere. L’ho fatto con una mossa di wrestling.”

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Maria Campai fu uccisa nel garage di casa del ragazzo, trasformato in una palestra di arti marziali, poco dopo un rapporto intimo.

L’autopsia ha rivelato che la donna fu colpita con estrema violenza — pugni al volto, alla testa e al corpo — e poi soffocata, mentre cercava disperatamente di difendersi.
Dopo il delitto, il giovane spostò il corpo nel giardino di una villa abbandonata, dove lo nascose sotto foglie e arbusti.


Una settimana di silenzio e la svolta

Per una settimana la famiglia di Maria, in particolare la sorella, l’aveva cercata ovunque, anche con un appello a Chi l’ha visto?.
È stata proprio la sorella a riconoscere il ragazzo come l’ultimo ad aver accompagnato la donna, conducendo gli investigatori sulla pista giusta.

Davanti ai carabinieri, il giovane ha infine confessato e indicato il luogo esatto dove aveva nascosto il corpo.

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Cronache

Fondi dei gruppi consiliari, assolti in appello sette ex consiglieri regionali della Campania: “Il fatto non sussiste”

La Corte d’Appello di Napoli ha assolto con formula piena sette ex consiglieri regionali della Campania accusati di peculato per i fondi dei gruppi consiliari. “Il fatto non sussiste”.

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La seconda sezione della Corte d’Appello di Napoli ha assolto con formula piena“il fatto non sussiste” — i sette ex consiglieri regionali della Campania accusati di essersi appropriati dei fondi dei gruppi consiliari.
Il verdetto ribalta completamente la sentenza di primo grado, che nel febbraio 2023 aveva portato a diverse condanne.

Tra gli assolti figura Angela Cortese, difesa dagli avvocati Annalisa Senese e Francesco Benetello, insieme a Enrico Fabozzi, Pasquale De Lucia, Rosaria Anita Sala e Nicola Marrazzo (Idv).
Erano invece già stati assolti in primo grado Corrado Gabriele e Carmine Mocerino.


Accuse di peculato e indagini sui rimborsi

Gli ex consiglieri rispondevano del reato di peculato, con l’accusa di aver percepito rimborsi non dovuti durante la legislatura 2010-2015.
La Procura di Napoli aveva esaminato nel dettaglio ricevute, scontrini e note spese dei gruppi consiliari, ipotizzando un uso improprio di parte dei fondi pubblici destinati all’attività istituzionale.

Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Annalisa Senese, Francesco Benetello, Stefano Montone e Francesco Toraldo, ha però dimostrato che le somme contestate erano state impiegate in modo legittimo e nel rispetto delle finalità di legge.


La decisione della Corte: proscioglimento pieno per tutti

Con la sentenza di secondo grado, la Corte d’Appello ha stabilito che non esistono elementi per configurare il reato di peculato, assolvendo tutti gli imputati.
Una decisione che mette fine a una vicenda giudiziaria lunga e complessa, durata oltre dieci anni e che aveva gettato ombre sulla gestione dei fondi dei gruppi politici nel Consiglio regionale della Campania.

Per i difensori, si tratta di una “sentenza che restituisce piena dignità ai consiglieri e riafferma la correttezza del loro operato”.

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