Sergio De Caprio è una persona vera. È un carabiniere. Un ufficiale dei carabinieri. È un italiano. È quello che assieme ad un gruppo di altri carabinieri la mattina del 15 gennaio 1993, alle ore 08.55, dopo mesi di pedinamenti e appostamenti, (con Baldassarre Di Maggio, un pentito di mafia che conosceva personalmente Riina, in un furgone) riconoscono Salvatore Riina mentre esce in macchina da via Bernini a Palerno, accompagnato dall’autista poi identificato in Salvatore Biondino. Viene avviato il pedinamento del veicolo: alle 09.00 il capitano De Caprio con alcuni dei carabinieri suoi sottoposti, blocca l’auto segnalata su via Regione Siciliana – all’altezza del Motel Agip – e arresta il capo di “cosa nostra”. Il regista di una stagione di stragi. Da allora questo capitano dei carabinieri, all’epoca era un capitano, oggi è un colonnello, è diventato un fantasma.
Capitano Ultimo. Quello sempre incappucciato è Sergio De Caprio
Per aver eseguito quell’arresto si è dovuto nascondere. La mafia gliel’ha giurata. E “la mafia ha la memoria di un elefante” diceva Giovanni Falcone. Pochi conoscono i suoi lineamenti. Ha sempre un mephisto in testa o una sciarpa o un qualcosa che gli copre il volto. Per non dare vantaggi ai killer mafiosi che vogliono ucciderlo. Ma che cosa succede? Succede che in Italia a Sergio De Caprio, il 3 settembre di quest’anno, il prefetto di Palermo gli ha revocato la scorta. Quello che leggete è il documento di revoca della scorta.
Che cosa è successo dalla revoca della scorta in poi? Quali rischi ha corso De Caprio, l’uomo che ha arrestato Riina? Ieri sera un’autovettura è stata incendiata davanti alla falconeria del colonnello Sergio De Caprio ( il Capitano Ultimo che catturò Totò Riina) alla periferia di Roma. L’automobile, un’Audi, è risultata rubata. A spegnere le fiamme sono stati i vigili del fuoco, fatti intervenire dagli ospiti della adiacente casa famiglia gestita, come la falconeria, dall’associazione volontari Capitano Ultimo. Sull’episodio indagano i carabinieri. I fatti si sono verificati intorno alla mezzanotte, in via della Tenuta della Mistica, alla periferia orientale della Capitale. L’auto rubata è stata incendiata proprio di fronte al cancello di ingresso della falconeria, che attualmente conta una decina di rapaci, e a ridosso della casa famiglia fondata dal capitano Ultimo, dove attualmente si trovano nove minorenni le cui famiglie sono in condizioni di marginalità o in detenzione e il personale che li assiste. Al Capitano Ultimo, che dopo l’arresto di Riina ha ricevuto ripetute minacce da parte di Cosa Nostra, in particolare da Leoluca Bagarella, il 3 settembre scorso è stata revocata la scorta per “mancanza di segnali di concreto pericolo”. De Caprio, dopo un passato nell Ros, nel Noe e nei Servizi è oggi impiegato presso il Comando carabinieri forestali, nel Reparto biodiversità e parchi. L’auto incendiata è un avvertimento, abbiamo chiesto a Capitano Ultimo? “Questo sicuramente lo valuteranno il prefetto di Roma Paola Basilone e gli esperti dell’Ucis (l’ufficio interforze che assegna le scorte alle personalità a rischio – ndr) che sanno leggere molto bene i segnali concreti di pericolo. Noi, invece, leggiamo chiaramente in quello che è successo un segnale di assenza di sicurezza per i cittadini” dice il Capitano Ultimo.
“Comprendere le specificità di ogni singolo territorio e di ogni stagione, evitando di riproporre schemi e visioni che mal si attaglierebbero a una realtà come quella napoletana” ed, evitando di fare “tabula rasa del passato”, “comprendere e governare la complessità, estirpando attraverso un lavoro certosino e chirurgico le sacche di malaffare e delinquenza che ancora impediscono ai cittadini l’esercizio di tutti i loro diritti costituzionalmente garantiti”. E’ quanto la Camera Penale di Napoli chiede al neo procuratore Nicola Gratteri attraverso una nota nella quale viene anche ricordato “l’ottimo lavoro svolto negli ultimi anni dai suoi predecessori: il procuratore Giovanni Melillo e la facente funzioni di procuratore Rosa Volpe”.
“Non ci sfugge ovviamente – scrive la Camera Penale in una nota – e sarebbe ipocrita da parte nostra non farne cenno, che la storia e soprattutto talune dichiarazioni pubbliche del neo-procuratore destano qualche perplessità, poiché in taluni casi agli antipodi con quell’idea di diritto penale liberale e democratico di cui i penalisti (e soprattutto le camere penali) sono da sempre strenui sostenitori”. La Giunta della Camera Penale di Napoli, nella nota, ricorda, anche, “il rapporto sovente turbolento che il neo-procuratore ha avuto con gli avvocati calabresi” i quali “in più di un’occasione, sono stati costretti a dar vita a condivisibili iniziative di protesta e di denunzia finalizzate a portare a conoscenza dell’opinione pubblica alcune innegabili torsioni avvenute, specie nei processi di criminalità organizzata, nei vari Tribunali della Calabria”.
“Vogliamo essere onesti fino in fondo, – dicono i penalisti napoletani – avremmo preferito un profilo diverso alla guida della Procura napoletana” ma “al di là dei nostri desiderata, – spiegano i penalisti – crediamo che, pur nella profonda differenza di vedute e di orientamenti culturali che certamente permarranno e con i diversi ruoli e responsabilità di cui ciascuno è portatore, il dott. Gratteri possa, abbandonando auspicabilmente alcune posture del recente passato non del tutto in linea con il ruolo di ‘capo’ della prima Procura italiana, svolgere egregiamente il suo difficile compito nell’interesse di tutti i cittadini. Noi penalisti – come sempre – vigileremo e ci impegneremo fattivamente perché ciò accada”, concludono i penalisti.
Un bus è precipitato dal cavalcavia Vempa a Mestre in provincia di Venezia. Ci sono molte vittime, morti e feriti, secondo i primi soccorritori arrivati sul posto. Il sindaco di Venezia Brugnaro ha parlato di “almeno 20 morti”, oltre ai feriti, molti dei quali gravi. Tra le vittime anche dei bambini. Brugnaro ha anche parlato di “immane tragedia” per la comunità e disposto il lutto cittadino. E’ stata interrotta, sempre dalle prime informazioni, anche la linea ferroviaria. Il bus sarebbe dell’azienda di trasporti Actv e si è incendiato dopo l’impatto. Sono stati mobilitati tutti gli ospedali della zona.
Nascondevano la marijuana nel camino, 15 chili da una parte e 9 dall’altra. La Polizia di Stato di Caserta ha arrestato tre persone per il reato di detenzione ai fini di spaccio di circa 24 chili marijuana.
Un’operazione congiunta tra Squadra Mobile della Questura di Caserta e Commissariato di P.S. di Santa Maria Capua Vetere, finalizzata al contrasto dello spaccio di stupefacenti, ha permesso di effettuare perquisizioni in un’azienda del Comune di San Tammaro, al cui interno vi era il sospetto vi fosse conservata una grossa quantità di sostanza stupefacente.
In particolare, durante le ricerche, all’interno di un camino di un locale adibito a cucina, gli investigatori hanno trovato nascoste 15 grandi buste con all’interno marijuana, del peso di 15 chili. L’attività di ricerca ha inoltre consentito di trovare, in un capannone adiacente, 5 ventilatori, utilizzati per disperdere il forte odore prodotto dalla sostanza stupefacente durante l’essiccazione.
Il gestore dell’azienda agricola, un quarantenne della provincia di Caserta con precedenti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è stato arrestato per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza psicotropa ed è stato associato alla Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
Ulteriori perquisizioni sono state effettuate presso l’abitazione di due coniugi di nazionalità albanese di 35 e 29 anni, residenti in San Tammaro, ove sono stati ritrovati circa 9 chili di marjuana nascosti nel camino dell’abitazione. I coniugi sono stati arrestati per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e l’uomo è stato associato alla Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, mentre la donna agli arresti domiciliari.