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Politica

Testamento Berlusconi ancora chiuso, verso vendita Monza

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A venti giorni dalla morte di Silvio Berlusconi il suo testamento ancora non è stato aperto, con tutti gli equilibri che potrà sugellare in Fininvest e, a cascata, nella due controllate maggiori Mfe-Mediaset e Mondadori, ma anche nella partecipata al 30% Banca Mediolanum. La successione comprenderà ovviamente anche molta liquidità, beni mobili e immobili, sui quali sono in svolgimento diverse perizie. Con alcune decisioni che però sarebbero già state prese dagli eredi, tra le quali la futura vendita della società calcistica del Monza.

L’attesa del mercato per l’apertura delle ultime volontà del fondatore del Biscione si concentra sulla prossima settimana, specie sulla seconda metà. Il countdown per una vicenda, che ovviamente non è solo privata, è iniziato con alcune tappe obbligate. La prima era lo svolgimento dell’assemblea e la nomina con scadenza annuale del Cda di Fininvest, un momento caratterizzato dalla conferma piena del board e qualche annotazione a margine. La maggiore è stata la presenza fisica durante questi passaggi del presidente di Mfe-Mediaset Fedele Confalonieri, che nella holiding di famiglia non detiene alcuna carica. Un consigliere importante per i ‘ragazzi’, come Berlusconi chiamava i figli. Così come Gianni Letta viene stabilmente avvisato nella villa di Arcore, a disegnare il futuro anche ‘politico’ del gruppo.

In ogni modo gli analisti finanziari sanno che il fondatore del Biscione ha preso decisioni sicure, al di là della quota ‘legittima’ del 20% di Fininvest che potrebbe venir assegnata in modi diversi agli eredi. Maggiori incertezze sui beni non finanziari. Tra i molti legali che assistono i figli qualche timore di sorprese su questo piano c’è, a partire dall’ipotesi che nei ricoveri al San Raffaele Berlusconi possa aver apportato qualche modifica al suo testamento. Che comunque è custodito dallo storico notaio Arrigo Roveda, i cui studi nelle ore successive all’assemblea di Fininvest hanno svolto la consueta attività. Le molte ricostruzioni hanno indicato prima in lunedì scorso e poi nel prossimo le date più attendibili per la lettura delle ultime volontà, ma al momento l’attenzione è sulla fine della prossima settimana. Martedì sera infatti Mfe-Mediaset presenterà i suoi palinsesti annuali, un momento cruciale per il gruppo.

E’ sulla base dei programmi che si raccoglie la pubblicità televisiva che, al di là di altre questioni, è lo strumento che fa ampiamente girare più ‘cassa’ per il Biscione: l’anno scorso Mfe-Mediaset ha registrato un cash flow in calo ma pur sempre positivo per oltre 360 milioni. E’ chiaro che quindi non si vorrebbe sovrapporre anche dal punto di vista mediatico le due cose, anche perché alcune decisioni appaiono già indirizzate. La prima riguarda la società calcistica del Monza, per il quale si sono svolti colloqui per la possibile cessione con Vaghelis Marinakis, l’imprenditore greco vicino al premier conservatore ellenico Mitsotakis e proprietario della squadra ateniese dell’Olympiacos. Colloqui ai quali sono seguiti successivi approcci da parte dei molti fondi d’investimento statunitensi interessati al calcio italiano. Nel concreto tutto sarà ovviamente realizzato dopo l’apertura del testamento del fondatore, ma va nel senso di un addio definitivo al calcio da parte di Fininvest anche la forte indicazione su Adriano Galliani, oggi numero uno della società brianzola e componente del Cda della holding di famiglia, a candidato del centrodestra per il seggio di Monza al Senato, vacante dopo la scomparsa di Berlusconi. Le elezioni suppletive si terranno in ottobre, quindi bisognerà attendere, ma le scelte in zona stadio Brianteo appaiono già prese.

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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