Collegati con noi

Corona Virus

Tra poche ore multe ai no vax, la Consulta decide sull’obbligo

Pubblicato

del

Una montagna di sanzioni che sfiorano i due miliardi. Scatteranno da domani per chi era tenuto a vaccinarsi contro il Covid e non l’ha fatto. Si tratta di professori, operatori sanitari, forze dell’ordine e over 50 che dovranno pagare multe pari a 100 euro a testa. L’avversione al vaccino è stata più forte in alcune regioni. La maglia nera in termini di multe ai no vax over 50va al Friuli Venezia Giulia, seguito dalla Calabria e dall’Abruzzo. Mentre tra i territori più virtuosi ci sono Puglia, Lazio, Toscana e Molise, con percentuali delle persone che si sono vaccinate almeno con due dosi che superano il 90% nella fascia di età tra i 50 e i 59 anni .

La nuova stretta per chi ha rifiutato l’iniezione arriva proprio mentre la Corte Costituzionale si appresta a decidere sulla legittimità dell’obbligo vaccinale e la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per chi non lo ha rispettato, introdotti dal governo Draghi. E mentre i no vax tornano a far sentire la loro voce con una protesta proprio davanti alla Consulta in nome della libertà di autodeterminazione: si ritrovano in una cinquantina da tutta Italia, con cartelli e tricolori stretti al collo; tra di loro anche un uomo in carrozzina, Andrea, di 44 anni, che racconta di essere finito sulla sedia a rotelle a causa del vaccino. Mentre loro manifestano in una piazza blindata dalle forze dell’ordine, dentro il Palazzo della Consulta va in scena la maxi udienza, con una quarantina di avvocati decisi a fare a pezzi il decreto 44 del 2021 che ha introdotto il vincolo. I loro assistiti, dicono, sono stati “privati della possibilità di lavorare e sopravvivere” e “traditi” dallo Stato che ha imposto un “ricatto: o ti vaccini o sei fuori dalla società” .

Ma così , sostengono, sono stati violati principi fondamentali su cui si fonda la Repubblica, a partire dal diritto al lavoro, ed è stata calpestata la loro dignità sociale, visto che i no vax non sono stati più in condizione di “assicurare il pane ai propri figli”. Il tutto, affermano, senza alcun beneficio per la collettività, visto che il vaccino anti Covid – a loro dire- non solo non ha impedito la diffusione dei contagi, ma ha avuto anche “effetti collaterali gravi” e anche mortali con “29 decessi, solo in Italia, accertati come correlati alla campagna vaccinale”. Alla fine però nel giudizio costituzionale restano solo gli avvocati di chi ha visto in parte riconoscere le proprie ragioni dai cinque uffici giudiziari – i tribunali di Brescia, Catania e Padova, il Tar della Lombardia e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana- che con 11 ordinanze, hanno chiesto la pronuncia della Corte. Casi che hanno al centro una psicologa, sospesa dal servizio nonostante svolgesse la sua attività prevalentemente da remoto, uno studente e altri lavoratori che lamentavano un trattamento peggiore di quello riservato a chi è sospeso per ragioni disciplinari.

Confermare la legittimità dell’obbligo vaccinale per il Covid, una misura disposta “nel pieno rispetto degli insegnamenti della Corte costituzionale” è invece la richiesta dei rappresentanti dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui il legislatore ha rispettato tutte le condizioni poste dalla Consulta con le sue sentenze sui trattamenti sanitari obbligatori: lo ha fatto dicendo sì all’obbligo del vaccino se migliora la salute dell’individuo e della collettività, se le conseguenze sono tollerabili e se, in caso di danni ulteriori e non prevedibili, è previsto un equo indennizzo. Alla fine dell’udienza pubblica i giudici sono entrati in camera di consiglio, ma probabilmente la decisione non arriverà prima di domani.

Advertisement

Corona Virus

Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

Pubblicato

del

Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

Pubblicato

del

Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

Pubblicato

del

In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto