Uno, due, tre colpi di pistola per regolare i conti con il suo superiore e gettare nella disperazione due famiglie: la sua e quella della vittima, il luogotenente Doriano Furceri, che non voleva rientrasse in servizio perché lo riteneva non ancora in grado di assolvere al delicato compito di brigadiere per i problemi psicologici che, fino a poco tempo fa, l’avevano tenuto lontano dal lavoro. Antonio Milia, le motivazioni dell’omicidio del suo comandante e del tentato omicidio di un militare del Gis che dopo 13 ore di drammatiche trattative hanno fatto irruzione nella caserma di Asso (Como) in cui si era asserragliato, ha provato a spiegarle al pm di Como Michele Pecoraro e a due pm della Procura militare di Verona nella caserma del comando provinciale della città lariana. Alla fine dell’interrogatorio il suo avvocato, Roberto Melchiorre, spiega che il suo assistito “è stato il più possibile collaborativo”. “Abbiamo la necessità di capire quello che è successo e non è solo un fatto di questa notte. C’è di più, molto di più. Deve essere approfondita nelle sedi opportune che non sono solo quelle giudiziarie, è una questione molto delicata”. Le indagini non stanno solo ricostruendo la dinamica dell’omicidio di Furceri, sostanzialmente quasi un’esecuzione al termine di accese discussioni nei giorni precedenti all’interno della caserma in cui vittima e omicida vivevano, ma anche la storia ‘clinica’ di Milia: la sua documentazione sanitaria e come sia stato reintegrato in servizio con la Beretta, che ha sempre tenuto in mano, mentre i negoziatori dell’Arma cercavano, e con successo, di evitare un dramma ancora maggiore. Per il brigadiere stesso, che continuava a mettere la canna dell’arma in bocca, minacciando di suicidarsi, e per le persone che si trovavano in caserma: i suoi colleghi e i loro famigliari. Ha però anche fatto fuoco contro un carabiniere del Gis colpendolo al ginocchio, in modo fortunatamente non grave. Sposato e con tre figli, Milia era stato ricoverato nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di San Fermo della Battaglia (Como) era affetto da problemi di disagio psicologico; dimesso era stato posto in convalescenza per diversi mesi. Era stato riammesso in servizio dopo l’esame di una Commissione Medico Ospedaliera, esterna all’Arma. Non sembra che nel tardo pomeriggio il luogotenente e il brigadiere avessero nuovamente litigato. Il piantone non ha sentito urla ma un colpo, un rantolo e altre due esplosioni. Furcieri prima di arrivare sulla sponda orientale del lago di Como era in servizio a Bellano nel Lecchese dove le voci di paese si erano concretizzate in scritte sui muri. “Giù le mani dalle mogli degli altri”. Non si sa se questa vicenda abbia fatto maturare una disistima nei confronti del suo superiore, esacerbandolo verso la furia assassina di Milia. “Sono profondamente scosso e rattristato dalle notizie dei tragici fatti nei quali, presso la Stazione Carabinieri di Asso, è rimasto ucciso il Luogotenente Carica Speciale dei Carabinieri Doriano Furceri e ferito uno dei militari intervenuti”, ha scritto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio al Comandante generale dell’Arma, Teo Luzi. “In questa triste circostanza – ha scritto il Capo dello Stato -, nell’esprimere la mia vicinanza all’Arma, La prego di far giungere i miei sentimenti di partecipe e solidale cordoglio ai familiari del Luogotenente Furceri e gli auguri di pronto ristabilimento al Carabiniere colpito”. Si unisce al dolore la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Alla famiglia, ai suoi cari e all’Arma dei Carabinieri giunga il cordoglio e la vicinanza del Governo”. Il generale Luzi, “a nome di tutti i carabinieri,” si stringe attorno alla famiglia della vittima, garantendo “la massima trasparenza nell’accertamento dei fatti”.
I sediari arrivano a Santa Maria Maggiore e inclinano la bara di Francesco, quasi come un saluto, davanti alla Salus Populi Romani. Ogni volta, prima di partire per un viaggio, il Papa si affidava alla Madonna cara ai romani e così anche il viaggio di oggi in qualche modo finisce con questo affidamento. E’ l’ultima immagine di una giornata commovente che ha visto 400mila persone, 200mila a Piazza San Pietro e dintorni e 150mila lungo il percorso fino a Santa Maria Maggiore, dare l’ultimo saluto al Papa. Ci sono i grandi della terra e gli ultimi, ci sono gli anziani e gli scanzonati ragazzi del Giubileo. C’è suor Ana Rosa Sivori, la cugina arrivata dalla Thailandia, e gli amici di Buenos Aires; e ancora re e regine del mondo.
SERGIO MATTARELLA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Attorno a quella semplice bara di legno, con una croce bianca e lo stemma episcopale, ci sono proprio “todos, todos, todos”, “tutti, tutti, tutti”, come ripeteva Francesco sognando fino all’ultimo giorno una Chiesa con le braccia sempre aperte. Tanta gente poi lo piange perché sa di avere perso una voce instancabile per la pace. Per questo i fedeli applaudono a lungo quando il cardinale Giovanni Battista Re lo ricorda nell’omelia: “Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace” perché la guerra, proprio come ripeteva Bergoglio, “è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. E ai funerali del Papa della pace il mondo assiste ad un faccia a faccia, in basilica, una specie di ultimo miracolo del Papa, tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky; “un incontro produttivo”, fanno sapere i protagonisti.
JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Dopo l’argentino Javier Milei, il posto d’onore è per la delegazione italiana, guidata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, e dalla premier Giorgia Meloni. Ma, tra gli italiani, ci sono anche Mario Draghi, alcuni leader dell’opposizione, i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil a rendere l’ultimo omaggio al Papa argentino. Il funerale dura un paio d’ore: il rito era stato snellito dallo stesso Francesco in previsione dell’arrivo di questo giorno. Ma è stata in ogni caso una celebrazione solenne e commovente, con la processione della bara portata dai sediari, le litanie dei santi, il canto in greco delle Chiese orientali, letture e preghiere lette in tante lingue.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
A rompere il ritmo millenario della liturgia sono solo gli applausi, lunghi e sentiti. Un modo semplice di salutare quel Papa che ha aperto i cuori anche di molti non credenti. Alla fine del funerale il feretro di Francesco viene portato in basilica e poi fuori dalla Porta della Preghiera, quella che ha utilizzato fino a domenica per entrare e uscire dalla basilica, la più vicina a Casa Santa Marta dove ha abitato per dodici anni. La bara è sistemata sulla papamobile perché Francesco oggi si è congedato definitivamente dal Vaticano per essere sepolto fuori, come non accadeva da oltre un secolo (l’ultimo era stato Leone XIII) e comunque poche volte nella storia. Il suo feretro è stato trasportato proprio con una di quelle auto dalla quale ha salutato le folle, bevuto mate, baciato bambini, a Roma ma anche in tante città del mondo visitate nei suoi 47 viaggi apostolici.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
EMMANUEL MACRON PRESIDENTE FRANCIA E LA MOGLIE BRIGITTE
KEIR STARMER PRIMO MINISTRO INGLESE E LA MOGLIE VICTORIA
WILLIAM, PRINCIPE DEL GALLES
JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA E LA SIG.RA LAURA
GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
URSULA VON DER LEYEN PRESIDENTE COMMISSIONE EUROPEA
JOE BIDEN EX PRESIDENTE USA CON LA MOGLIE JILL
FUNERALE PAPA FRANCESCO
Ad attenderlo sulla porta di Santa Maria Maggiore c’è un gruppo di suoi amici, una quarantina di persone, tra senzacasa, migranti, disoccupati, che lo aveva incontrato più volte, aveva ricevuto un aiuto materiale ed una parola di speranza. Ora hanno tutti una rosa bianca in mano per l’ultimo saluto. Da domani Santa Maria Maggiore aprirà a tutti i fedeli per coloro che vorranno dire una preghiera sulla tomba di Francesco. Da lunedì invece riprendono le riunioni pre-conclave per disegnare il futuro della Chiesa e cominciare ad individuare il suo possibile successore.
Ha fatto l’ultimo viaggio alla sua maniera. In una bara di legno povera, senza decorazioni, su di una papamobile ricavata da un pickup di seconda mano. E sulla strada da San Pietro a Santa Maria Maggiore, Papa Francesco ha ritrovato le due facce del mondo che lo circondava: i fedeli che lo vedevano come una guida, e la massa coi telefonini che lo vedeva come una rockstar da postare su Instagram. Il corteo funebre è partito dal Vaticano intorno a mezzogiorno e mezzo. La bara del Papa è stata posta sulla papamobile bianca. Un veicolo realizzato per il viaggio in Messico del 2016, partendo da un pickup Dodge usato, poi regalata al pontefice dal governo messicano.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
Il corteo è uscito dalla porta del Perugino, un ingresso secondario delle mura del Vaticano, ha attraversato il Tevere e ha imboccato corso Vittorio Emanuele. Dietro la papamobile, una trentina di auto di cardinali. Pubblico e fedeli non hanno potuto seguire il corteo, ma sono rimasti sui marciapiedi, dietro le transenne. Lungo tutto il percorso erano 150mila, ha reso noto la sala stampa vaticana. Il corteo è andato avanti abbastanza velocemente, per piazza Venezia, Fori Imperiali, Colosseo, via Labicana e via Merulana, fino a Santa Maria Maggiore. Da San Pietro, non ha impiegato più di mezz’ora, quasi Bergoglio non volesse disturbare troppo la città. La giornata era calda, il sole splendeva. Al passaggio della papamobile, la gente applaudiva, gridava “viva Francesco”, “daje Francesco”.
Tantissimi riprendevano con i telefonini e postavano sui social, qualcuno piangeva. Molti pregavano. Chiacchierando con la gente per strada, saltava fuori che tanti erano lì per rendere omaggio a una papa che amavano, e del quale condividevano il messaggio. Tanti altri erano lì soltanto perché Francesco era famoso: il suo funerale lo vedevano come un evento storico da non perdere. Tiziana, una signora anziana romana, spiegava che “lui ha rappresentato il contatto vero della Chiesa con le persone, non importa se erano credenti o no. Ora dobbiamo portare avanti il suo messaggio di fratellanza e di accoglienza”. Per Sienna, australiana, “vale la pena di essere qui, in questo giorno storico”.
Mentre Janet, danese, spiegava di essere qui col marito “per vivere un momento storico”. Ma aggiungeva “apprezzavamo il suo messaggio, il mondo è troppo per i ricchi”. Per Ida, calabrese trapiantata a Roma, “Papa Francesco è sceso dal piedistallo per stare tra le persone. Ora molto dipende da chi erediterà il suo posto. Io spero che il prossimo faccia come lui, perché se vogliamo la pace, dobbiamo preoccuparci per chi sta peggio di noi”.
Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero.
La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati.
Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.