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Politica

Timori Pd su agenda e Colle, ora nodo giustizia

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“Comunque vada, il governo e’ al riparo”. E’ il messaggio che in queste ore piu’ di un ministro M5s ‘trasmette’ ai colleghi del Pd e fa pervenire a Palazzo Chigi. Luigi Di Maio, con Roberto Fico, media per evitare una scissione che rischierebbe di far fibrillare la maggioranza. Ma anche nella peggiore delle ipotesi – sostengono fonti pentastellate – ne’ Beppe Grillo, che ha sostenuto Mario Draghi dall’inizio, ne’ Giuseppe Conte arriverebbero a mettere a repentaglio la stabilita’ dell’esecutivo. “Non possono far diventare il governo il terreno della loro sfida interna”, si dice persuaso un ministro Dem. Ma da qui ad assistere tranquilli alla contesa nel Movimento ce ne passa. I Dem sono preoccupati, eccome, dal rischio che la golden share del governo finisca nelle mani dell’amico di Orban, Matteo Salvini, soprattutto se conquistasse altri transfughi M5s. E fa tremare i polsi a tutto il centrosinistra l’ingarbugliarsi della partita, tra soli sei mesi, per il Quirinale. Ma non solo: la faida M5s complica il percorso di dossier gia’ delicati come la riforma della giustizia, la legge Zan e anche la nomina del nuovo cda della Rai. “La priorita’ e’ il Pd e la sua capacita’ di dare risposte al Paese su lavoro e ripresa”, risponde Enrico Letta a chi gli chiede reazioni alle convulsioni pentastellate. Il segretario Dem si mostra determinato a rafforzare il profilo del partito e a costruire un campo largo di centrosinistra, aperto al civismo. Da Base riformista, l’area di minoranza che fa capo a Guerini e Lotti, viene ribadito scetticismo sul voler “subordinare alle alleanze il profilo Pd”: “Cogliamo i punti qualificanti dell’agenda Draghi come i nostri”, e’ l’invito. Ma dalla maggioranza Dem affermano che sarebbe paradossale rispolverare una vocazione maggioritaria declinata magari come “splendido isolamento”. Al Nazareno c’e’ intanto “attenzione massima ma non allarme rosso” per la quasi rottura tra Grillo e Conte, verso la quale si dichiara “rispetto e non ingerenza”: non sono in discussione, sostengono, ne’ la prospettiva di centrosinistra ne’ il governo e neppure la solidita’ delle alleanze alle amministrative (ma tra i deputati Dem anche sulle comunali trapelano timori), ma l’impatto che una scissione M5s puo’ avere sul sistema e sull’elezione del capo dello Stato, rischiando di “avvantaggiare la peggiore destra di sempre, quella bifronte, nazionalista e populista di Meloni e Salvini”. La partita vera si aprira’ a fine anno, anche se Salvini torna a fare il nome di Draghi per il Quirinale. Ma non poter piu’ contare su un fronte compatto con le truppe M5s sarebbe un problema serio, tanto che riemerge tra i parlamentari l’auspicio che si possa chiedere a Sergio Mattarella un “bis” finora negato. Nell’immediato, comunque, il fronte piu’ problematico e’ la gestione dei dossier di governo, anche per la difficolta’ a ‘contenere’ una Lega che mira ad aumentare le sue fila parlamentari, nella scissione M5s. Con Salvini, sostiene il Dem Enrico Borghi, bisognera’ parlare, a partire dal dossier sempre spinoso della legge elettorale. Ma il primo campo di prova e’ la giustizia. Draghi intende portare in Consiglio dei ministri gli emendamenti di Marta Cartabia sulla riforma del processo penale. L’idea e’ convocare il Cdm la prossima settimana o quella successiva. Ma prima bisogna trovare un’intesa politica che ancora non c’e’. Uno dei nodi principali (non l’unico) e’ la prescrizione, di cui il M5s ha fatto un baluardo. Ma una mediazione nel solco della riforma Bonafede, che andrebbe bene ai Dem, piace molto poco al centrodestra. E nel M5s si confrontano due linee, una piu’ dura, e una piu’ ‘governista’, di chi pensa che “ci prenderebbero per matti a far cadere Draghi sulla giustizia”. Ad alzare la temperatura ci si mette Matteo Salvini, che ai banchetti per la raccolta firme sui suoi referendum racconta di aver scritto a Draghi per rassicurarlo: non e’ un’operazione ostile (“Lo ringrazio per gli auguri”, dichiara a testimoniare sintonia). Ma la riforma arrivera’ in Cdm, piaccia o meno: Cartabia e Draghi proporranno una sintesi che la pace interna al M5s sia siglata o meno. Perche’, fanno notare dall’esecutivo, “se ci fermiamo sulla ‘road map’ delle riforme non facciamo piu’ nulla”. E alla fine il M5s, scommettono fonti governative pentastellate, non fara’ strappi. Il 7 luglio alla Camera e al Senato e’ previsto anche il voto dei membri del cda Rai (come possibile Ad continua a farsi il nome di Laura Cioli). E anche qui son guai, sia perche’ nel M5s non sembra esserci accordo sul nome dell’avvocato Alessandro Di Majo, sia perche’ Fdi (vorrebbe la conferma di Giampaolo Rossi) sia Fi (con Simona Agnes) si contendono un posto (la Lega dovrebbe confermare Igor De Biasio, per il Pd sarebbe in pole Francesca Bria). Pochi giorni ancora per mettere ordine nel caos.

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Napoli

De Luca: Manfredi smentisca consulenze a docenti Federico II

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Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, chiede al commissario di Bagnoli, vale a dire il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, di smentire quanto “sostengono gli esponenti di Fratelli d’Italia di Napoli in merito alle consulenze a docenti della Federico II”. “Io suggerirei al commissario di smentire queste illazioni oppure di fornire l’elenco delle consulenze date a docenti della Federico II per stroncare e bloccare eventuali speculazioni”, ha sottolineato De Luca.

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Ancora un Commissario: per il granchio blu e per la peste suina

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Parola mantenuta sul decreto di sostegno all’agricoltura preannunciato, a metà marzo a Roma, dal ministro Francesco Lollobrigida alla Conferenza organizzativa della Cia-Agricoltori Italiani, e frutto della collaborazione di più ministeri, – a partire da Difesa, Ambiente, Salute, Turismo – , nonché di ulteriori confronti con tutte le organizzazioni di rappresentanza del settore primario. Oggi ha preso forma in dodici articoli e verrà presentato la prossima settimana in Consiglio dei ministri. Al traguardo di un working in progress reso noto in più occasioni dallo stesso ministro Lollobrigida, ma senza fornire i dettagli sulle misure di aiuto “per rispetto – ha detto – del Cdm dove verrà discusso”. L’obiettivo dichiarato, durante la 75/ma assemblea di Fruitimprese, è quello di affrontare non solo le situazioni critiche ma anche per mettere in campo una strategia volta a migliorare i controlli del settore e altre questioni che riguardano “un mondo che deve essere protetto, salvaguardato e promosso”, ha sottolineato Lollobrigida.

Stando all’ultima bozza del provvedimento, il dl Agricoltura di prossimo varo prevede aiuti alle imprese danneggiate dalla guerra in Ucraina ma anche dal proliferare del granchio blu per cui arriva un commissario straordinario nazionale in carica fino al 2026, o per i produttori colpiti dalla “moria dei kiwi”, oltre a nuovi interventi per arginare la peste suina e il rafforzamento del contrasto alle pratiche sleali. E per limitare l’uso del suolo agricolo si dispone che “le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”. La società “Sistema informatico nazionale per lo sviluppo dell’Agricoltura – Sin Spa” viene incorporata nell’Agenzia per le erogazione in Agricoltura, Agea.

Inoltre per far fronte alla complessa situazione epidemiologica derivante dalla diffusione delle Peste suina africana (Psa) i piani di contrasto al proliferare dei cinghiali lungo l’intera Penisola verranno attuati anche mediante il personale delle Forze armate, previa frequenza di specifici corsi di formazione e mediante l’utilizzo di idoneo equipaggiamento. Sarà coinvolto un contingente di massimo 177 unità, e per un periodo non superiore a 12 mesi, con spese a carico, viene precisato nel testo, del Commissario straordinario preposto al contrasto Psa.

Il decreto guarda anche al settore pesca e dell’acquacoltura per contenere gli effetti della crisi economica conseguente alla diffusione del granchio blu. Le imprese della comparto che nel 2023 hanno subito una riduzione del volume d’affari, pari almeno al 20 per cento rispetto all’anno precedente, previa autocertificazione potranno avvalersi della sospensione per 12 mesi delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale, cambiali agrarie comprese. “In questo provvedimento – ha sottolineato Lollobrigida uscendo da Palazzo Chigi – ci saranno alcune delle cose che avevamo garantito. Sul granchio blu abbiamo fatto molto, e bisogna fare ancora di più: bisogna avere una strategia di carattere italiano ed europeo non solo per arginare i danni che vengono provocati ma anche per trovare una soluzione definitiva”.

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Politica

Pichetto: norme per il nucleare entro la legislatura

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Entro questa legislatura, il governo Meloni vuole varare tutta la normativa necessaria per reintrodurre il nucleare in Italia. Questo perché i primi reattori a fissione di 4/a generazione, quelli su cui punta l’esecutivo, dovrebbero andare in produzione alla fine del decennio. E per quella data, il governo vuole avere pronto il quadro giuridico per installarli e farli funzionare. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha annunciato i suoi obiettivi in una intervista a Radio 24. Alla domanda del giornalista se entro la legislatura potrà essere cambiato il quadro legislativo sul nucleare, Pichetto ha risposto “sì. Io ce la metto tutta. Questo è il mandato del governo e del Parlamento”.

Il ministro ha spiegato più volte che non vuole tornare alle grandi centrali, come in Francia, ma puntare sugli “small modular reactors”, il nucleare di 4/a generazione: in pratica, motori di sommergibili chiusi dentro cilindri di metallo, economici e facili da costruire e da gestire. Quattro moduli da 100 megawatt, installati insieme, forniscono l’elettricità di una centrale a gas. Secondo Pichetto, potrebbero essere direttamente i consorzi industriali a farsi la “loro” centrale. Ma i tempi per avere i piccoli reattori modulari, ha spiegato oggi il ministro, “sono 2, 3, 4 anni, il prodotto non c’è ancora.

Si parla di avere le condizioni di produzione di questi piccoli reattori alla fine di questo decennio. Vuol dire che in questa legislatura dobbiamo avere tutto a posto” dal punto di vista giuridico. Pichetto il 27 aprile ha incaricato il giurista Giovanni Guzzetta di di costituire un gruppo di lavoro per ridisegnare tutta la normativa sul nucleare in Italia, in vista del ritorno delle centrali atomiche nel nostro paese. La questione non è secondaria.

Dopo l’abbandono del nucleare nel 1987, nel nostro Paese non c’è più una disciplina sulle autorizzazioni degli impianti e sul loro funzionamento. E non ci sono neppure le fondamentali normative sulla sicurezza. Senza leggi e regolamenti, non si possono riaprire le centrali. Il ceo di Newcleo, la principale società italiana per il nucleare, Stefano Buono, giorni fa fa ha dichiarato che “se il quadro normativo verrà stabilito rapidamente, potremmo prevedere di dispiegare i primi Small Modular Reactors in Italia entro il 2033”. Ma il rinnovo delle regole non è l’unico problema.

Gli italiani hanno detto no al nucleare due volte, con i referendum del 1987 e del 2011. Il governo sostiene che questi no non sono più validi, perché si riferiscono alle grandi centrali di 3/a generazione, e non agli small modular reactors. Ma l’opposizione all’atomo resta forte nel Paese: l’opposizione di sinistra è contraria, e così gli ambientalisti, convinti che il nucleare sia inutile e costoso, e che occorra invece puntare sulle rinnovabili. In caso di ritorno all’atomo, un nuovo referendum è un’ipotesi tutt’altro che improbabile, e dall’esito incerto. E poi c’è la questione del deposito nazionale delle scorie nucleari, mai realizzato da decenni, per le fortissime opposizioni popolari. Pichetto ha detto che punta a individuare il sito entro la legislatura, fra le 51 ipotesi individuate dalla Sogin (la società pubblica per lo smantellamento delle centrali), in Piemonte, Lazio, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna.

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