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Ue a Cop27, 1 miliardo di aiuti sul clima all’Africa

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La Commissione europea ha annunciato oggi alla Cop27 di Sharm el-Sheikh un programma di aiuti all’Africa sul clima da 1 miliardo di euro. Ma alla conferenza oggi il protagonista è stato il presidente eletto Lula: “Il Brasile è tornato”, ha annunciato, e ha promesso che nel suo governo l’ambiente e il clima avranno la massima rilevanza. Mentre i negoziati entrano nella fase finale, e un accordo è ancora lontano, a Sharm si commenta con soddisfazione il documento finale del G20 di Bali: smentendo i timori, impegna i grandi a rispettare gli impegni sul clima presi alla Cop26 di Glasgow. Un buon viatico per Sharm. Alla Conferenza in Egitto oggi è stato ricordato anche Giulio Regeni: il deputato di Avs Angelo Bonelli ha indossato la maglia gialla che chiede verità per il ricercatore ucciso. La polizia egiziana gli ha subito chiesto spiegazioni, ma non ha osato bloccarlo. L’annuncio del Fondo Ue da 1 miliardo per l’Africa è stato fatto in conferenza stampa dal vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans. Il Programma “Ue-Africa Global Gateway Investment Package”, in partnership con l’Unione africana, sarà finanziato dalla Ue e dai governi di Germania, Francia, Danimarca e Olanda. L’Italia non c’è, ma il programma è comunque aperto alla partecipazione di altri paesi. Lo scopo principale degli aiuti è l’adattamento al cambiamento climatico, cioè rendere il paese più resistente a caldo ed eventi meteo estremi. Ma di questo miliardo di aiuti, circa 60 milioni saranno destinati ai ristori per le perdite e i danni da riscaldamento globale (loss and damage). In pratica, non ad affrontare meglio i disastri, ma a ripararli quando sono avvenuti. I ristori per i loss and damage sono il tema più spinoso di questa conferenza. I paesi poveri o emergenti del G77, guidati dalla Cina, vogliono un fondo subito, pagato dai paesi ricchi. Usa e Unione europea temono richieste troppo esose, e preferiscono aggiornare gli strumenti di aiuto esistenti. Le posizioni al momento sono molto lontane. Si lavora per arrivare a un punto di caduta. Ma non è detto che venga raggiunto entro venerdì 18, giorno di chiusura della Conferenza. Il fondo per le perdite e i danni è stato chiesto a gran voce dal presidente eletto brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, arrivato alla Cop. “La lotta al cambiamento climatico avrà la massima rilevanza nel mio prossimo governo” ha detto, e ha aggiunto “il Brasile è tornato, dopo quattro anni di isolamento”. Il presidente eletto ha annunciato lotta dura alla deforestazione e alle miniere e coltivazioni illegali, un Ministero delle Popolazioni indigene, sviluppo delle rinnovabili e agricoltura sostenibile. E ha concluso presentando la candidatura del Brasile per ospitare in Amazzonia la Cop del 2025. Buone notizie per la conferenza sul clima sono arrivate dal G20 di Bali. I grandi (che rappresentano il 75% delle emissioni globali) si sono impegnati a rispettare gli obiettivi fissati alla Cop26 di Glasgow, in particolare mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. Non era una decisione scontata: al G20 dei ministri dell’Ambiente in agosto, Cina e India avevano detto di non ritenere più vincolanti quegli impegni, a fronte della crisi energetica. Positiva anche la decisione di Biden e Xi, durante il bilaterale, di riprendere i collogui sul clima fra i due paesi, interrotti dalla Cina dopo la visita di Nancy Pelosi a Taiwan.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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