Lunedì 28 giugno al Campania Teatro Festival diretto per il quinto anno consecutivo da Ruggero Cappuccio e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Alessandro Barbano, ospite della sezione SportOpera è Federico Buffa con Due pugni guantati di nero.Alle 21, presso la Manifattura della Porcellana del Museo e Real Bosco di Capodimonte, si accompagnerà alle note al pianoforte di Alessandro Nidi per raccontare, con lo stile avvolgente ed evocativo che lo contraddistingue, una delle immagini più famose del Novecento, quella in cui gli atleti afroamericani Tommie Smith e John Carlos si trovano sul primo e sul terzo gradino del podio dei 200 metri alle Olimpiadi a Città del Messico, il 16 ottobre 1968. Pugni alzati, guanti neri simbolo del black power, piedi scalzi in segno di povertà e la testa bassa. Al centro, Peter Norman, un australiano che per solidarietà con i due atleti indossa la coccarda dell’Olympic Project for Human Rights. Appena giù dal podio la carriera dei due atleti afroamericani sarà finita, e la loro vita un inferno: non erano due neri e un bianco a chiedere rispetto e giustizia su quel podio, erano tre esseri umani.
Alle 21 nel Giardino Paesaggistico Pastorale (Porta Miano), in scena ‘Peppe Diana. Il coraggio di avere paura’, uno spettacolo di Gaetano Liguori, anche regista, e Ciro Villano, adattato da Giovanna Pignieri (in replica martedì 29). Don Peppino Diana, impegnato nella lotta contro la malavita organizzata, fu ucciso dalla camorra a soli 36 anni.Il giorno di San Giuseppe, il 19 marzo 1994, dopo aver detto messa nella chiesa di San Nicola a Casal di Principe, si recava ad Aversa all’Itis A. Volta dove insegna. Per il pomeriggio i suoi amici gli prepararono una piccola festa per il suo onomastico, ma quella festa non fu mai celebrata. I killer della camorra spezzarono quel giorno la sua vita con quattro colpi di pistola in pieno viso. Peppino, tre giorni prima della sua morte, era stato interrogato in procura sui rapporti d’affari tra politica e camorra. Solo qualche mese prima, aveva organizzato una fiaccolata anticamorra coinvolgendo poche persone e aveva firmato un documento di denuncia contro la malavita organizzata, oltre a svolgere moltissime altre attività nel sociale. Un prete molto scomodo quindi, per chi fa del malaffare una regola di vita.
In scena Ciro Liucci, con la partecipazione di Ciro Esposito, e Mario Lucarelli, Giancarlo De Simone, Rosaria Russo, Giuseppe Brunetti, accompagnati sul palco dagli attori dell’Accademia di Formazione del Teatro Totò, da sempre impegnata nel completare, affrontando tematiche sociali, il percorso artistico, ma anche umano, dei giovani. Scene di Massimiliano Pinto, luci di Vincenzo Mascolo, musiche di Massimo D’Ambra.Al via ‘7 Gradi’, una settimana di concerti a cura di Massimiliano Sacchi, prodotta dalla Casa del Contemporaneo. Nel Cisternone (Porta Miano) del Museo e Real Bosco di Capodimonte alle 19, fino a domenica 4 luglio, una geografia di percorsi musicali, dal tropicalismo al nojazz, dal pop al tango alla canzone d’autore.
Si parte con ‘The Funkin’ Machine’ con Andres Balbucea (voce e tastiere), Vincenzo Lamagna (basso), Paolo Batà Bianconcini (percussioni), Alessio Pignorio (chitarra elettrica), Roberto Porzio (keyboards), Andrea De Fazio (batteria): “Funk della Golden age con improvvise aperture disco/nu-disco – scrive la band, che al Campania Teatro Festival presenta il suo album di esordio, ‘Allerta meteo’ (Periodica Records) – Un live set pieno di suggestioni, tra squarci di psichedelia e strizzate d’occhio alla club culture”.Nel Giardino Paesaggistico di Capodimonte (Porta Miano) alle 22.30, debutta ‘Carmine Verricello – Una storia vera’, scritto e diretto da Alberto Mele e Marco Montecatino, con Renato Bisogni, Cecilia Lupoli, Marco Montecatino. A Camposano a Valle, un paesino a ridosso di Napoli, è la settimana di Pasqua. Carmine, 29 anni, e Aniello Verricello, 35, sono due fratelli la cui vita semplice viene minata dall’arrivo di Oxana, una Real Doll ucraina con cui Carmine si fidanza. La nuova fiamma porterà scompiglio, obbligando Aniello a chiedere aiuto al Centro di Salute Mentale per il fratello, ma l’incontro con la stramba e avvenente dottoressa Alice Capri, 25 anni, stravolgerà la vita di Carmine una volta per tutte. Musiche originali di Gino Giovannelli, scene di Florian Mayer, disegno luci di Tommaso Vitiello.
Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini si racconta per la prima volta nel libro ‘Un’altra storia’ con l’intento di parlare soprattutto ai giovani. “Uno dei motivi che mi ha spinto a raccontare la mia esperienza di vita e di lotta, è che vedo tra le giovani generazioni una straordinaria domanda di libertà. Una domanda di libertà e di realizzazione che non può essere delegata ad altri o rinviata a un futuro lontano, ma che si costruisce giorno per giorno a partire dalla lotta per cambiare le condizioni di lavoro e superare la precarietà. Se riuscirò ad accendere nei giovani la speranza e la voglia di lottare per la loro libertà nel lavoro e per un futuro migliore, potrò dire di aver raggiunto uno degli obiettivi che mi ero prefisso. Questo libro, con umiltà, vuole parlare soprattutto a loro” dice Landini.
In libreria proprio a ridosso dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, ‘Un’altra storia’ è una narrazione intima tra ricordi, aneddoti e svolte professionali ed esistenziali, che si intreccia alla storia degli ultimi quarant’anni di questo paese, con un focus su alcune grandi ferite sociali di ieri e di oggi che ancora sanguinano e che devono essere rimarginate. Dagli anni Settanta ai giorni nostri, dall’infanzia e l’adolescenza a San Polo d’Enza, fino alle esperienze sindacali degli inizi a Reggio Emilia e Bologna, al salto nazionale in Fiom prima e in Cgil poi, nel libro di Landini non mancano le analisi sulle grandi questioni legate al mondo del lavoro e a quello delle grandi vertenze, tra cui Stellantis, il rapporto con i governi Berlusconi, Prodi, Renzi, Conte, Draghi e Meloni, nella declinazione dell’idea-manifesto del “sindacato di strada”, in cui democrazia e autonomia sono il grande orizzonte.
Questa narrazione personale e intima, ricca di spunti e riflessioni, si tiene insieme a quelle che sono le battaglie storiche del segretario e della sua azione “politica”: la dignità del lavoro, affermata nel dopoguerra e nella seconda metà del Novecento e “negata nell’ultimo ventennio a colpi di leggi sbagliate, che le iniziative referendarie propongono, infatti, di correggere e riformare profondamente” sottolinea la nota di presentazione. ‘Un’altra storia’ è un libro che ci parla di diritti da difendere, battaglie ancora da fare e del futuro.
Eletto segretario generale della Cgil nel 2019, Landini ha cominciato a lavorare come apprendista saldatore in un’azienda artigiana e poi in un’azienda cooperativa attiva nel settore metalmeccanico, prima di diventare funzionario e poi segretario generale della Fiom di Reggio Emilia. Successivamente, è stato segretario generale della Fiom dell’Emilia-Romagna e, quindi, di quella di Bologna. All’inizio del 2005 è entrato a far parte dell’apparato politico della Fiom nazionale. Il 30 marzo dello stesso anno, è stato eletto nella segreteria nazionale del sindacato dei metalmeccanici Cgil. Il primo giugno del 2010 è diventato segretario generale della Fiom-Cgil. Nel luglio del 2017 ha lasciato la segreteria generale della Fiom per entrare a far parte della segreteria nazionale della Cgil.
MAURIZIO LANDINI, UN’ALTRA STORIA (PIEMME, PP 224, EURO 18.90)
Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.
Una norma rigida che non tutela sempre i figli
L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.
Il caso sollevato dal Tribunale di Siena
A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.
Il principio: al centro l’interesse del minore
La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.
La continuità con la giurisprudenza
La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.
Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.
«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».
Una vita tra letteratura e impegno
Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.
Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.
I capolavori che hanno segnato la sua carriera
Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.
Un addio in forma privata
Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.