Collegati con noi

Esteri

Trump tentato dal rinvio dei nuovi dazi sulla Cina

Pubblicato

del

Lo hanno chiamato “Doomsday”, il giorno del giudizio. Qualcuno il giorno dell’Apocalisse. E’ quel 15 dicembre in cui dovrebbero scattare i nuovi dazi Usa contro Pechino, una tassa del 15% sui restanti 165 miliardi di dollari di beni importati dalla Cina: televisori, smartphone, abbigliamento, calzature, giocattoli. Per il gigante asiatico, alle prese con una crisi economica tra le piu’ gravi degli ultimi decenni, sarebbe un colpo durissimo. Ma anche per il portafoglio dei consumatori americani alla vigilia delle festivita’ di fine anno. La scadenza, pero’, potrebbe slittare: lo riporta il Wall Street Journal, spiegando che l’amministrazione Trump sta valutando uno slittamento per evitare di spezzare definitivamente il filo del dialogo e di chiudere il 2019 scatenando una guerra commerciale senza precedenti. Cosi’ le Borse provano a tirare un sospiro di sollievo, anche se a regnare sui mercati e’ piu’ che altro la prudenza, come testimonia anche il timido andamento di Wall Street. Nessuna decisione e’ stata ancora presa, ma sia a Washington che a Pechino si respirerebbe una certa aria di ottimismo, con i due capo negoziatori – il Rappresentante Usa per il commercio Robert Lighthizer e il vicepremier cinese Liu He – pronti ad andare avanti una volta sgombrata la strada dalla nefasta deadline di domenica prossima. Anche grazie al ruolo di facilitatore che – sempre stando al Wsj – starebbe svolgendo negli ultimi tempi il genero del presidente Trump, Jared Kushner, a cui il tycoon avrebbe dato l’incarico di strappare quel compromesso finora fallito.

L’obiettivo e’ di chiudere e arrivare alla firma della cosiddetta “fase 1” dell’accordo, quella annunciata a meta’ ottobre ma ancora non formalizzata. Pechino sarebbe pronta ad acquistare beni agricoli dagli Usa fino a 50 miliardi di dollari l’anno, dalla soia al pollame passando per la carne di maiale. Ma in cambio vuole che Washington azzeri almeno una parte dei dazi gia’ imposti negli ultimi mesi su 360 miliardi di beni made in China. Il governo Trump da parte sua pretende una verifica trimestrale del rispetto degli impegni da parte di Pechino, maggiori garanzie sul fronte della protezione dei diritti di proprieta’ intellettuale e sul furto di tecnologie, infine una maggiore apertura dei mercati cinesi alle aziende Usa. Difficile secondo la maggior parte degli analisti che si arrivi a un’intesa definitiva prima dell’inizio del 2020. E molte le incognite legate sia alla situazione interna di Trump sia al Congresso che ha in cantiere altre norme “anti-Cina” dopo quella pro-Hong Kong e il caso Huawei: vedi la proposta bipartisan di vietare l’acquisto di droni, bus elettrici e vagoni ferroviari da aziende cinesi che operano negli Usa, per motivi di sicurezza nazionale. Intanto ad alimentare un possibile scenario di caos commerciale c’e’ l’offensiva dell’amministrazione Trump contro il Wto, col blocco delle nomine ai vertici dell’organizzazione che finirebbe per paralizzare tutte le controversie in corso e quelle future. E contro gli Usa e’ arrivato il monito di Bruxelles: “Il blocco del funzionamento dell’organo di appello dell’Organizzazione mondiale del commercio e’ un colpo molto grave per il sistema commerciale internazionale basato sulle regole”, e’ l’allarme lanciato dal commissario Ue Phil Hogan, spiegando come “la Commissione europea presentera’ presto proposte per garantire che l’Ue possa continuare a far valere i propri diritti in materia di commercio internazionale”.

Advertisement

Esteri

Trump e Zelensky si parlano, prove di pace a San Pietro

Pubblicato

del

I primi spiragli per la pace in Ucraina, tanto invocati da papa Francesco, potrebbero essersi aperti proprio nel giorno dell’ultimo saluto al pontefice, a San Pietro. Donald Trump e Volodymyr Zelensky, due mesi dopo il burrascoso incontro allo studio ovale, si sono ritrovati faccia a faccia tra le navate della basilica, poco prima dell’inizio dei funerali di Bergoglio: un colloquio di 15 minuti, definito “costruttivo” da entrambe le parti, immortalato da una foto che ha fatto il giro del mondo. In Vaticano il leader ucraino è stato protagonista di un altro scatto simbolico, insieme a Trump, Emmanuel Macron e Keir Starmer, poi ha incontrato anche Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, per provare a ricompattare l’alleanza transatlantica al fianco di Kiev. E qualcosa sembra effettivamente muoversi.

Gli ucraini sul piatto hanno messo una controproposta al piano della Casa Bianca, per ottenere garanzie di sicurezza a guerra finita, ricevendo delle aperture da Washington. Quanto alla Russia, il Cremlino ha annunciato di aver ripreso il completo controllo della regione di Kursk, ed alla luce di questa svolta si è detto pronto a riprendere i colloqui con gli ucraini “senza precondizioni”. I capi di stato e di governo arrivati a Roma per i funerali del Papa, pur nel rispetto della solennità dell’evento, hanno avuto l’occasione per brevi scambi di vedute su alcune delle principali crisi ancora aperte.

Zelensky, dopo aver messo in forse fino all’ultimo la sua presenza, è riuscito a raggiungere la capitale per onorare il pontefice e per ritrovare i partner occidentali, soprattutto Trump. L’immagine è quella di due leader seduti uno di fronte all’altro, vicinissimi, che discutono animatamente con espressione seria. Al termine, entrambe le parti si sono dette comunque soddisfatte. “Molto produttivo”, è stato il commento della Casa Bianca. “Un incontro simbolico che potrebbe diventare storico se si raggiungessero i risultati sui punti discussi”, ha sottolineato Zelensky. Se non altro, c’è stato un riavvicinamento dopo quel drammatico 28 febbraio, quando il presidente ucraino era stato cacciato dalla Casa Bianca.

Rispetto ai nodi sul tavolo il New York Times ha fatto filtrare la posizione ucraina, che punta a mitigare la proposta americana, considerata troppo favorevole a Mosca. Kiev in particolare chiede di non limitare le dimensioni del proprio esercito e che in territorio ucraino venga schierato un contingente di sicurezza europeo sostenuto dagli Usa, per scoraggiare future aggressioni russe. In quest’ottica l’adesione a breve alla Nato non sembra più una priorità: lo stesso Zelensky ha ammesso che in questa fase bisogna essere “pragmatici”.

E la risposta di Washington sulle garanzie di sicurezza sarebbe stata positiva. Sempre secondo fonti giornalistiche, gli Usa si sono offerti di fornire intelligence e supporto logistico ad un contingente europeo di peacekeeper. Andando incontro alle richieste di Londra e Parigi, che di questa missione militare sarebbero capofila nell’ambito della coalizione dei volenterosi.

Riguardo alla Russia, invece, Trump ha inviato segnali contrastanti. Da una parte ha accolto con favore gli esiti dell’ultimo incontro a Mosca tra Steve Witkoff e Vladimir Putin, sostenendo che l’accordo tra le due parti in conflitto sarebbe ad un passo. Poi però ha insinuato che Putin lo stia “prendendo in giro”, tergiversando sulla tregua, ed è tornato a minacciarlo di nuove sanzioni. A complicare le cose c’è anche la questione dei territori. Perché gli americani sarebbero disposti a lasciare tutto alla Russia, dalla Crimea alle altre quattro regioni ucraine occupate.

Mentre Kiev, almeno sulla carta, non è disposta a concessioni. Zelensky, prima di qualunque negoziato, chiede innanzitutto un cessate il fuoco completo. E su questo punto ha ottenuto la sponda degli alleati europei nei colloqui a Roma a margine dei funerali del Papa. “Mosca dimostri concretamente che vuole la pace”, sono state le parole della premier Meloni dopo l’incontro con il leader ucraino.

“Ora tocca al presidente Putin”, le ha fatto eco il presidente francese Macron, riferendo che è stato avviato “un lavoro di convergenza” tra i volenterosi, Kiev e Washington per arrivare ad “una tregua solida”. L’Ue, infine, ha ribadito il “sostegno” all’Ucraina “al tavolo delle trattative”, ha assicurato a Kiev la presidente della Commissione von der Leyen.

Continua a leggere

Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

Pubblicato

del

Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

Continua a leggere

Esteri

Mosca, fermato l’agente di Kiev per uccisione del generale

Pubblicato

del

Il servizio d’intelligence interna russo (Fsb) ha detto di avere fermato un “agente dei servizi speciali ucraini” accusato di avere piazzato la bomba sull’auto fatta saltare in aria ieri vicino a Mosca, che ha ucciso il generale Yaroslav Moskalik (nella foto), membro dello stato maggiore. L’Fsb, citata dall’agenzia Ria Novosti, afferma che l’ordigno è stato fatto saltare in aria a distanza con un segnale inviato “dal territorio ucraino”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto